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Smart working a Bergamo, già 140mila lavoratori da casa

Articolo. In meno di tre settimane le posizioni cresciute e dopo la crisi possibile accelerare il lavoro da remoto. Un trend ancora in crescita. L’esperto: «Più produttività e calo dell’assenteismo»

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Il lavoro agile disegna il suo futuro

Decolla il lavoro agile in tempo di emergenza virus. A Bergamo, dopo tre settimane dall’esplosione della crisi coronavirus ,sono poco più di centomila a sfiorare quota 140 mila, di cui 127.072 dipendenti, 8.773 quadri e 2.610 manager, secondo i dati Cisl Bergamo, ma confermati anche da altre fonti: tutti concordano come ci siano potenzialità per arrivare a quota 200 mila. Sono i lavoratori che, vista l’emergenza sanitaria e le restrizioni in atto, stanno svolgendo il lavoro da casa o da remoto, secondo modalità del cosiddetto smart working. Pratica in uso già prima in alcune aziende bergamasche, come Tenaris, Ubi e Bonduelle o in enti pubblici come il Comune di Bergamo, ma che ora è dilagata, accelerando in Italia un processo che fino a pochi mesi fa era tra i più lenti in Europa.

Eppure è facile intuire che, passata l’emergenza, potrà diventare una pratica molto più diffusa. Portata al centro dell’attenzione dall’emergenza Coronavirus con il Decreto del 25 febbraio 2020 che allenta le maglie di una legge in vigore nel nostro Paese dal 2017, questa modalità di lavoro è stata finora appannaggio di pochissime realtà.

In Italia infatti, fino a pochi mesi fa, solo 354 mila lavoratori dipendenti (2% del totale, secondo i dati della Fondazione Consulenti del lavoro), erano lavoratori agili. Una cifra che colloca l’Italia tra i Paesi europei più restii a questa nuova modalità di organizzazione del lavoro, visto che la media europea (dati Eurostat) nel 2018 si aggirava attorno all’11,6% col picco massimo del 31% di Svezia e Olanda.

Si tratta, però, di dati sottostimati, secondo Luca Brusamolino, esperto di smartworking e a.d. insieme all’altro fondatore, Simone Casella, di Workitect: «Il dato italiano dei dipendenti “agili” è sottostimato – spiega Luca Brusamolino – in quanto non comprende coloro che di fatto adottano queste forme di lavoro, ma le cui aziende non ne avevano ancora formalizzato le procedure. Lo smart working, poggia su tre pilastri: tecnologia, nuovi comportamenti delle persone che presuppongono nuovi accordi più ancorati ai risultati e nuovo modo di concepire lo spazio anche all’interno dell’azienda».

Novità che determinano benefici, basti pensare che ad esempio il gruppo Bonduelle di San Paolo d’Argon col progetto di smart office è riuscito a ridurre gli spazi di archiviazione del 50%, digitalizzando alcuni processi. Ma digitalizzazione e riduzione degli spazi, con relativa riduzione dei costi di gestione, sono solo alcuni aspetti positivi: «Altri benefici –aggiunge Brusamolino – riguardano l’aumento della produttività attorno al 15-20%, la riduzione del tasso di assenteismo e del turnover, maggior attrattività per i giovani, riduzione dei costi di gestione del personale per straordinari e soprattutto la continuità dell’operatività in casi emergenziali come quelli che viviamo oggi».

In effetti, se le aziende che avevano già intrapreso questa strada oggi si sono rimaste totalmente operative senza problemi, molte altre si sono dovute muovere in fretta, risolvendo prima di tutto questioni giuridiche per poi affrontare il tema del gap tecnologico.

Una potenzialità di otto milioni

E domani cosa succederà? Beh, ipoteticamente considerando che i lavoratori dipendenti italiani occupabili in lavoro agile sono 8 milioni 359 mila, se anche solo ad un terzo di loro fosse concessa la possibilità di lavorare saltuariamente o stabilmente in modalità «agile» una volta finita l’emergenza coronavirus si raggiungerebbero i 2 milioni 758 mila, poco meno dei lavoratori che oggi, ai tempi del coronavirus stanno lavorando da casa in Lombardia. «Credo che le aziende– commenta Luca Brusamolino, esperto di smart working –, una volta tornati alla normalità, renderanno questo tipo di lavoro più strutturato e organizzato». Certo lavorare da casa non è sempre efficiente, con collegamenti e reti ogni tanto «ballerine»: ecco perché una valida alternativa è rappresentata dai coworking, spazi opportunamente organizzati per lavoratori anche di diversi settori, spesso dotati di servizi che spaziano dalla ristorazione alla partecipazione di eventi.

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