Impegnata e solidale, generazione da ascoltare

GMG 2023. Sono un milione e mezzo i giovani di tutto il mondo che hanno partecipato in questi giorni alla Gmg di Lisbona. Le immagini trasmesse dal drone che ieri sorvolava il Campo da Graça, durante la Messa finale con Papa Francesco, erano suggestive e impressionanti.

Ma non è certo un numero, per quanto significativo, a spiegare il senso di questo evento, il primo dopo la pandemia, svoltosi per di più in un continente dove è in atto una guerra. Offre piuttosto un’occasione per riflettere su questa generazione di giovani, che viene spesso (a torto) dipinta come volubile, fragile, incapace di attenzione, profondità e impegno. Una generazione che fatica a farsi spazio in un mondo che sembra offrirle soprattutto precarietà.

Ogni Gmg si svolge in uno straordinario ed emozionante clima di festa «globale», ma è soprattutto un pellegrinaggio. Implica la necessità di affrontare sfide, imprevisti, ostacoli. Per partecipare, bisogna essere disposti alla pazienza e al sacrificio, anche nelle piccole cose quotidiane, come affrontare lunghe code per procurarsi il cibo e fare la doccia, dormire in un sacco a pelo sul pavimento di una palestra. L’arma segreta di tutti questi giovani, come ha ripetuto più volte Papa Francesco negli ultimi giorni, è la gioia, che non va intesa come un sentimento ingenuo, ma come uno sguardo positivo e pieno di speranza che si posa sul mondo, con il potere di trasformarlo. Una gioia così importante che può diventare «missionaria», anche (ma non solo) in una prospettiva di fede: «Non tenetela per voi, donatela agli altri» dice il Papa, e non ci sembra banale in un clima dominato dal pessimismo e dall’individualismo, nel pieno dell’era dell’incertezza.

Nei volti di questi giovani ci sembra di intravvedere frammenti di speranza, e se vogliamo che siano davvero «la generazione destinata a costruire un mondo più bello e più fraterno» spetta agli adulti ascoltarli, accompagnarli, offrire loro spazi e opportunità, aiutarli a puntare in alto e a trovare la loro vocazione, quella che illumina la vita e spinge a mettere le ali. La loro presenza alla Gmg è un segno del desiderio di impegnarsi, di esprimersi, di esserci, di incidere sulla realtà e sulla vita della Chiesa, di cui sono parte attiva: animatori nei Cre, volontari in tanti ambiti diversi, motore degli oratori, generosi, a volte critici, non sempre considerati per la loro capacità creativa.

Abbiamo molto da imparare da loro, dalla volontà e dalla tenacia che dimostrano mettendosi in gioco, disposti anche a rischiare. Dall’attenzione e la cura che sono capaci di dedicare ai rapporti con gli altri, dall’interesse e dalla serietà con cui considerano temi importanti come l’ambiente e l’amicizia sociale, che comprende anche un atteggiamento di accoglienza nei confronti delle persone fragili. Dalla loro attitudine alla solidarietà reciproca e al servizio. È importante riconoscere loro un ruolo e saperli prendere sul serio.

Questo raduno internazionale può essere considerato anche una sorta di laboratorio di unione, di incontro tra culture, di democrazia e di pace. Lo diventa sul campo, attraverso le piccole e grandi esperienze che i ragazzi vivono insieme, in un cammino che in fondo rispecchia anche se in forma diversa quello sinodale. La Gmg può offrire insomma molte tracce di riflessione alla «valle della vita quotidiana», come indica Papa Francesco: «Anche noi abbiamo bisogno di qualche lampo di luce per affrontare il buio della notte, le sfide della vita, le paure che ci inquietano, l’oscurità che spesso vediamo attorno a noi», e condividere con i giovani la voglia di costruire insieme, con slancio e coraggio: «Non temete».

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