Un nuovo patto
contro il male

Un nuovo patto e una nuova alleanza. Ma anche una nuova solidarietà, dove l’empatia per le vittime, tutte le vittime delle identità contrapposte e in conflitto, sbaragli la trappola nella quale è finito il mondo. Papa Francesco ha alzato la posta nel primo giorno della missione in Egitto. Non ha chiesto protezione per i cristiani, non ha mendicato considerazione per minoranze in terra ostile e nemmeno una gestione dei conflitti nel quale almeno salvare il salvabile. Ha chiesto di allearsi per il bene comune. Nella terra del Sinai ha sostenuto l’urgenza di una nuova narrazione del ruolo delle religioni e dell’impegno dei loro uomini. Ha utilizzato più volte un verbo impegnativo: smascherare.

È un’operazione che va fatta all’interno delle singole comunità religiose e sul piano geopolitico. Serve per smontare le idee omicide, ma anche le ideologie estremiste che legano Dio alla violenza e promettono paradisi di latte e miele. Ma serve anche per sgominare i poteri che governano il commercio delle armi, tragedia più volte sottolineata sia dal Papa che dal Grande Sceicco Al-Tayyeb.

Il ruolo dei leader religiosi è cruciale. Bergoglio li ha chiamati «responsabili di civiltà chiamati da Dio», lasciando intendere che il loro campo di azione non ha perimetro. Le religioni servono per costruire le civiltà e non per scompigliarle o travolgerle e nemmeno per trionfare su di esse. Ma non è facile convincere il mondo che le religioni non sono parte del problema, ma parte della soluzione. Lui ha accettato l’invito di andare in Egitto per dire proprio questo. Lì c’è un’università, il più prestigioso centro sunnita del mondo, che sta faticosamente intraprendendo una strada nuova nell’interpretazione dell’Islam. Occorre dunque dargli una mano. Eppure il Papa non lo ha fatto in senso strumentale, perché ne possa venire maggior bene per i cristiani. Non è questo il contenuto del nuovo patto proposto ieri al Cairo.

La libertà religiosa vale per tutti, per i cristiani e per i musulmani. Fa parte dei diritti dell’uomo. Ma non tutti sono d’accordo. Invece il ragionamento di Bergoglio attraversa ogni latitudine e vale per ogni geopolitica. Illumina il concetto di civiltà che ha solo un aggettivo per essere definita: civiltà dell’incontro. L’alternativa è una sola e il Papa lo ha detto con chiarezza. L’alternativa è l’inciviltà dello scontro. Con queste parole ha smontato un’altra narrazione alla quale i burattinai del potere negli anni scorsi ci avevano abituati, quello dello scontro di civiltà come linea di una faglia dalla quale sarebbe possibile anche trarre cose buone. Al contrario il Papa ha proposto di trasformare la competizione in collaborazione. Ci aveva già provato Francesco d’Assisi,che lo aveva capito 800 anni fa, andando proprio in Egitto a proporre un patto al Sultano Mail al Kamil. Ieri ci è tornato Bergoglio, il primo Papa ad aver scelto il nome di Francesco. Forse non è un caso. Ma questo ieri è accaduto.

Il simbolo del «Monte dell’Alleanza», oggi inaccessibile per via della guerra che si consuma prima di tutto tra i fedeli dell’Islam, è inquinato dall’odio e va di nuovo lucidato. Ma è un simbolo da maneggiare con cura, ha ammonito Francesco. Bisogna evitare di salire sul monte «per impadronirsi di Dio», ma anche per nasconderlo dall’orizzonte del mondo. Non è facile, perché la confusione tra sfera religiosa e sfera politica è nella storia un dilemma costante. Tuttavia ieri neppure su questo ragionamento Bergoglio si è attardato, perché la religione è autentica se si occupa del bene comune, se smaschera la violenza che si traveste di presunta sacralità, se denuncia le violazioni dei diritti dell’uomo ovunque.

Il nuovo patto tra tutti i credenti deve partire dalla convinzione che c’è «incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare». Francesco lo ha detto senza alcuna remora, mettendo al centro della Alleanza, come già accadde sul Sinai, il comando di «non uccidere». Allora fu un patto tra Dio e il suo popolo. Oggi quel patto va riproposto per ogni fede e per ogni popolo, perché da quel patto soltanto può venire la pace. Bergoglio non ha nascosto la complessità dell’operazione. In gioco c’è uno sviluppo diverso, la lotta alla povertà e allo sfruttamento, terreno fertile per ogni tipo di estremismo, anche religioso, in gioco c’è il contrasto della «guerra mondiale a pezzi».

La sfida è enorme ed è una «sfida di civiltà». Tuttavia è un’impresa «urgente e appassionante», che devono avviare, ha sottolineato con una magnifica immagine il Papa, «uomini convocati da Dio, dalla storia e dall’avvenire».

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