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Per le aziende la parola d’ordine è esportare: un 2021-22 pieno di opportunità

Articolo. In un mondo economico sempre più fluido e globale, senza le vendite nei Paesi esteri le nostre imprese rischiano di perdere costantemente quote di mercato. Le stime di annunciano un biennio 2020-2021 che dovrebbe offrire tante opportunità.

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In un mondo economico sempre più fluido e globale, senza le vendite nei Paesi esteri le nostre imprese rischiano di perdere costantemente quote di mercato. Il che significa, nella stragrande maggioranza dei casi, registrare un calo del fatturato e, fatto ancora più preoccupante, rischiare nel tempo di dover ridurre le forze lavoro.

Se quindi nei decenni scorsi puntare sull’export è stata una buona intuizione da parte delle nostre imprese più lungimiranti, ora vendere oltre confine è diventata una necessità, anche per le piccole e medie imprese.

A maggior ragione sapendo che il valore delle esportazioni italiane di beni e servizi nel 2019 è stato pari a 585 miliardi di euro.

 

Questo tra l’altro ha consentito un saldo attivo della bilancia commerciale italiana di 53 miliardi di euro; e inoltre che il peso delle esportazioni sul Pil del nostro Paese è in crescita da dieci anni (dal 24,9% del 2010 al 31,7 del 2019).

Buono l’apporto delle imprese made in Bergamo, che - come confermano i dati della camera di commercio - con oltre 16,3 miliardi di controvalore di prodotti e servizi esportati rappresentano circa il 2,8 % del dato nazionale

Tutta la Lombardia invece (prima regione italiana) vale il 27% delle esportazioni, seguita da Emilia-Romagna (14,1%) e Veneto (13,7%).

Il quadro emerge molto chiaramente nei rapporti (2018-2020) stilati dall’ICE - ITA Italian Trade & Investment Agency (l’Agenzia governativa per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica (Istat).

 

I Paesi stranieri che nel 2019 hanno registrato gli incrementi maggiori per l’export delle nostre imprese ci fanno volare da un continente all’altro.
Al primo posto il Giappone (circa il 20%), seguito dalle vicine Svizzera (17%) e Croazia (14,5%). Poi, con crescite tra il 9,5% e circa il 5%, rispettivamente Canada, Stati Uniti, Corea del Sud, Arabia Saudita, Belgio, Regno Unito e Russia; chiudono attorno al +2,5% Brasile, Svezia, Francia e Portogallo.


Il rapporto dedica oltre 400 pagine al commercio estero e alle attività internazionali delle imprese italiane, confrontando i dati registrati negli ultimi dieci anni.

I numeri confermano che lavorare con l’estero consente alle imprese di essere più competitive e di crescere di più (mediamente il fatturato delle imprese esportatrici è cresciuto dello 0,5% in più rispetto a quelle attive solo sul mercato nazionale).

Anche se il dato delle imprese che esportano resta relativamente contenuto (poco più del 4% del totale), le stesse sono state capaci di conquistare circa il 3% dell’export mondiale.

Nel quadro generale, l’economia italiana conferma di essere trainata dalle piccole e medie imprese. In base ai dati Istat dell’annuario 2019 sul totale delle imprese presenti sul territorio italiano nel 2017 (4 milioni e 398 mila) il 95% sono di piccole dimensioni (massimo 9 addetti) e impiegano il 44,5% degli addetti totali (oltre 17 milioni).

 

Analizzando l’ultimo rapporto Ice 2019-2020, la metà del valore dell’export italiano è stato generato dalle Pmi, circa il 150% in più rispetto al contributo alle esportazioni dato dalle Pmi della Germania e della Francia (il 20% del totale) e il 25% di quelle inglesi.

 

Sul totale degli operatori italiani (135.760), quasi il 90% fattura esportazioni per importi sino a 2,5 milioni di euro, ma di questi ben il 57% non incassa oltre i 75mila euro. In questo senso ci sono ancora moltissimi margini di miglioramento, ed è bene farlo perché l’export sarà sempre di più vitale per le nostre imprese.

Nei vari report citati emerge infatti che solo una pandemia mondiale è riuscita a bloccare un trend che prevedeva nuove crescite importanti per chi vende all’estero.

 

Nei primi cinque mesi del 2020 l’export è diminuito mediamente del 16%, ma le stime parlano di una forte ripresa delle esportazioni già da quest’anno, con incrementi attorno al 20% per quelle verso Repubblica Ceca, Romania, Cina, Polonia e Russia, poi Turchia, Hong Kong, Ungheria e Germania e mezza Europa, sino al 10% di Stati uniti e Giappone. Una grande opportunità per le nostre imprese, a partire dalle pmi.

Perché, come evidenzia Sace Simest, la realtà del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti specializzata nel sostegno alle imprese italiane, in particolare le pmi, che vogliono crescere nel mercato globale, si è spesso erroneamente indotti a pensare che l’export sia alla portata soltanto di imprese di grande dimensione, soprattutto se tali investimenti sono rivolti a mercati extra-europei. In realtà quasi il 60% delle imprese italiane che hanno scelto di esportare contano meno di dieci dipendenti.

E il passo si può davvero fare, anche perché per finanziare le nostre aziende e aiutarle a sbarcare sui mercati internazionali non ci sono solo i canali tradizionali. La finanza agevolata è poco sfruttata (rappresenta solo il 4% delle fonti) ma i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea rappresentano una grandissima opportunità della quale torneremo presto a parlare.

I video di Ice, Italian Trade & Investment Agency

https://www.ecodibergamo.it/videos/video/e-riparti-con-ice-il-video-per-il-rilancio-post-pandemia_1050232_44/

https://www.ecodibergamo.it/videos/video/ice-italian-trade-amp-investment-agency-il-video-istituzionale_1050233_44/

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