Incertezza politica e inflazione, ma Icis continua a crescere

L’intervista. Mario Ratti, presidente e a. d. del gruppo con sede a Mozzo: «Mai distribuito un dividendo, il 100% degli utili reinvestiti in innovazione».

«Abbiamo la consuetudine di chiudere il bilancio tutti i mesi, solo così riusciamo ad avere i conti sott’occhio. E posso dire che, anche in questi anni, non abbiamo mai perso denaro». Non ama dare troppi numeri Mario Ratti, ma il messaggio è forte e chiaro. L’Icis, la sua azienda con sede a Mozzo che produce involucri di cartone per Ferrero, Heineken, Kraft, Mondelez, Plasmon, San Pellegrino e tanti altri marchi dell’industria alimentare, sfiorerà quest’anno i 40 milioni di euro di fatturato. E nonostante i grigiori di una congiuntura che toglierebbe il sonno a chiunque, il 2022 per Icis sarà un altro anno di profitti.

«È vero, ci sono momenti in cui si dorme poco la notte. L’inflazione che corre e l’incertezza politica mi preoccupano, non è affatto un bel momento» confessa Mario Ratti, imprenditore di

lungo corso e già presidente di Confindustria Bergamo, quando ancora si chiamava Unione Industriali, e di Sacbo, la società di gestione dell’aeroporto di Orio al Serio. Qualità dei prodotti, l’innovazione spinta al massimo e gli utili di esercizio reinvestiti al 100% nell’azienda; eccola la ricetta del successo di un’azienda che dopo oltre sessant’anni di attività, nel 2020 - in piena pandemia - ha stretto un accordo con una ditta gallese e convinto un produttore di sigarette a modificare uno dei suoi macchinari per fabbricare cannucce di carta da infilare nei bicchieri dell’Estathè, al posto di quelle di plastica. E oggi, a distanza di appena due anni, insieme a quell’azienda Icis produce qualcosa come un miliardo di cannucce (tutte rigorosamente compostabili).

Dopotutto, la transizione ecologica è sempre stato un pallino di Mario Ratti, fin dai tempi della costituzione del Comieco, il Consorzio nazionale di recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica. Comieco che ha fondato con l’allora cartiera Saffa al fine di promuovere la raccolta degli imballaggi esausti di cartoncino e supportando le municipalizzate delle città nella loro azione di comunicazione presso i cittadini per promuovere comportamenti virtuosi al fine di recuperare questa risorsa.

Un’intuizione quasi visionaria, quarant’anni fa.

«Oggi i sistemi di rigenerazione della fibra si sono perfezionati e si riesce a riciclare il macero fino a 21 volte. Poi è arrivata Amazon e ha fatto razzia di tutto il cartone da imballaggio, riuscendo a manipolare aste e prezzi di mercato.Un sistema sgradevole, nel quale c’è qualcuno che approfitta, creando speculazioni. È una situazione che dura da un paio d’anni e non so se si sistemerà nel 2023. Ora il prezzo del cartone da trasformazione dei maceri si è fermato, ma da 490 euro alla tonnellata è arrivato a costare il doppio. Ci sono stati periodi in cui abbiamo dovuto prenotare la carta con tre, quattro mesi d’anticipo, immaginando a novembre quanto materiale ci sarebbe servito ad aprile».

Non proprio un esercizio facile, in una situazione di crisi internazionale come quella attuale.

«Noi però, per fortuna, siamo sempre cresciuti, consolidando i rapporti con i nostri clienti storici. Il comparto alimentare non è andato in crisi, forse il calo dei consumi potrebbe ridimensionare un po’ il settore dolciario, ma i nostri clienti sono aziende molto forti sul mercato e, soprattutto, non li vedo rallentare».

Investire nell’innovazione per restare al passo coi tempi. Mario Ratti, detta così, sembra facile.

«Non abbiamo mai distribuito dividendi; conservare le risorse in azienda dà la possibilità di acquisire tecnologia sempre innovativa. In queste settimane stiamo montando un macchinario da 4,5 milioni di euro nel nostro stabilimento di Ala, in provincia di Trento. Alla fine del 2020 abbiamo installato una fustellatrice, la quarta, del valore di 2,3 milioni per tagliare, piegare e incollare cartoncino. Ma i macchinari possono comprarli tutti: da noi l’innovazione si inserisce in tutto il processo di produzione e persino nel sistema di pianificazione che prende in considerazione la materia prima, il metodo per realizzare le matrici, il modo di fare arrivare la carta sulle linee di stampa e il finissaggio, che è fondamentale».

Prevede altri investimenti per il 2023?

«Penso di no, a meno che non si presentino occasioni davvero favorevoli. Prevedo di consolidare le attività di quest’anno. Ma stiamo continuando a investire, per esempio, sulla società che produce cannucce, insieme a un partner gallese, che sta facendo numeri davvero spropositati».

Lei si presenta in azienda alle 5.30 del mattino. I suoi operai, ormai, sono abituati a vederla arrivare prima dell’alba.

«Qualcuno, quando mi vede, mi fa un cenno con la mano, altri salgono a salutarmi. Con loro parlo spesso, non li ho mai riuniti così tanto come in questi mesi. L’ho fatto a Mozzo, dove abbiamo 94 dipendenti, ma anche ad Ala, dove lavorano 42 persone e anche nello stabilimento francese di Orchies, vicino a Lille, dove sono in 17. Lo faccio per dire che l’azienda c’è, anche e soprattutto in questo momento difficile. È un modo per trasmettere fiducia e tranquillità».

Come avete reagito al rialzo dell’inflazione?

«Abbiamo distribuito subito delle tessere da 250 euro e a settembre ci sarà il contributo una tantum di 200 euro per la benzina. Da 22 anni, poi, abbiamo la quattordicesima, che eroghiamo sempre ad agosto. Quest’anno abbiamo anticipato il 50% a luglio, pensando alle mogli dei nostri collaboratori e al fatto che i saldi iniziano in quel periodo. L’altro 50% sarà distribuito con la busta paga di agosto. Vedremo cosa succederà in autunno, sarà quello il momento più critico».

Teme una contrazione dei consumi?

«Probabilmente avverrà, ma non mi preoccupa tanto perché al momento abbiamo un eccesso di lavoro, tant’è vero che quest’anno per la prima volta non riusciremo a rispettare la pausa d’agosto. Abbiamo ordinativi abbastanza impellenti e stiamo cercando personale, ma facciamo fatica a trovarlo. Non ci sono autisti, per esempio, e purtroppo in primavera – nel momento in cui tutte le aziende assumevano – ci sono state portate via ben tre persone che costituivano una funzione precisa della società, di cui siamo stati in questo modo privati. È stata un’operazione sgradevole, fastidiosa, che purtroppo non abbiamo potuto impedire. In quel periodo, poi, sono saltate altre posizioni, due al magazzino, due in fabbrica e un autista».

L’instabilità a livello internazionale la preoccupa?

«Quella sì. Sono tra quelli che non ha mai pensato che Putin si sarebbe fermato. Vedo con preoccupazione a ciò che potrebbe succedere in Europa, ma anche a Taiwan. Non è un bel momento e mi sorprende come la nostra gente sia disattenta a quello che sta accadendo».

E la crisi politica italiana?

«Mi sconvolge, sono sincero. La presenza di Mario Draghi era un’opportunità da non perdere; in poco tempo ha dato tanti segnali importanti di apertura al mondo. È stimato ed apprezzato. Il momento non è facile; spero che l’elettorato dia qualche segnale, ma c’è troppo poco tempo e non sono molto fiducioso».

© RIPRODUZIONE RISERVATA