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Maggiore natalità porta crescita economica. E conviene anche alle aziende

Articolo. Gli effetti del calo delle nascite si riversano sull’intero sistema economico. «Se non per il cuore, fatelo per i portafoglio»: lo dice Luigi Campiglio, docente alla Cattolica di Milano, quando invoca politiche familiari strutturali, certe e prevedibili per favorire le nascite.

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Il lavoro c’è, semmai mancano i giovani

All’edizione 2022 di “Le aziende incontrano il futuro”, la giornata che l’Istituto Marconi di Dalmine dedica all’incontro degli studenti delle quinte con il mondo di lavoro, si sono iscritte 110 aziende e oltre 170 intervistatori. Incontreranno gli studenti per un vero e proprio colloquio di lavoro, 15 minuti per ogni ragazzo, dalle 15 alle 20 interviste in una sola giornata.

«È una delle opportunità che regaliamo ai nostri studenti - spiega Maurizio Chiappa - dirigente dell’Itis -: incontrare le aziende in una situazione protetta, all’interno della scuola, e ricevere un riscontro sul colloquio, che normalmente le aziende non restituiscono mai».

Sospesa solo nel 2020 per la Pandemia, in sette anni di vita la manifestazione non aveva mai registrato tante adesioni da parte delle imprese. Il record non stupisce, data la fame di personale specializzato e la preparazione degli studenti del Marconi: l’80% dei diplomati, afferma il preside, trova lavoro entro 3 mesi dalla fine della scuola.

Per i sempre meno numerosi giovani bergamaschi il lavoro c’è. Semmai, appunto , mancano i giovani.

 

Demografia alla bergamasca

A marzo 2022 i residenti nella provincia di Bergamo erano 1.102.410, con un saldo naturale in diminuzione costante,1.199 abitanti in meno nel primo trimeste. Eppure, secondo i dati presentati dal presidente dell’Istat Giacarlo Blangiaro lo scorso maggio a Clusone in occasione del festival “Generiamo Futuro”, la Bergamasca accrescerà la sua popolazione totale fino 1 milione e 103.756 abitanti nel 2024 per poi iniziare una fase di lenta decrescita.

 

Cresce l’’età media dei bergamaschi: nel 2002 era di 40,7 anni, nel 2021 è salita a 44,6 anni, comunque più bassa della media italiana di 47,6 (vedere anche questo articolo di Skille), diminuiscono le nascite, i bambini, i giovani.

E così, con un indice di natalità provinciale (nati per 1000 abitanti nel 2021) del 6,9, appena migliore del dato nazionale (6,8, dato al 2020), nonostante una mini-ripresa registrata nei due primi mesi dell’anno, il trimestre si chiude con soli 1.728 nuovi nati, il 4,58% in meno rispetto all’anno passato.

“Tengono” la città e la pianura, perdono abitanti le Valli. Soffre in particolare la Val Brembana: quella che nel 1960 contava 47.000 residenti, scesi nel 2001 a 43.649 , al 21 dicembre 2021 conta 40.293 residenti. Perde abitanti Zogno, in 10 comuni non si registra nemmeno una nascita.

 

Leggermente migliore la situazione dell’alta Val Seriana e Val di Scalve, dove la diminuzione è più lieve, attenuata dalla crescita di alcuni Comuni come Rovetta.

Sarà un caso, ma il Comune è uno dei 5 centri della Presolana che dal 2017 detengono la certificazione “family”, e si contraddistinguono per le loro politiche “amiche della famiglia”.

Un problema di famiglia, un problema di tutti

Gli effetti del calo delle nascite si riversano sull’intero sistema economico: per la rivista The Lancet le previsioni legate alla popolazione e all’indice di fertilità sotto il livello di ricambio (2,1) nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo comporteranno “possibili implicazioni negative per le forze lavoro, la crescita economica, i sistemi di sostegno sociale nelle parti del mondo con i maggiore declino delle nascite”.

Lo dice persino Elon Musk: l’Italia rischia l’estinzione. Eppure manca ancora una forte reazione corale e concreta di tutte le sfere della società italiana, a partire dal mondo economico, il primo che avrebbe interesse a non perdere manodopera e consumatori. E che potrebbe giocare un ruolo importante per favorire la formazione delle famiglie e la natalità.

La parte svolta delle aziende nel contrasto alla denatalità risulta evidente dalla ricerca “Aziende e natalità in Italia”di Sfera Mediagroup, presentata nel corso degli “Stati Generali della Natalità” lo scorso maggio. Ancora oggi 8 donne su 10 dichiarano di avere subito conseguenze negative nella vita lavorativa dopo la nascita del figlio e il 60% afferma di avere ritardato la gravidanza per paura, delle conseguenze negative sul lavoro e di non potere conciliare la carriera con la famiglia. “Emerge poi come le aziende alimentino le paure: sfavorendo o non esprimendo una posizione chiara sul tema e non attivando strumenti di welfare dedicati”.

Più virtuose mediamente le piccole aziende rispetto alle grandi e alle medie, “centro-sud leggermente più attento e, al contrario, il nord-ovest tra i più negativi”. Le richieste delle mamme intervistate non sono stratosferiche: più flessibilità oraria (50%) e in seconda battuta l’asilo nido aziendale (24%).

Il 70% delle risposte valuta positivamente il telelavoro (l’80% di chi lo ha già provato), in particolare se “ibrido”, cioè con un’alternanza di smart working e presenza (3:2).Interessante notare che il tema della conciliazione “spaventa” anche i papà: “solo il 40% dei neo-papà ha usufruito del congedo di paternità di 3 giorni (portato solo successivamente a 10 giorni), meno del 10% prende più di una settimana di ferie”. Per un papà ricorrere alle (poche) opportunità di congedo significa spesso dire addio alla carriera.

La genitorialità: un costo per l’azienda?

Costi del personale, difficoltà organizzative, formazione dei sostituti: una maternità ha un onere per l’azienda che i contributi statali non coprono completamente. Per la consulente del lavoro Debhorah di Rosa di Ipsoa però «con riferimento ai mesi durante i quali lavoratrice fruisce del congedo di maternità obbligatorio, il costo del lavoro che rimane a carico dell’azienda è pari all’1,4%» e quindi «è possibile affermare che l’incidenza effettiva dell’evento maternità di una lavoratrice subordinata sul costo del lavoro aziendale è quasi nulla».

Sono le aziende che possono offrire strumenti per conciliare famiglia e lavoro e consentire ai giovani di portare avanti il proprio progetto di vita e avere dei figli: per il sociologo Riccardo Prandini c’è bisogno di «un clima che rispetto il lavoratore, la sua vita e la sua famiglia. C’è bisogno di un rapporto e di un modo di stare insieme tra datore di lavoro e dipendente che sia diverso».

La famiglia non è un a zavorra da eliminare per dedicarsi al lavoro ma al contrario, una risorsa e la genitorialità, sostiene Prandini, un «aumento di risorse cerebrali» e di competenze, che guarda caso si apprendono diventando genitori: capacità di apprendere, di aggiornarsi ai cambiamenti, capacità di relazione, di collaborazione, di cambio di ruolo, la capacità di impegno e di identificazione nell’azienda e per l’azienda.

Natalità e innovazione, conviene anche alle aziende

Luigi Campiglio

docente di Economia Politica all’Università Cattolica di Milano

«Se non per il cuore, fatelo per i portafoglio». È il mantra del prof. Luigi Campiglio, docente di Economia Politica all’Università Cattolica di Milano quando, come fa da anni, invoca politiche familiari strutturali, certe e prevedibili per favorire le nascite.

«Esiste un legame positivo indiscusso tra natalità a e crescita economica, anche nel breve periodo - afferma il prof. Campiglio -. Il tasso di natalità per i Paesi come l’Italia è un indicatore dello stato di salute del Paese, è la promessa di quello che verrà: una crescita o un non auspicable ristagno». Oggi, ricorda il professore «la bassa natalità è effetto e causa di inadeguatezza e insicurezza dell’orizzonte di vita».

Prima di tutto, ricorda Campiglio, c’è bisogno di lavoro: «Lo abbiamo visto in Germania: allo scendere dei tassi di disoccupazione è cresciuta la natalità: la natalità si accompagna ad una situazione economica favorevole».

Se calano le nascite, se le famiglie si rimpiccioliscono (da 3,35 componenti di media del 1971 a 2,29 del 2019, 2,37 nella Bergamasca nel 2017) diminuiscono le aziende “familiari”, che costituiscono una larga fetta delle piccole e medie imprese italiane.

«Qui a Milano molte attività sono gestite da cinesi e sono molto legate alla famiglia: relazioni forti, grandi lavoratori, è un modello molto simile a quello bergamasco di una volta, quando le risorse dl lavoro erano dentro la famiglia. Oggi le risorse sono da ricercare all’esterno e sempre di più sorgono difficoltà per trovare persone qualificate che riescano ad integrarsi in modo naturale e fluido in un contesto familiare».

L’economia bergamasca, storicamente legata al modello delle piccole imprese familiari come potrebbero reagire alla diminuzione delle famiglie?
«I territori più promettenti - continua Campiglio - sono quelli che hanno maggiore capacità di tenuta, che generano lavoro dal loro interno, con una base produttiva e di vendita nella comunità. Bergamo è una di queste: parte della modalità di crescita sta nella comunità, che è più robusta se le piccole imprese sono vitali, interpretano il mercato con cui condividono lo stesso tessuto, lo stesso territorio, anche come famiglia inserita nella comunità. Così la robustezza delle imprese familiari si riversa sull’esterno».

C’è poi il tema dell’occupazione giovanile...
«Da un lato manca lavoro per i giovani che hanno progetti di vita, dall’altro le aziende non sono in grado di rispondere, specialmente al Sud , alle domande che vengono dal territorio».

Alla base della crisi demografica, la formazione stessa della famiglia?
«Avviene sempre più tardi, sposta in avanti la maternità e poi a un certo punto, per tante ragioni, i figli non arrivano proprio. Questo è un problema serio, un elemento centrale di tenuta sociale rispetto alle generazioni che si sovrappongono».

Rotto il meccanismo di alternanza delle generazioni, i genitori, oltre ad accudire i figli, devono prendersi cura anche dei nonni che, se troppo anziani, non riescono ad aiutare a gestire i nipoti… Quali le soluzioni?
«Paesi simili al nostro come la Francia, la Germania e il Giappone hanno risolto in maniera diversa la questione della natalità: la Francia mantenendo un welfare che guarda alle famiglie in modo costruttivo, investendo e finanziando istruzione e sanità. In Germania lo Stato contribuisce a sostenere il salario e a consentire la conciliazione, che è fondamentale».
«L’Italia invece - afferma il professore - è ancora in difficoltà: abbiamo toccato il fondo ma forse, con il Family Act e l’Assegno Unico qualcosa si muove».

E poi c’è il Giappone, che ha gli stessi problemi di denatalità e invecchiamento dell’Italia ma un’economia molto più florida
«Sopravvive grazie a una spinta poderosa sull’innovazione tecnologica, così come altri Paesi asiatici tipo la Corea del Sud, compensando con la produttività e l’innovazione - spiega Campiglio -. Noi avemmo le carte per fare innovazione ma sui piccoli numeri si fa fatica. Però a Bergamo c’è Kilometro Rosso, un esempio che primeggia nel mondo: occorre spingere sull’innovazione e sulla conciliazione. Non è solo un gesto di equità sociale, eticamente giusto, da fare con il cuore. È da compiere per il portafoglio, per interesse: il lavoro è quello che aiuta più di tutto le giovani coppie ma ci devono essere le condizioni per potere avere una famiglia e dei figli».

Un territorio accogliente

Rendere il territorio «amico della famiglia», attrarre le giovani coppie con bambini e trattenere i giovani - garanzia di vitalità e di futuro - è l’obiettivo della rete dei Comuni certiifcati “Family”, un progetto nato nella Provincia di Trento nel 2011, sviluppato sul territorio nazionale con l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose e il Comune di Alghero e cresciuto fino a comprendere oltre 100 Comuni in tutta italia, una trentina di enti e associazioni e tre regioni.

Dopo Alghero, i primi a diventare comuni certificati family sono stati i cinque Comuni della Presolana, già nel 2017. A maggio anche Clusone ha raggiunto la certificazione, mentre il Comune di Bergamo, nella rete da oltre un anno, è ancora in fase di istruttoria.

Il sistema “funziona”: Trento vanta, ormai stabilmente, i migliori risultati in termini di qualità della vita, nascite (con un tasso di fertilità a 1,56, più allo della media europea) e aumento di famiglie numerose. Chiave del procedimento per la certificazione è la messa in rete di tutte le componenti della comunità, aziende comprese, così come si sta verificando sotto la Presolana.

« Nella nostra zona dopo 10 anni preoccupanti, negli ultimi 2-3 anni abbiamo visto dei piccoli miglioramenti» racconta Stefano Sirleto, delegato dell’associazione famiglie numerose e presidente dell’associazione “Family” che ha contribuito a ottenere la certificazione

«Stiamo lavorando - prosegue - per rendere questa una zona attrattiva e consentire a nuove coppie e ai giovani di stabilirsi qui: in questo processo le aziende sono fondamentali perché garantiscono il lavoro e trattengono i giovani. E per questo vanno tutelate e sostenute».

Intanto , in concerto con le amministrazioni locali, l’associazione sta allestendo degli spazi per il coworking (lavoro condiviso) per i giovani che lavorano da remoto “dove si possano comunque creare relazioni.”

Amici della famiglia, un premio alle aziende virtuose

Nel 2020 i Comuni dell’Unione e l’Associazione Family hanno lanciato il premio “Aziende Family friendly” per riconoscere le realtà che hanno scelto di mettere in atto politiche aziendali di conciliazione e di promozione del benessere familiare che si traducono tra l’altro in:

  • orari flessibili
  • part time
  • nidi aziendali
  • bonus per i nuovi nati

Grandi e piccole azioni che contribuiscono a rendere più facile la vita familiare dei dipendenti. Il premio è andato a ML Engraving e Intea di Onore e la Comelit di Rovetta: sospeso per il Covid, dovrebbe ripartire quest’anno.

«Non si tratta del Family Audit, la certificazione di welfare familiare aziendale creata dalla provincia di Trento - puntualizza Stefano Sirleto -. Non abbiamo ancora le capacità per proporre la certificazione alle nostre aziende, ma è un primo passo, un modo per far conoscere e dare valore all’apporto che anche le aziende possono dare per rendere un territorio a misura di famiglia».

Comelit: far bene al territorio fa bene all’azienda

Silvia Brasi

presidente del consiglio d’amministrazione di Comelit

«Per un’azienda come la nostra, che non ha produzione ma lavora con tecnologia e innovazione - spiega Silvia Brasi, presidente del consiglio d’amministrazione di Comelit - sono le persone che con le loro doti ci permettono di fare bene: persone motivate, dedicate, che mettono le loro energie in un lavoro di capacità, un lavoro che richiede che si sentano bene nell’azienda».

Un’età media di 36 anni, gli oltre 330 dipendenti -120 nella sede di Rovetta - possono usufruire di un premio risultato convertibile in servizi, rette scolastiche, libri di scuola o abbonamenti trasporti, part-time, teleworking, flessibilità degli orari di lavoro, borse di studio per diplomati e laureati “con merito”e una serie di bonus, per ogni nascita (dal valore di 500 euro) e per chi si sposa: 500 euro in buoni Amazon.

La pandemia ha interrotto la tradizione del “Family day” - una giornata di festa e spettacolo per i dipendenti e le loro famiglie. Ma, assicura Silvia Brasi, «non vediamo l’ora di riprenderlo, è un appuntamento molto apprezzato, che consente di conoscersi al di fuori delle dinamiche lavorative».

«Il nostro motto è With you, always (con te, sempre): ci caratterizza con i clienti ma anche con i collaboratori, che sono il nostro primo “YOU” (tu)».
 

Raddoppiati nel giro di 10 anni i dipendenti, la Comelit non ha voluto spostarsi da Rovetta a Bergamo, dove ha una seconda sede, proprio per il legame con il territorio che diventa fattore di identità.

«Così diamo lavoro alle famiglie ma portiamo anche i nostri clienti a conoscere e apprezzare le nostre zone: la ciaspolata sul Pora, la passeggiata sulla Presolana… è un dare e ricevere una relazione di vantaggio reciproco».

E quando una dipendente annuncia una nuova maternità? È un problema? «No, per noi è una gioia. E spesso capita che la persona che abbiamo imparato a conoscere durante la sostituzione della maternità, venga assunta a sua volta…».

Checklist

  1. Stati Generali della Natalità

    La manifestazione, organizzata per il 12 e 13 maggio dal Forum delle Associazioni Familiari, ha riunito rappresentanti delle istituzioni, della cultura, dello spettacolo e dell’economia per discutere sulla denatalità in Italia. Il suo titolo: “Si può fare?”
  2. Aziende familiari

    Sono imprese dove i componenti del nucleo familiare e/o i parenti svolgono un’attività economica. Il fenomeno, secondo il rapporto Cerved 2018, “costituisce l’ossatura del sistema economico italiano”. Cerved riporta che sono “101 mila Pmi familiari (103 mila considerando anche le grandi): società in cui una famiglia ha almeno il 50% +1 dei diritti di voto” contro “47 mila Pmi non familiari (50 mila considerando anche le grandi): società in cui nessuna famiglia ha più del 50% +1 dei diritti di voto; infine 971 Pmi con investitori istituzionali nel capitale sociale (1.353 considerando anche le grandi): aziende quotate o nel portafogli di fondi di private equity.
  3. Welfare aziendale familiare

    Le prestazioni, i servizi, i bonus e i premi che un datore di lavoro riconosce ai dipendenti in aggiunta al normale salario, per facilitare la conciliazione tra i tempi della famiglia e quelli del lavoro, migliorando la qualità della vita privata e professionale.
  4. Family Audit

    Riconosciuto dal ministero per la Famiglia: “lo standard “Family Audit” è uno strumento di certificazione, con relativo marchio, che qualifica una organizzazione come attenta alle esigenze di Conciliazione Famiglia-Lavoro dei propri dipendenti. Di proprietà della Provincia autonoma di Trento, che è anche Ente certificatore, il Family Audit è un processo di revisione, pianificazione e monitoraggio delle azioni di welfare aziendale focalizzato sul benessere del dipendente e della sua famiglia.

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