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Ets, trovato l’accordo sulla riforma: l’Ue ridurrà del 62% i gas serra entro il 2030

Articolo. Nonostante le difficoltà, una larga fetta delle misure per il clima contenute nel pacchetto “Fit for 55” e la decarbonizzazione del continente entro il 2050, ha trovato un punto di sintesi.

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Praga porta a casa l’accordo sulla riforma Ets

Devono avere tirato un bel sospiro di sollievo nella Repubblica Ceca, alla chiusura del semestre di presidenza del Consiglio dei ministri d’Europa. Un semestre che Praga ha gestito in uno dei periodi più difficili dell’Unione, con la guerra appena al di là del confine, lo spettro di un inverno al freddo e 27 capi di governo da metter d’accordo in un susseguirsi di incontri al vertice, spesso chiusi con un nulla di fatto. Per non parlare dello scandalo Qatargate e delle ombre sull’operato dei politici a Bruxelles.

Pur in un clima incerto e nervoso, una larga fetta delle misure per il clima contenute nel pacchetto “Fit for 55” per il “Patto verde” e la decarbonizzzione del continente entro il 2050 hanno trovato un punto di sintesi.

Il 15 dicembre Commissione, Consiglio d’Europa e Parlamento hanno ribadito in una dichiarazione congiunta la volontà di realizzare il Green Deal. Tra il 18 e il 19 dicembre, i triloghi - cioè gli incontri informali tra i tre co-legislatori - trovavano finalmente l’accordo sulla riforma dello strumento principe del pacchetto: l’European trading System (Ets), il più grande mercato della CO2 del mondo.

L’Ets in poche parole

Avviato nel 2005 e rivisto varie volte - l’ultima, nel 2018 - il sistema impone un prezzo al carbonio emesso da oltre 12.000 imprese: 8.757 impianti industriali energivori e 371 compagnie aeree operanti in Europa, nello Spazio economico europeo (See) e Svizzera, responsabili del 36% della CO2 immessa nell’atmosfera ogni giorno.

Il sistema obbliga le imprese ad acquistare “permessi” (allowance) per ogni tonnellata di CO2 emessa.

Ogni anno viene deciso un tetto massimo di permessi, in costante annuale (leggera) diminuzione, e ogni anno le aziende devono acquistare permessi in base alla CO2 emessa (1tonnellata di CO2=1 permesso). Le aziende che emettono più del previsto devono acquistare le quote necessarie sul mercato: in questo modo si realizza il principio su cui si basa Ets - “chi inquina paga” - e si dovrebbe incentivare l’industria a investire sulla modernizzazione e la decarbonizzazione degli impianti.

Il permesso di emissione, una commodity per il mercato finanziario

Secondo l’Economist (ripreso da Start Magazine, leggi qui), dal 2019, dopo anni di quotazioni vicine allo zero dovute al grande numero di permessi in circolazione, l’Unione europea ha iniziato una politica di tagli in vista dell’abbattimento del 55% delle emissioni in atmosfera entro il 2030.

Il prezzo del carbonio ha incominciato a salire ed è diventato appetibile per gli investitori finanziari per i quali le quote rappresentano uno strumento finanziario (commodity) come un altro. L’aumento delle materie prime e la ripresa post pandemia hanno fatto schizzare in alto le quotazioni del carbonio: nel 2022 il prezzo dei permessi oscillava tra i 58 e i 98 euro, attualmente si aggira intorno agli 80 euro.

51,7 miliardi di ricavi dagli Ets

La messa all’asta dei permessi Ets tra gennaio 2021 e giugno 2022 ha generato un ricavo senza precedenti, di 51,7 miliardi.

Di questi, 25 miliardi sono entrati direttamente nei budget degli stati membri (contro i 14,4 miliardi del 2020) che li hanno investiti (in media al 76% per l’Unione europea, al 58,9% invece secondo il Wwf) in progetti per la lotta al cambiamento climatico, in particolare nelle energie rinnovabili e nel trasporto. Una parte del ricavato è andata invece a mitigare l’impatto sociale della crisi energetica con misure di sollievo.

Un obiettivo ambizioso: -62% di emissioni

Per gli Stati l’Ets si è rivelato un fenomenale strumento per fare cassa, ma è innegabile che abbia prodotto anche risultati positivi per l’ambiente: dal 2005 il sistema infatti ha consentito di ridurre le emissioni del 34,6%.

Con la riforma concordata a dicembre, le aziende sono ora chiamate a fare di più: tagliare il 62% della CO2 entro il 2030 e arrivare a zero nel 2050.

Per gli ambientalisti, che invocano un taglio delle emissioni del 70%, potrebbe non bastare, ma l’obiettivo rappresenta comunque un traguardo significativo, raggiunto con un delicato compromesso: 1% più di quanto inizialmente proposto dalla Commissione europea, 1% in meno di quanto chiesto dal Parlamento.

Consiglio, Commissione e Parlamento trovano la quadra

  • il nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni nel comparto Ets passa dal 43% al 62% rispetto al 2005
  • tutto il ricavato della vendita dei permessi andrà a finanziare misure legate agli obiettivi climatici
  • i permessi gratuiti saranno gradualmente eliminati tra il 2026 al 2034, in concomitanza con l’introduzione del Meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (Cbam) che, imponendo un “tassa sul carbonio” alle merci importate sarà lo strumento di contrasto alla delocalizzazione e alla concorrenza di economie meno attente al clima. A partire dal 2026 saranno cancellate il 2,5% delle quote gratuite, nel 2027 il 5%, nel 2028 il 10%, 2029 il 22.5%, 2030 il 48.5%, 2031 il 61%, 2032 il 73.5%, 2033 l’86%, 2034 il100%
  • verranno ritirate dal mercato quote equivalenti a 90 Mega tonnellate di CO2 nel 2024 e altre 27 Mt nel 2026. La riduzione annuale dei permessi sarà portata dal 2,2% al 4,3% annuo nel periodo 2024-27 e del 4,4% dal 2028 al 2030
  • nuove realtà saranno sottoposte al regime Ets: il settore marittimo e, a partire dal 2027, in un Ets2 parallelo, con prezzi per quota inferiore al mercato Ets, il trasporto su strada e agli edifici
  • Aumenta la dotazione per il Fondo per l’innovazione a cui sarà destinato il ricavato di 575 milioni di permessi contro gli attuali 450. Il Fondo per la modernizzazione riceverà il 2,5% in più di permessi che serviranno a sostenere i Paesi europei più poveri, quelli con un Pil pro capite inferiore al 75% della media europea
  • Con i proventi di Ets2, sarà creato il Fondo sociale per il clima, per il sostegno delle fasce più deboli. Fino a 65 miliardi tra il 2026-2032 andranno al Fondo sociale per il clima. Gli Stati membri potranno attingere al fondo a beneficio di famiglie vulnerabili, microimprese, utenti dei trasporti a basso reddito. Serviranno a finanziare misure di sostegno diretto al reddito e iniziative volte ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici, la ristrutturazione edilizia, la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffrescamento negli edifici e la diffusione della mobilità e dei trasporti a zero e a basse emissioni.
 

Chi approva e chi no

«Questo accordo costituisce un contributo immenso e a basso costo alla lotta contro i cambiamenti climatici - ha commentato Ptere Liese, il negoziatore del Parlamento europeo - sarà una boccata d’ossigeno per i cittadini e l’industria in tempi difficili, mentre manda un segnale forte all’industria europea: investire in tecnologia verde conviene».

«La più grande legge climatica mai realizzata», come l’ha entusiasticamente definita Liese, mostra però alcune ombre sui tempi di attuazione della riforma, a partire dalla eliminazione delle quote gratuite per i grandi inquinatori e le compagnie aeree, che per molti osservatori, proprio grazie alle quote gratuite stanno pagando solo una parte (piccola) delle proprie emissioni.

C’è preoccupazione anche per l’aumento del valore delle quote, che secondo il deputato francese Pascal Canfin, presidente della Commissione ambiente del Parlamento europeo, sono destinate a salire a 100 euro e potrebbero comportare un aumento dei prezzi generalizzato.

La Commissione europea si impegna a rimandare al 2028 Ets2 in caso di crisi economica ed energetica e a contenere il prezzo delle quote entro un massimo di 45 euro a tonnellata equivalente. Il Fondo sociale, fanno notare gli esperti, potrebbe non essere sufficiente: occorre assicurare che il grande flusso di denaro generato da Ets e Ets2 vada (davvero e presto) a finanziare le misure necessarie per realizzare la transizione verde ed energetica in Europa.

Checklist

Parole da ricordare

  1. Ets - Emission trading system

    Il mercato dei permessi di emissione del carbonio è lo strumento principale del pacchetto “Fit for 55” e fissa un prezzo alle emissioni di CO2 secondo il principio “chi inquina paga”.
  2. Triloghi

    Colloqui informali tra i tre co-legislatori dell’Unione Europea: Commissione, Consiglio d’Europa, Parlamento europeo. Raggiunto l’accordo tra le parti, le misure concordate sono pronte per la revisione finale e l’emanazione.
  3. Cbam

    Il meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere impone il pagamento sulle emissioni delle merci relative al settore Ets importate da Paesi extra Ue: così le aziende europee non sono invogliate a delocalizzare e non subiscono la concorrenza di chi produce in Paesi con normative contro i cambiamenti climatici meno stringenti.
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