Per gustare le prime avvisaglie della bella stagione ci rechiamo in riva al lago di Endine, a Spinone al lago. Mi piace definirlo il più bel lago di Lombardia, per la sinuosità delle sue rive, il verde che lo circonda e le erte cime che lo sovrastano; per certi aspetti richiama un po’ i fiordi scandinavi. Non esistono dubbi sull’origine del nome «Spinone» che è legato al termine dialettale spì, cioè cespuglio spinoso.
Anticamente il paese era il centro più importante della zona e dava il nome anche al lago, lago de Spinon, come testimoniano le mappe di fine 1500 di Cristoforo Sorte, illustre cartografo veronese al servizio della Serenissima. Il Maironi da Ponte nel 1819 raccontava: «ed i suoi abitanti, che non arrivano a duecento, sono tutti agricoltori, o impiegati nella pesca sul lago, il quale nutre una tinca squisita e rinomata». È un vero peccato che si sia persa la tradizione della tinca al forno spinonese.
Riferendosi sempre a Spinone, una novantina d’anni fa, la contessa Winifred Terni de Gregory Taylor, letteralmente innamorata della zona, asseriva: «Aspro di nome, ameno d’aspetto… con un laghetto sognante in una conca verde». L’infatuazione della contessa per questo territorio la indusse, nel 1937, ad acquistare il castello di Monasterolo, ridotto in pessime condizioni, per restituirlo all’antico splendore. Tuttora il castello fa bella mostra di sé sull’altra sponda del lago.
A guidare il cammino di oggi è Carla, spinonese esperta dei sentieri della val Cavallina nonché nostra compagna in occasione dell’escursione al Murlansì.
L’appuntamento è per sabato pomeriggio alle 14 presso il tempietto di San Pietro in Vincoli (345m), un gioiellino d’arte sacra ancora poco conosciuto. La chiesa si trova all’interno in un parco di cedri e cipressi che, nonostante la vicinanza della strada statale 42, riesce magicamente a immergere il visitatore in un’atmosfera bucolica. Risalente con ogni probabilità all’XI secolo, è stata costruita interamente con pietra locale ed è l’unico esempio di architettura romanica del lago di Endine. Il nucleo primitivo, più ridotto dell’attuale, era adibito a luogo di sepoltura per gli abitanti della zona e aveva la facciata rivolta verso il lago.
Tra il XIV ed il XV secolo alcuni lavori di ristrutturazione modificarono sostanzialmente la struttura senza tuttavia compromettere i tratti caratteristici originali: venne modificato l’orientamento spostando l’ingresso verso sud e fu aggiunta una navata, nella quale fu inglobata l’abside preesistente. All’inizio del XVI secolo venne eretto il campanile, ben integrato nell’architettura del complesso, che sfoggia una singolare copertura «a pigna». Al suo interno la chiesa vanta alcuni affreschi cinquecenteschi riconducibili alla scuola di Lorenzo Lotto. Una sbirciatina alla chiesetta è d’obbligo!
Dopo il caloroso saluto di benvenuto con Carla ci ritroviamo a camminare per le strade di Spinone fino ad imboccare la via del tuf. Nelle immediate vicinanze si trova lo stabilimento d’imbottigliamento dell’acqua minerale San Carlo Spinone. La valle del Tuf deve il suo nome alla presenza in alveo di un deposito naturale di travertino, detto anche tufo, che è una roccia di origine vulcanica. Lo scorrimento delle acque attraverso queste rocce ha dato origine ad alcune sorgenti sulfuree fredde, la più famosa è la Fonte spinosa.
L’acqua, conosciuta ed apprezzata fin dall’antichità, venne commercialmente sfruttata a partire dall’anno 1899, inizialmente con un piccolo chiosco, poi con un alberghetto termale e oggi con lo stabilimento per l’imbottigliamento delle acque (fonti San Carlo Spinone). Si narra che il nome sia legato alla figura di San Carlo Borromeo che, di ritorno da una visita pastorale in val Seriana (1575), si dissetò presso la fonte, apprezzando le virtù dell’acqua.
La Fonte spinosa è molto rinomata per le sue qualità terapeutiche tanto che il Comune, quando concesse l’autorizzazione allo sfruttamento commerciale, riservò alla popolazione «il diritto di trasportare acqua agli ammalati dietro ricetta del medico e di berla alla Fonte spinosa gratuitamente». Dal 1982 nei pressi della sorgente è stato attrezzato un parco, il fontanino degli Alpini dove, oltre ad attingere liberamente l’acqua della fonte, si può anche sostare e passeggiare nel bel bosco di carpini e castani.
Il fontanino (405m) si raggiunge in pochi minuti salendo la via del Tuf a fianco del torrente. Presso la sorgente ci abbeveriamo e riempiamo le borracce. Sarà l’effetto placebo, ma mi sento di condividere appieno l’apprezzamento del cardinale Borromeo per l’acqua di questa fonte. Procediamo oltre il fontanino finché la strada diviene un sentiero (segnavia CAI n° 605) e attraversa il torrente con un ponticello. Prima del ponte propongo una breve deviazione lungo la valletta fino a raggiungere la vera Fonte spinosa, riconoscibile da un casottino dall’aspetto molto deteriorato. Ci avviciniamo alla porta d’ingresso e subito avvertiamo l’inconfondibile odore di acqua sulfurea. Sbirciando all’interno si intravedono i tubi di captazione dell’acqua e, sui muri, numerose incrostazioni gialloverdi di zolfo.
Dopo qualche annusata, che non posso certo definire gradevole, torniamo sui nostri passi fino al bivio precedente per seguire il sentiero diretto a Bianzano. Si sale nel bosco e, dopo una decina di minuti, il percorso si innesta su una strada cementata che seguiamo fino a sbucare in corrispondenza del santuario di Santa Maria Assunta (593 m), sul territorio di Bianzano. Superato un antico lavatoio di pietra, attraversiamo la strada provinciale dirigendoci verso il centro del paese. Il nostro sguardo è ripetutamente catturato dalla vista del castello Suardi che, ad ogni passo, assume una fisionomia sempre diversa.
In merito al castello mi piace citare nuovamente le parole del Maironi da Ponte: «La illustre famiglia del conte Zaccaria Suardi vi possiede un vecchio ben conservato castello fabbricato dai suoi antenati verso la metà del decimo terzo secolo, quando appunto in tanto fermento erano le civili fazioni. È cinto di mura merlate con una grande torre nella maggiore facciata, con prigioni, sotterranei, e porta munita di ponte levatoio, ed ha fossa e controfossa. La parte ad abitazione signorile ha dei bei freschi del rinomato Lorenzo Lotto. Peccato che la malintesa religione di qualcheduno ne abbia guastati i bei puttini per coprirne le nudità!». Cosa non darei per vedere quei puttini “rivestiti”!
Dalla piazza di Bianzano (600m) ci dirigiamo ad imboccare via “strada delle Ghiaie” che sale fino all’intersezione con il sentiero partigiano Andrea Caslini (segnavia CAI n° 513). Lo seguiamo per un quarto d’ora fino alla croce degli alpini di Bianzano (817m), posta su un terrazzino aereo. Da quassù il panorama verso il lago è spettacolare… Una sosta è d’obbligo. Mentre ammiriamo il lago dall’alto, Carla ci spiega che tra i compaesani c’è un po’ di perplessità perché quest’anno sono sparite completamente le ninfee dal lago. La buona notizia è che le sue acque, in questi ultimi anni, sono diventate sempre più limpide anche se il fondale sabbioso si è alzato parecchio e il conseguente abbassamento del livello dell’acqua sta favorendo la proliferazione di piante acquatiche fin quasi in superficie. Fortunatamente, da quest’anno, l’ARPA Lombardia ha individuato trenta punti per monitorare la flora lacustre e tenere sotto controllo questi fenomeni.
Il sentiero Caslini continua lungo il crinale, poi aggira il monte Pler per portarsi alla forcella di Ranzanico, nostra prossima tappa. Tuttavia mi sento di consigliare la deviazione per la fonte Valoc, ben indicata da un cartello di legno presso la croce. È una variante paesaggisticamente più interessante. Il percorso procede senza grandi fatiche addentrandosi nella selvaggia valle Rottosa fino a raggiungere la sorgente. Un assaggio di confronto con l’acqua spinosa è d’obbligo e ancora una volta San Carlo Borromeo non delude.
Attraversata la valle si rimonta la collina soprastante dove si intravedono i pascoli della località Cà Spès. Il sentiero, con un ampio semicerchio, raggiunge la sommità della collina dove risaltano, nel verde dei prati, alcune cascine mirabilmente ristrutturate. Raggiungiamo la vicina strada asfaltata (via monte Croce) e la seguiamo a destra, rimontando il versante meridionale del monte Pler. Poco dopo ci ricolleghiamo nuovamente con il sentiero Caslini, e procediamo in direzione della forcella di Ranzanico. Lo scenario è completamente cambiato: camminiamo tra amabili boschetti, pascoli curati e baite panoramiche, mentre i nostri sguardi si affacciano sulla val Gandino. Aggirato il monte Pler, scendiamo rapidamente alla forcella di Ranzanico (958m), punto di partenza di un’altra nostra precedente escursione.
Alla forcella torniamo sul versante del lago per iniziare il percorso di ritorno. Pochi metri oltre il valico imbocchiamo il sentiero CAI n° 618 (cartelli indicatori) che scende verso la freschissima sorgente di Bondo, posta appena sopra il sentiero. Superata la sorgente, il tracciato diviene più ripido e con il fondo un po’ sconnesso. Proseguiamo in diagonale evitando le deviazioni sulla sinistra che conducono a Ranzanico. Il lungo traverso termina su una cementata in località piazza del Vento (Bianzano).
Raggiunto il paese, ci portiamo sulla strada provinciale, all’altezza della curva su cui si affaccia il castello Suardi. Qui inizia la via degli Asini, antica mulattiera di collegamento tra Bianzano e Spinone (segnavia CAI n° 605). Carla dice che viene anche chiamata via del Panno. Ipotizzo che tale nome sia da ricollegare al percorso che i mercanti dei panni di lana della val Gandino facevano per raggiungere la val Cavallina e la val Camonica.
Inizialmente la mulattiera è ampia e carrabile, poi si restringe, mantenendo sempre un bel sedime. A noi pare un bel tracciato, ma Carla ammonisce che può diventare insidioso in caso di fondo bagnato, perché i ciottoli levigati risultano piuttosto scivolosi. La via degli Asini termina proprio nel centro di Spinone.
Prima dei saluti Carla, donna dalle mille risorse, ci illustra alcune interessanti manifestazioni che i gruppi di volontariato di Spinone, consorziatisi nell’associazione G.P.S. (Gruppo Per Spinone), in collaborazione con l’amministrazione comunale, stanno mettendo in campo per la bella stagione. Un ammirevole esempio di unione di forze e di intenti per il bene collettivo. Il programma sarà pubblicizzato nelle prossime settimane.
P.S. L’itinerario qui descritto è lungo 11km circa con 720m di dislivello positivo. Calcolare tre ore e mezza di cammino. Il percorso non presenta difficoltà tecniche.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli)