Non pensare all'elefante rosa
Traffic Gallery inaugura la mostra bipersonale di HYUN CHO e GIULIO ZANET in collaborazione con Galleria Ramo, curata da Sara Parolini che sarà possibile visitare fino al 7 dicembre.
Traffic Gallery, in collaborazione con Galleria Ramo, inaugura la mostra "Non pensare all'elefante rosa" di Hyun Cho e Giulio Zanet, curata da Sara Parolini, un'esposizione che si propone come un contenitore di simboli della pop culture, propri della nostra cultura capitalista, evidenziandone potenzialità e limiti.
Di seguito il Comunicato Stampa:
«Come l'acqua, il gas, la corrente elettrica giungono da lontano nelle nostre case per rispondere ai nostri bisogni con uno sforzo quasi nullo, così saremo alimentati da immagini visive o uditive, che appariranno e spariranno al minimo gesto, quasi a un cenno». Era il 1928 quando lo scrittore e poeta Paul Valéry scrisse queste parole. Quella che oggi potremmo considerare una sorta di visione profetica. Con una sola frase descrisse esattamente quello che sarebbe successo poi, il nostro mondo, saturo di immagini e di informazioni. É in quest’ottica che la curatrice Sara Parolini concepisce la mostra dal titolo “Non pensare all’elefante rosa”, anch’esso evocativo di quello che sarà il percorso espositivo. Un susseguirsi di opere pittoriche e installative di Hyun Cho e Giulio Zanet, qui poste in dialogo negli spazi di Traffic Gallery, che vogliono riflettere sul concetto di attenzione.
«Non pensare all’elefante rosa, ovviamente io ci ho pensato», inizia così la riflessione della curatrice che con questa mostra vuole invitare gli spettatori a lasciare indietro la sensazione di F.O.M.O. (Fear of Missing Out - nonché la paura di non essere presenti a un evento sociale), e di immergersi nelle opere «solo se ne avrete voglia».
Nonostante l’inevitabile criticità in cui l’Antropocene ci ha condotti, “Non pensare all’elefante rosa” non ha l’intenzione di demonizzare nulla. La mostra si propone come un contenitore di simboli della pop culture, propri della nostra cultura capitalista, evidenziandone potenzialità e limiti. Se da un lato l’iper visualizzazione è in grado di generare un caos tipico della cosiddetta «estetica dell’accesso», dall’altro la vitalità conserva degli aspetti ad oggi dimostratesi essenziali per il progresso.
In ogni caso, è il concetto di autentico a rischiare di dissolversi. L’individuo si ritrova impossibilitato a distinguere quali scelte personali siano state veramente libere e quali invece siano state «corrotte» da agenti esterni. La riflessione continua intorno al libero arbitrio.
«I richiami alla pop culture sono usati qui come una chiave di lettura», spiega Sara Parolini, «come una mappa che, utilizzata in un determinato modo, può portare alla scoperta di strade alternative, aiutandoci a ritrovare l’orientamento di fronte agli innumerevoli bivi (personali e sociali) che il nostro complesso mondo ci propone costantemente.»
Infine, la mostra propone una possibile soluzione. «Una via d’uscita possiamo ritrovarla qui, nelle nuove scritture universali fintamente astratte proposte da Giulio Zanet, oppure nei mix di simboli tipici di Hyun Cho, per lei espressione del libero arbitrio. Sono proprio i simboli, spiega Cho, a essere la chiave per trovare la propria personale credenza. “Non pensare all’elefante rosa” non vuole avere una lettura prestabilita, ma solo suggestioni dalle quali, se vorrete, potrete prendere spunto senza obblighi né stress».
Hyun Cho, nata a Seoul, ha vissuto in diverse città come Sydney e New York, instaurando anche un forte legame con l'Italia. Questo percorso le ha conferito una prospettiva culturale globale. La sua esperienza nelle metropoli ha orientato il suo interesse verso l'iconografia urbana e i simboli della pop culture, che trasforma in sculture reinterpretate, come frecce stradali e ruote di skate. Hyun crea anche "sculture di parole," utilizzando lo stile conciso dei testi punk-rock per generare slogan personali su strisce LED, proponendo un linguaggio universale e semplificato. Le sue opere non criticano il commercio ma esplorano strade alternative poco considerate. Con la creazione "RIP Orange," Hyun riflette sull'importanza del linguaggio e l'abuso della parola "urgenza," un tema necessario nel nostro contesto storico.
Giulio Zanet, nato a Colleretto Castelnuovo, sin dagli albori, presenta un grande interesse verso la pittura aniconica, la scultura e l’installazione ambientale. La sua pittura, pur apparendo astratta e priva di schemi, è una trasposizione delle sue percezioni del mondo, esprimendo energie vitali attraverso colori vibranti. Le sue opere sono costruite su strati ripetuti, permettendo agli spettatori di scegliere il proprio punto di focalizzazione, simile a un'illusione ottica. Zanet valorizza la libertà interpretativa, evitando rappresentazioni definite e lasciando che ogni tela sia vista come una finestra su un multiverso. Le sue opere, per la maggior parte untitled, invitano a una lettura libera e meditativa, utilizzando elementi comuni come pattern animalier e motivi militari, arricchiti da gesti improvvisati. La verticalità delle sue tele riflette l'era post- fotografica, adattando il nostro sguardo a un movimento visivo verticale. Le sue narrazioni esplorano storie quotidiane e passate, rendendole sorprendentemente rilevanti per noi.
Con la direzione artistica di: Giorgia Massari.
Orario apertura Galleria: 10-13, 16-19;