Perché Putin all’angolo è un rischio per tutti

Il colonnello Konashenko, portavoce delle forze armate russe, può ripetere fin che vuole la versione ufficiale, e cioè che le truppe si ritirano di decine di chilometri per «raggrupparsi» e «riorganizzarsi». Purtroppo per lui, e per il Cremlino, non ci crede nessuno. L’esercito russo si «raggruppa» e si «riorganizza» solo perché si è fatto sorprendere e travolgere da un’offensiva che gli stessi vertici ucraini avevano annunciato per settimane. Nelle dichiarazioni dei fedelissimi del presidente Zelensky, quelli almeno sopravvissuti alle «purghe» di luglio.

Ma soprattutto nelle azioni sul campo: la concentrazione di truppe, l’ammasso di mezzi corazzati, i bombardamenti mirati sulle strutture (depositi di munizioni, ponti, strade) che avrebbero dovuto sostenere le truppe russe nel momento, appunto, dello scontro campale.

Il tutto ha dell’incredibile. Possibile che i russi non abbiano un sistema di raccolta informazioni nel campo nemico? Nessun infiltrato? Nessuna spia? L’esercito russo ha un servizio di intelligence, il GRU (Glavnoe Razvyedivatel’noe Upravlenye, Direttorato principale per l’informazione), a cui noi occidentali attribuiamo le più formidabili nefandezze quanto a spionaggio e hackeraggio dei nostri segreti. Forse il GRU in Ucraina dormiva? E gli strateghi del ministero della Difesa? I generali sul campo?

Quella di quest’ultima settimana è una sconfitta pesante non solo per le conseguenze sul campo, pure importanti, ma anche perché rivela una fragilità di sistema che, dal punto di vista di una Russia che vuole sfidare Usa ed Europa, è almeno inquietante. Vladimir Putin doveva aver intuito qualcosa perché a Vladivostok, dov’era arrivato per il Forum economico dell’Oriente e le esercitazioni militari «Vostok 2022», aveva convocato un’improvvisa riunione con il ministro della difesa Shoigu e il capo di stato maggiore Gerasimov. Troppo poco, troppo tardi.

Riesce difficile immaginare come possano restare in carica, a questo punto, il generale Sergey Suvorikin, comandante in capo del corpo di spedizione russo, il capo di stato maggiore Valery Gerasimov e il ministro Shoigu. Può darsi che Putin decida di sposare quella che è stata finora la linea ufficiale, propagandata dalle Tv (e sbugiardata dagli infiniti canali offerti dalla Rete): non è successo niente. Credendo che possa bastare lo spettacolo incredibile di due giorni fa quando, mentre i soldati in Ucraina morivano in trincea o correvano all’indietro, il Presidente inaugurava una ruota panoramica a Mosca e il ministro si congratulava con gli uomini delle truppe corazzate per il Giorno del carrista.

In realtà oggi Putin si trova a un bivio, pericoloso per lui, per la Russia e per noi. Può proseguire nella tattica scelta da 24 febbraio, quella della «operazione militare speciale», della guerra-non guerra, nella convinzione che la mera massa di fuoco possa sopperire alle scarse forze messe in campo: almeno 50 mila uomini meno degli ucraini, che hanno peraltro varato la mobilitazione generale. Ma gli eventi dell’ultima settimana dimostrano che, di fronte a un esercito ucraino che era già forte prima della guerra (più di 200 mila soldati e una spesa per la Difesa, nel 2021, del 4,2% del Pil), e ora è finanziato, addestrato, armato dagli Usa e dall’Europa (e dalla Turchia) e informato dalle loro intelligence, oltre a essere molto motivato, questa tattica non funziona.

Ma l’alternativa qual è? Ritirarsi, accettare la sconfitta, pagare i 300 miliardi di danni di guerra che l’Ucraina ha calcolato? Per Putin sarebbe la fine e sull’onda dell’umiliazione difficilmente arriverebbe al Cremlino un Gorbaciov 2, un leader conciliante, pacifista, disposto ad adottare le decisioni e i valori dell’Occidente. Più facile prevedere l’irruzione di un leader duro e intransigente, espressione dei siloviki (gli uomini degli apparati di sicurezza e difesa) che sono sempre decisivi negli equilibrii del potere russo.

Putin ha un’altra, terribile, possibilità. Cedere alle pressioni dei falchi (ora più che mai aggressivi) che da tempo chiedono una guerra vera, dichiarata, con la mobilitazione generale e un impegno militare totale e senza freni contro l’Ucraina. Prospettiva angosciante, forse una scorciatoia verso la terza guerra mondiale. Putin, dal punto di vista politico, è all’angolo. Ha fama di leader freddo e calcolatore. Con gli scenari che si prospettano, speriamo che ne sia all’altezza.

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