Droni e voto Onu, allerta a Mosca

MONDO. I due droni che sono arrivati sul Cremlino sono certo un attentato.

Ma non alla vita di Vladimir Putin, come dichiarano i portavoce del Cremlino, ma a qualcosa di ancor più importante, alla fierezza del popolo russo che proprio su quella Piazza Rossa, il 9 maggio, dovrebbe celebrare il rito più sentito dell’anno: la parata del Giorno della Vittoria, il ricordo del trionfo sull’invasore nazista che costò al Paese 25 milioni di morti, per due terzi civili. I russi non parlano mai di «seconda guerra mondiale», come facciamo noi, ma di «grande guerra patriottica». È a questo sentimento di doloroso orgoglio e di enorme fierezza che puntavano quei droni. E non hanno mancato il bersaglio, come peraltro dimostrano le invettive dei politici russi che ora esortano le forze armate a colpire il Palazzo presidenziale di Kiev, a radere al suolo il Parlamento ucraino e ad esercitare altre assurde misure di rappresaglia.

I portavoce del presidente Zelensky, per parte loro, hanno negato che i droni siano partiti dall’Ucraina, dicendo invece che l’attacco è venuto da una rete di partigiani russi. Un ottimo spunto di propaganda per dare l’idea che Putin e i suoi non controllano più la Russia, aggiungendo quindi la beffa al danno. In realtà, da tempo gli ucraini stanno prendendo le misure ai cieli russi. Ieri, poche ore dopo quelli arrivati a Mosca, un altro drone è caduto nei pressi di Kolomna, città a un centinaio di chilometri dalla capitale. Dieci giorni fa i resti di un drone, peraltro armato di esplosivo, erano stati rinvenuti a Bogorodsk, nella regione di Mosca. E prima ancora un altro relitto era spuntato a Gubostovo, di nuovo non lontano da Mosca. Questi velivoli senza pilota possono percorrere anche 800 chilometri e, per fare un solo esempio, la capitale russa ne dista solo 570 da Sumy, città ucraina non lontana dal confine.

Certo è che questo episodio arriva in un momento piuttosto complesso per il Cremlino. In patria per le ragioni cui abbiamo accennato. La Parata del 9 maggio è sempre stato il momento classico non solo per rendere omaggio ai coraggiosi del passato ma anche per glorificare la rinata potenza russa. E oggi? Il clima non pare propizio a certe operazioni: il Centro Levada, il maggior istituto di ricerca sulla pubblica opinione, ha chiesto ai russi se ritengono già superate o ancora da superare le difficoltà legate alla guerra e alle sanzioni. Il 52% ha risposto che il peggio deve ancora venire, con i più pessimisti tra gli over 55, che di solito sono il pubblico principe della parata e i primi elettori di Putin.

Poi c’è la situazione sul campo, con lo spettro della tanto annunciata controffensiva ucraina. Se mai partirà (i generali della Nato dicono che l’Ucraina ha ricevuto il 96% degli armamenti promessi e che dispone di 40 brigate da 4mila uomini ciascuna), Putin non può permettersi errori. La controffensiva dell’autunno scorso costrinse i russi a cedere metà del territorio conquistato con l’invasione del 24 febbraio 2022; un’altra ritirata di quelle proporzioni farebbe tornare le truppe russe ai confini e, in Russia, potrebbe generare un vero terremoto politico.

E infine c’è la situazione internazionale. Com’è noto, Cina e India, che finora si erano attenute a una rigorosa neutralità, all’Onu hanno votato una risoluzione in cui si parla di «aggressione della Federazione russa all’Ucraina». Per non destare troppe attese, va precisato che di «aggressione» si parla in una sola riga delle premesse di una risoluzione di 11 pagine che poi tratta tutt’altro. Però è un segno. Arrivato subito dopo che il leder cinese Xi Jinping aveva telefonato al presidente ucraino Zelensky, con una mossa attesa da mesi e che aveva generato l’immediato scambio di rappresentanti ufficiali: un ambasciatore cinese a Kiev, un inviato speciale ucraino a Pechino.

Le reazioni stizzite di Mosca hanno fatto capire che di quella telefonata, come pure del resto, il Cremlino avrebbe fatto a meno. Cina e India, con i loro commerci, hanno molto aiutato la Russia a resistere alle sanzioni. E hanno tuttora interesse a comprare petrolio e gas russi con lo sconto, non solo per far marciare le proprie industrie ma anche per renderle più competitive nel mondo. Ma nulla dura per sempre e Xi Jinping, come sempre, mostra di voler giocare in proprio. Segnali quantomeno dubbi per Mosca sulla tenuta delle sue alleanze.

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