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Bossico e il monte Colombina fra vedute lacustri e leggende

Articolo. Un percorso in val Borlezza, la valle dal torrente con quattro nomi. Dove ammirare dall’alto Montisola e la corna dei Trentapassi, conoscere la storia legata al Cadì de la pèst e alla peste del 1600 e le ville “risorgimentali” del paese

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Panorami scendendo dal monte Colombina (foto Camillo Fumagalli)

Mi ha sempre incuriosito, osservandolo da lontano, il paese di Bossico, posto ai margini di uno splendido altipiano, affacciato sul lago d’Iseo e sempre baciato dal sole. Quale migliore occasione di una mezza giornata libera per una capatina in val Borlezza. Parlando di questa valle è interessante sapere che il torrente che la percorre, durante il suo breve corso (soli 17 km dalle pendici della Presolana e dal monte Pora fino al lago d’Iseo), cambia nome per ben quattro volte: dapprima viene chiamato Gera, per poi diventare Valeggia, quindi Borlezza, ed infine Tinazzo.

Per meglio apprezzare le peculiarità di questa località decidiamo di compiere un giro ad anello nell’altipiano toccando anche la cima del monte Colombina, bel rilievo pratoso in posizione aerea su Bossico e il lago d’Iseo. Superiamo le case del paese percorrendo via san Fermo fino al posteggio oltre il quale non è più consentito procedere in auto. Siamo a quota 900m ed essendo mattina il sole stenta ancora a raggiungere questo angolo dell’altipiano. Il freddo pungente non consente divagazioni pertanto procediamo di buona lena seguendo le indicazioni per il colle San Fermo (sentiero CAI n° 553).

Il primo tratto segue una strada forestale che attraverso boschetti, cascine rurali e pascoli ci conduce in poche decine di minuti alla Chiesetta dei Caduti (1030m) nei cui pressi è stata realizzata un’ampia area attrezzata per pic-nic. A ricevere i primi raggi di sole è un laghetto ancora completamente ghiacciato (pozza d’Ast). Senza farci distrarre dalla segnaletica dei numerosi percorsi in MTB, seguiamo la strada forestale sulla destra (indicazioni per il colle San Fermo) . Ci addentriamo in un fitto bosco di conifere e, dopo aver superato un paio di strappetti, sbuchiamo sul suggestivo pianoro del colle San Fermo (1250m) ove risaltano la graziosa chiesetta e alcune belle cascine circondate da ampi pascoli ai piedi degli erti pendii erbosi del monte Colombina (chiamato anche monte Valtero).

Continuiamo per poche centinaia di metri lungo la strada pianeggiante che transita sulla sinistra della chiesetta. Appena entrati nel bosco imbocchiamo il sentiero, ben segnalato, che conduce in vetta. Il tracciato sale con decisone e raggiunge la cima seguendo la dorsale Nord del monte Colombina. La sommità (1458m) si presenta circondata dagli ultimi alberi che celano l’orizzonte. Ci accolgono alcune bandierine tibetane a segnalare la cima. Poco oltre, il crinale degrada dolcemente e diviene completamente spoglio dagli alberi. Nel suo lembo più estremo risalta la grande croce di vetta installata nel 1951 (a ricordo del Giubileo dell’anno precedente), mentre, dinnanzi a noi, il lago diviene protagonista assoluto!

Nonostante alle nostre spalle le cime delle Orobie cerchino di attirare la nostra attenzione, siamo irrefrenabilmente catturati dallo splendore del panorama lacustre. E ci soffermiamo a lungo a rimirar Montisola, le pacifiche acque del Sebino, la corna dei Trentapassi, il monte Guglielmo e di fronte ad essi il monte Creò, il Torrezzo e il Bronzone. Prima di ripartire ci divertiamo un po’ con il geolabio (una piastra d’orientamento collocata alle spalle della croce con i nomi delle montagne che si possono ammirare grazie alla spettacolare vista a 360°) giocando a chi riconoscere le cime dei monti intorno a noi.

Primi raggi di sole alla pozza d’Ast, nei pressi della chiesetta dei Caduti
Primi raggi di sole alla pozza d’Ast, nei pressi della chiesetta dei Caduti
(Foto Camillo Fumagalli)
Chiesetta di San Fermo presso l’omonimo colle
Chiesetta di San Fermo presso l’omonimo colle
Scrutando dal geolabio
Scrutando dal geolabio

Scendiamo in direzione del lago seguendo il sentiero che percorre la aerea dorsale Sud. Le pendenze decise favoriscono una rapida discesa fino ai pascoli alle pendici del Colombina a quota 1278m dove incontriamo una struttura di legno a guisa di cornice che, posizionata in un punto panoramico, permette di ottenere fotografie in stile cartolina. Continuiamo la discesa tenendo la sinistra. Si rientra nel bosco fino a sbucare su una strada sterrata in corrispondenza di una casupola che attira la nostra curiosità. Si tratta del Cadì de la pèst , piccola stamberga risalente al 1630 quando la famigerata peste di manzoniana memoria colpì gran parte del nord Italia senza risparmiare nemmeno questa zona.

Ebbene, una epigrafe al suo interno, datata 1887, ricorda che in questo tugurio trovarono fortunato rifugio alcuni componenti della famiglia Chiarelli in fuga dalla furia sterminatrice della peste. La lapide ricorda che degli oltre 900 abitanti di Bossico soltanto nove sopravvissero all’epidemia. In realtà il numero di vittime riportato nei registri parrocchiali testimonia che in quattro mesi, dal settembre 1631 al gennaio 1632, morirono di peste 58 bossichesi a fronte di una popolazione di circa 500 abitanti. Il fatto indubbiamente tragico per la piccola comunità assunse, con il passare del tempo, i contorni di una vera e propria catastrofe che alimentò la leggenda tramandata fino ai giorni nostri, secondo la quale in questo edificio si salvarono gli unici abitanti scampati al morbo.

Il bellissimo sole e il cielo azzurro di oggi fugano i tristi parallelismi con la pandemia dei nostri giorni e ci ridonano ottimismo. Proseguiamo lungo la strada forestale che poco più in basso piega verso sinistra per raggiungere il Forcellino di Bossico (1174m), importante crocevia di sentieri. Seguiamo ora le indicazioni del sentiero CAI n° 552 con direzione Bossico. La strada scende con decisione nel bosco per fuoriuscire nei pascoli della località Monte di Lovere, dove, in corrispondenza di un’azienda agrituristica, intercettiamo la strada asfaltata proveniente dal paese.

Proprio in questo lembo estremo dell’altipiano affacciato sul lago scopriamo un’altra peculiarità di Bossico: nella seconda metà dell’ottocento alcuni esponenti della ricca borghesia industriale loverese, in gran parte politicamente schierati a favore dell’Unità italiana con Roma capitale, fecero costruire alcune ville. I proprietari diedero ad esse nomi legati alla città di Roma o a episodi celebri delle guerre risorgimentali proprio per dare risalto al loro ideale politico. Per questo sul monte di Lovere sorgono le ville Palatino, Esquilino, Quirinale, Viminale, Aventino, Celio (casale di servizio alle spalle di villa Pincio), Campidoglio, Gianicolo, Vaticano, Caprera, Quattro Venti, Glori e Suello.

Le eleganti dimore erano caratterizzate da un ricco arredo e da dipinti di artisti celebri all’epoca in gran parte bergamaschi e milanesi. Alcune di esse conservavano anche preziosi cimeli risorgimentali e garibaldini oggi custoditi presso l’Accademia Tadini di Lovere. Sono molto curiose le leggende (menzionate in un cartellone informativo) legate a villa Caprera e la storia della signorina coi piedi di capra, racconti in cui si percepisce un sentimento laico e anticlericale probabilmente contagiato dallo spirito “garibaldino” dei villeggianti dell’epoca.

Procediamo in direzione del paese lungo la strada asfaltata che, ovviamente, porta il nome di via Sette Colli. Mentre camminiamo, con gli occhi andiamo alla ricerca delle ville che incontriamo una dopo l’altra, alcune lungo la strada, altre più lontane e siamo come pervasi da un pizzico d’invidia per le posizioni panoramiche che tali dimore occupano.

Guardandoci intorno siamo anche incuriositi dalla particolare conformazione del terreno che, in alcuni punti, assume le caratteristiche di un ampio terrazzamento: in prossimità del limite verso il declivio, si impenna creando una sorta di avvallamento. Un cartellone illustrativo, strategicamente posizionato, ci chiarisce ogni dubbio: sono i resti dei depositi morenici del ghiacciaio dell’Adamello che milioni di anni fa occupava la valle Camonica spingendosi fino in pianura. Sbirciamo verso il lago e proviamo ad immaginare l’immenso ghiacciaio che ricopriva la valle e il lago. Rimaniamo sbalorditi all’idea delle dimensioni e dello spessore di questo ghiacciaio!

Entriamo nell’abitato di Bossico e percorrendo le strette viuzze del centro storico ci dirigiamo a recuperare l’auto. Nei pressi della Chiesetta di San Rocco ecco la bella Fontana della Pale, recentemente restaurata, che per secoli è stata il luogo di incontro per gli abitanti del villaggio. Poco oltre, inglobato nella recinzione di un’abitazione, non sfugge alla nostra attenzione un grosso masso erratico di Verrucano lombardo, dal tipico color vinaccia, sulla cui sommità è stata costruita una santella. In questa zona interamente costituita da Dolomia non passa sicuramente inosservato. Ancora pochi minuti e raggiungiamo il punto di partenza contenti di aver conosciuto un territorio così ricco di panorami, suggestioni e spunti interessanti.

Gli impegni pomeridiani ci impongono un rientro rapido in città ma torneremo. Anche per assaggiare le rinomatissime rape, le patate dalla particolare dolcezza, gli squisiti formaggi e il caratteristico pane di patate.

P.S. l’itinerario qui descritto è lungo poco più di dieci chilometri con un dislivello complessivo pari a 650 m. Non presenta difficoltà. Tuttavia la recente nevicata potrebbe riservare alcuni tratti con neve o ghiaccio. Prestare attenzione e munirsi di attrezzatura adeguata. Le foto presenti nell’articolo sono state scattate pochi giorni prima della nevicata.

P.P.S. per ulteriori approfondimenti consiglio di visitare il sito bossico.com.

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