Usa-Cina, Kissinger e il suo realismo

MONDO. Nel giro di un mese, gli Usa hanno spedito a Pechino prima il segretario di Stato Anthony Blinken, poi la ministra del Tesoro Janet Yellen e infine John Kerry, l’inviato speciale del presidente Biden per i problemi dell’ambiente.

Personaggi importanti e dotati di carisma ed esperienza. Ebbene, nessuna delle loro visite ha avuto la risonanza di quella di un signore che ha compiuto 100 anni il 27 di maggio e che, almeno in teoria, non ha alcun potere pur avendone avuto molto in passato: Henry Kissinger.

Già l’idea di un centenario che prende il suo bastone e dagli Usa vola a Pechino per incontrare l’intero gotha della politica cinese, e discutere da pari a pari con dirigenti che hanno quarant’anni meno di lui, fa una certa impressione. A prescindere, anche senza la malignità di chi paragona quella vivacità a certe defaillances del più giovane presidente Biden.

Ma a colpire ancor più è l’essenza politica di questa visita. Il viaggio di Kissinger era «un’iniziativa privata», come hanno precisato i portavoce della Casa Bianca. Il fatto è che il signor Kissinger è stato ricevuto da Wang Yi (responsabile della politica estera del Partito comunista cinese), dal generale e ministro della Difesa Li Shangfu (che dal 2018 è colpito da sanzioni americane) e infine dal presidente Xi Jinping. Molti capi di Stato e di Governo farebbero carte false per una simile accoglienza. Di più: i media cinesi non hanno smesso di ricordare che Kissinger è stato più di 100 volte in Cina e di esaltare il ruolo che ebbe nel riavvicinamento tra Usa e Cina del 1971-1972. Prima (1971) recandosi in segreto in Cina per incontrare il premier Zhou Enlai, poi (1972) realizzando la famosa visita del presidente Nixon e l’incontro di questi con il presidente Mao, un’iniziativa diplomatica che, ha detto con ragione Xi Jinping, «portò benefici ai due Paesi e cambiò il mondo».

Non si è trattato, ovvio, solo di un simpatico amarcord tra vecchi marpioni della politica internazionale. Coprendo Kissinger di feste e onori, la dirigenza cinese ha mandato alla Casa Bianca un preciso messaggio. Gli Usa e la Cina dei primi anni Settanta erano, se possibile, ancora più distanti degli Usa e della Cina attuali, eppure trovarono modo di parlarsi, intendersi e, alla fine, sopportarsi per il reciproco interesse. Perché non si riesce a farlo anche oggi? La risposta dei cinesi è: perché a Washington manca il realismo che invece caratterizzava la visione di Kissinger, manca la volontà di incontrarsi a metà strada.

È chiaro che si tratta di una spiegazione semplicistica. Molte cose sono cambiate da quei tempi. Allora la Cina di Mao voleva affrancarsi dalla vicina Unione Sovietica, con cui i rapporti erano conflittuali da almeno un decennio ed avevano anche sfiorato la guerra aperta. Nulla serviva allo scopo più di un’intesa con gli Usa. Adesso Cina e Russia sono alleate proprio in funzione anti-americana. Altro esempio: la potenza economica cinese ora sfida quella Usa, allora il distacco era siderale. Ma quando i cinesi invitano gli Usa a recuperare il «realismo» kissingeriano, fanno nel loro solito modo obliquo un discorso duro: la Cina non è più un gigante addormentato, non è contenibile, è una potenza vera. Dialogare, patteggiare, è meglio per noi ma anche (soprattutto?) per voi.

Si può essere d’accordo o no. Non si può, però, non ammirare la coerenza di Kissinger, da molti decenni fedele a una strategia di politica internazionale che viene appunto chiamata «realismo» ma che, per essere più precisi, potremmo definire dell’idealismo cinico. Non è mai stato in dubbio che il suo unico scopo fosse la promozione degli interessi Usa e occidentali. Lui, però, si riservava di giocare tutte le carte possibili senza basarsi, come invece è avvenuto negli ultimi decenni, su grandi dichiarazioni di principio appoggiate alla forza. Non si contano gli accordi firmati da Kissinger (compreso il SALT 1 con l’Urss per regolare la corsa agli armamenti), ma non ce n’è uno che possa essere considerato un cedimento o una resa. Gli altri cambiano, non lui. Caso quasi unico negli Usa, ha sostenuto la necessità del negoziato tra Russia e Ucraina. Così si è ritrovato su Mirotvorets, il sito che censisce i presunti nemici dell’Ucraina e incita a eliminarli. Proprio lui, con tutti gli «scherzi» che fece ai russi!

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