Onore è un piccolo borgo della val Borlezza, estraneo alle principali arterie di comunicazione e, forse per questo, meta ancora poco conosciuta. Sull’origine del nome il dibattito è tuttora aperto: taluni sostengono il legame con lanorium , termine latino riferito al mercato della lana, un tempo eccellenza produttiva di questo borgo; altri si rifanno ad alnorio, aggettivo di alnus, l’ontano, una pianta piuttosto diffusa sul territorio; c’è anche chi asserisce che il nome derivi da honor, inteso come complesso dei diritti del feudatario. In un documento del 1263 si parla della «comunitas de Lonore», mentre sulle mappe geografiche dei Musei Vaticani (1580-1585) il paese è chiamato Honore. Il dubbio rimane ancor più irrisolto giacché il rapporto di Onore con la lana è storico: nel Medioevo, infatti, il paese godeva di una certa importanza legata al commercio della lana. Qui veniva allevata la tipica “pecora di Clusone”, presente in tutto l’altopiano, che produceva lana di buona qualità. A chi dare ragione?
Attraversiamo tutto il paese fino al termine di via rifugio Magnolini e posteggiamo l’auto nello spiazzo ghiaioso in corrispondenza della partenza della dismessa pista da fondo (750m). Era una pista molto apprezzata per il suo andamento morbido e il bel contesto ambientale: sette chilometri immersi in una rigogliosa abetaia a due passi dalla civiltà, ma incredibilmente lontani da essa. Il rialzo delle temperature ha decretato la chiusura dell’impianto che, trovandosi a una quota insolitamente bassa, non aveva più garanzie di un innevamento adeguato. Mi capita di essere colto da un senso di nostalgia quando, percorrendo la strada provinciale 671 all’altezza del bivio per Onore, sul cartellone turistico della località leggo ancora la dicitura: «pista di fondo: aperta»!
Ci addentriamo nella val Righenzolo seguendo la strada forestale e le indicazioni del sentiero CAI n° 557 (rifugio Magnolini). In questa zona l’amministrazione comunale ha deciso di sistemare tre stazioni del percorso vita trasformandole in piattaforme per accogliere gli amanti dello yoga.
L’itinerario procede in direzione sud con pendenze moderate. Dopo pochi minuti ci troviamo proiettati in un’atmosfera insolita: i raggi di sole filtrano tra gli abeti creando giochi di luce, mentre il silenzio regna sovrano. Si ode soltanto il cinguettio degli uccelli, incantevole colonna sonora per il nostro cammino. La val Righenzolo è una valle calcarea scavata dall’omonimo torrente. Per la maggior parte dell’anno le sue acque scorrono sotterranee lasciando il greto completamente asciutto. Il fondovalle è ricoperto da un’ampia pineta, mentre i suoi versanti sono erti e aspri.
Dopo un paio di chilometri di agevole cammino intravediamo i primi casolari. La valle in questo punto presenta una serie di ramificazioni che tendono a disorientare, ma ci manteniamo sul tracciato principale prestando sempre attenzione ai bolli bianco-rossi, per la verità piuttosto rari. Il percorso compie un’ampia ansa verso est e raggiunge la chiesetta rurale di Sant’Antonio (915m), immersa nella quiete del bosco. Abbiamo da poco abbandonato la val Righenzolo e siamo entrati nella valle di Frücc. Poco oltre la chiesetta, in corrispondenza di una bella cascina nel mezzo di un prato, si attraversa il greto del torrente.
Dopo pochissimi passi, giungiamo nei pressi di un cartello che indica la deviazione per la calchera di Frücc, posta appena sopra il sentiero. Recentemente restaurata, è un’interessante testimonianza dell’antico metodo per ricavare la calce destinata all’edilizia tramite la cottura dei sassi calcarei. Un pannello illustrativo descrive le caratteristiche della calchera ed i processi produttivi della calce.
Torniamo sul sentiero principale e proseguiamo il cammino addentrandoci nella valle di Frücc. La valle è decisamente più stretta e tortuosa e l’ambiente assume ora un aspetto selvaggio e avventuroso. Il tracciato spesso coincide con l’alveo sassoso del torrente e, in questa stagione, il divertimento è garantito perché il torrente scorre in superficie creando piccole pozze d’acqua che obbligano a saltellare da una riva all’altra. Camminare in questo contesto suscita qualche dubbio, perché spesso il sentiero si confonde con il torrente e la segnaletica è pressoché inesistente. Tuttavia procediamo fiduciosi, anche perché la strada può essere solo una. Dopo un paio di chilometri raggiungiamo una cascina sulla cui facciata risalta un grande affresco mariano.
Procediamo oltre per poche decine di metri ed ecco finalmente il bivio (1060m) segnalato da un ometto di sassi. La svolta (sulla destra) è intuibile perché è preceduta da un cartello ligneo con l’indicazione per il rifugio Magnolini e, una volta iniziato il nuovo sentiero, viene confermata da un secondo cartello metallico, che ricorda che siamo sul sentiero giusto (segnavia CAI n° 557). Stiamo abbandonando la val di Frücc per inoltrarci nella valle di Elma. Sono molto curiosi i nomi delle valli di Onore ma, nonostante le ricerche, non sono riuscito a trovare significativi riscontri toponomastici.
Le pendenze si fanno più decise, ma non faticose. Ciò che infastidisce invece è il fondo sassoso sconnesso, segno inequivocabile di ripetuti passaggi di moto. Durante l’ascesa vale la pena, di tanto in tanto, voltarsi di spalle perché si riesce ad intravedere l’inconfondibile mole della Presolana. La salita è abbastanza breve e in una mezzoretta guadagniamo il forcellino di Ramello (1308m), piccolo valico boscoso che separa la val Borlezza dalla val Camonica. È un importante crocevia di sentieri, fortunatamente ben segnalati. Così, qualche metro prima del forcellino prendiamo la deviazione a destra per imboccare il sentiero CAI n° 555, diretto a San Fermo (Bossico). Le recenti burrasche hanno fatto cadere alcuni grossi abeti proprio in corrispondenza dell’inizio del sentiero. Con una piccola deviazione, aggiriamo gli alberi per reimmetterci sul percorso originale. Inizia ora un lungo e divertente traverso che regala alcuni splendidi scorci sulla bassa val Camonica e sul Sebino. Ne approfitto per scattare alcune foto.
Il tracciato, pur non essendo ampio, risulta sempre ben percorribile. L’ambiente è ancora solitario e incontaminato e lo conferma il fatto che dalla chiesetta di Sant’Antonio non abbiamo incontrato anima viva. Si avvicendano una serie di brevi saliscendi nel bosco che terminano in corrispondenza di una selletta. In questo tratto il sentiero procede in discesa a mo’ di toboga con un fondo di pietrisco, mentre d’intorno i pini mughi consentono di allargare l’orizzonte verso i monti camuni. Al termine della discesa ci si immette su una strada forestale (1235m) che, con andamento pianeggiante, raggiunge dapprima la località Coda della Volpe e poi i magnifici prati del colle San Fermo (1250m).
«Certo che appena sopra di noi c’è il monte Colombina con il suo panorama meraviglioso…saliamo?». Non posso certo dire di aver riscosso consensi entusiastici, ma eccoci nuovamente in salita verso la croce del Colombina (1458m). Questa cima è stata oggetto di un nostro precedente itinerario e la considero un imperdibile punto di osservazione sul lago d’Iseo. La deviazione per la croce si trova sul nostro percorso, sulla sinistra, poco prima di sbucare sui prati di san Fermo (sentiero CAI n° 555A). Duecento metri di dislivello piuttosto decisi, ma splendidi.
Discesi al colle, ristabiliamo il contatto con la civiltà: un contadino è intento a spaccare legna, un trattore sta “pettinando” i prati in vista della bella stagione, alcune MTB sfrecciano sulle stradelle, mentre un gruppo di escursionisti si gode il riposo sulle panchine. Passiamo a fianco della bella cappelletta di San Fermo e procediamo per il rientro ad Onore. A guidarci è il segnavia CAI n° 556 che segue la strada agrosilvopastorale “Falecchio-Camasone-San Fermo”. Il percorso è piuttosto lungo, ma si snoda piacevolmente tra boschi di faggi e ampie radure. I prati alla nostra destra godono di scorci verso la Presolana, mentre quelli sulla sinistra sono baciati dal sole del tardo pomeriggio.
Il percorso è quasi totalmente in piano e in discesa, eccetto un paio di brevi risalite. Dapprima si sfiora il monte Torrione (1307m), poi si lambisce la cima Trifone (1174m) per scendere alla località Camasone (1080m). Successivamente si transita ai piedi della cima Pizzo (1186m) e si raggiunge Falecchio. Un attimo prima dei pascoli di Falecchio, perveniamo a un crocevia di strade (895m) ben segnalate: a sinistra si scende a Songavazzo, a destra si devia per il piccolo Santuario dedicato alla Madonna di Guadalupe, mentre procedendo dritti si costeggiano i prati di Falecchio per poi approdare a Onore. Procediamo dritti e mentre camminiamo un giovane capriolo ci attraversa la strada e si ferma, fissandoci. Rimane immobile, elegante e statuario. Provo a scattare una foto, ma mentre infilo lentamente la mano nel taschino, lui si defila beffardo.
Attraversiamo tutta la conca di Falecchio finché la strada piega a destra e inizia la discesa repentina verso Onore. Raggiungiamo il greto asciutto del Righenzolo e ci dissetiamo presso la bella fontana con abbeveratoio a fianco del torrente. Attraversato il Righenzolo, saliamo in paese. Seguiamo ora via Sant’Antonio e poi via Donizetti deviando a sinistra in via Rifugio Magnolini che percorriamo fino a raggiungere il punto di partenza.
P.S. L’escursione qui descritta è piuttosto lunga e richiede un buon grado di allenamento. Fatta in modo integrale (con l’ascesa al monte Colombina) è lunga poco meno di 20km con quasi 1000m di dislivello. Calcolare sei/sette ore di cammino. Se si rinuncia al monte Colombina, si accorcia a 17,5km con 750m di dislivello, risparmiando circa un’ora. Lungo il percorso non si trovano sorgenti, per cui occorre una buona scorta d’acqua. Un ultimo consiglio: evitate di percorrere la val di Frücc nel mezzo di un acquazzone o subito dopo precipitazioni copiose, potrebbe risultare complicato.
P.P.S. Si ringrazia la signora Greta Moraschini dell’Ufficio Turistico Borghi della Presolana per le informazioni fornite.
(Tutte le fotografie sono di Camillo Fumagalli eccetto ove diversamente indicato)