Al gelo e al buio, Ucraina umiliata

Mondo. Giustamente nei giorni scorsi l’Europa ha vissuto ore con il fiato sospeso, dopo che un missile attribuito ai russi è esploso in Polonia ed ha ucciso due operai. Le verifiche successive hanno chiarito che il colpo era invece un ordigno della contraerea ucraina, sparato, come succede spesso ogni giorno, per distruggere razzi del Cremlino.

Se fosse stata vera la prima versione, la Nato avrebbe potuto reagire in base all’articolo 5 del suo statuto (le nazioni dell’Alleanza atlantica «concordano che un attacco armato contro una o più di esse, sarà considerato un attacco contro tutte»). In quelle stesse ore un’ottantina di missili di Mosca colpivano città e villaggi ucraini, prendendo di mira in particolare centrali elettriche e acquedotti, seguendo un canovaccio disumano consolidato nelle ultime settimane. Mentre il cuore del conflitto resta il Donbass, il Cremlino ha gioco facile nel bersagliare obiettivi civili utilizzando razzi di nuova generazione acquistati dall’Iran, precisi, veloci e in grado di fare danni fino a 5mila km di distanza. La contraerea di Kiev ne abbatte molti, insieme ai micidiali droni esplosivi kamikaze riforniti sempre da Teheran, ma la pioggia di fuoco è tale che la risposta non è sufficiente. Il risultato è drammatico: 10 milioni di ucraini sono completamente senza elettricità, tra i quali 4,5 milioni privati pure dell’acqua. Sono invece 7 milioni le persone con la corrente e l’acqua razionate, più altre milioni senza gas. I blackout, in parte rimediabili e che mettono fuori uso anche internet e telefoni, colpiscono pure ospedali, costretti a ricorrere a generatori, e scuole, rendendo impossibile fra l’altro la didattica a distanza degli studenti profughi in Europa, che ha permesso loro di mantenere un rapporto con la propria classe.

In questi giorni ha nevicato e le temperature sono scese a meno 10°, ma nelle notti delle prossime settimane caleranno fino a meno 20°-30°

La tempistica della cinica strategia militare non è casuale: l’Ucraina è lo Stato più freddo dell’Europa continentale. In questi giorni ha nevicato e le temperature sono scese a meno 10°, ma nelle notti delle prossime settimane caleranno fino a meno 20°-30°. Un gelo che comporta l’aumento dei consumi energetici e di gas, sovraccaricando anche le reti non messe totalmente fuori uso dai bombardamenti, ma comunque indebolite. Così secondo il capo della più grande azienda energetica privata ucraina, la «Dtek», i cittadini dovrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di lasciare il Paese per ridurre il peso sulla rete elettrica: «Se riescono a trovare un posto alternativo dove stare per 3 o 4 mesi, sarà molto utile per il sistema», ha detto. L’effetto dei raid ha aggiunto mezzo milione di sfollati interni ai 6 milioni in fuga dall’inizio dell’invasione. Vengono ospitati soprattutto nella regione di Leopoli, dove da mesi operano associazioni e organizzazioni non governative locali e internazionali, oltre agli enti religiosi. Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina e arcivescovo maggiore di Kiev, monsignor Sviatoslav Shevchuk, ha dichiarato: «Noi facciamo di tutto per accogliere, apriamo loro i nostri cuori, le nostre case, li riscaldiamo, li nutriamo: facciamo di tutto per servire le persone che si sono trovate nella situazione difficile durante la guerra». È un inverno in «modalità sopravvivenza» secondo il direttore del Centro di ricerca ucraino sull’energia, Oleksandr Kharchenko. Il governatore della regione di Kiev, Oleksiï Kuleba, ha invece invitato la popolazione a fare scorte di cibo e acqua, a spostamenti brevi e programmati.

Gli Stati Uniti restano in pressing ma c’è anche uno scenario drammatico: Mosca aspetterebbe l’arrivo in prima linea di 200mila riservisti in addestramento per sferrare un’offensiva su tre linee a Sud

Ma qual è lo scopo dello strozzamento di un Paese privandolo di risorse vitali? Vladimir Putin spera nella rivolta della popolazione contro il presidente Volodymyr Zelensky. Un obiettivo ancora una volta illusorio: secondo un sondaggio di un istituto di ricerca legato all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, il 67% degli ucraini sostiene il suo governo e il 72% continua a credere nella campagna militare. Le posizioni delle parti in vista di possibili colloqui intanto mutano in continuazione: il Cremlino ha dichiarato la disponibilità a negoziare senza condizioni, poi ha ribadito che non è in discussione la restituzione delle quattro regioni ucraine annesse con i referendum farsa di settembre (peraltro vietata dalla Costituzione, recentemente emendata allo scopo); il governo di Kiev ha approvato una legge che proibisce trattative con Putin, poi si è detto pronto ma mettendo come condizione il ritiro completo dell’esercito russo; infine c’è stata un’apertura a colloqui anche sotto occupazione. Gli Stati Uniti restano in pressing ma c’è anche uno scenario drammatico: Mosca aspetterebbe l’arrivo in prima linea di 200mila riservisti in addestramento per sferrare un’offensiva su tre linee a Sud, mentre si registrano esercitazioni di truppe in Bielorussia, da dove avvierebbe un attacco di nuovo su Kiev, dopo quello fallito nel marzo scorso. Se si dovesse realizzare questo scenario, l’Ucraina martoriata e resistente affronterebbe un altro tragico e sacrilego bagno di sangue. Non possiamo assuefarci a questo orrore.

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