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A Schilpario mangiano i licheni (e sono pure buoni)

Fotogallery. Insieme alle erbe li cucina Mea Tagliaferri. Ci siamo fatti raccontare come

Lettura 2 min.

Si percepisce fin da subito che la signora Mea è una persona dall’animo gentile. Pacata e calma, è innamorata della sua montagna e di tutto quello che essa mette a disposizione. Con il fratello gestisce l’Hotel Ristorante San Marco, in frazione Pradella, a pochissimi chilometri da Schilpario, in Val di Scalve.

Il loro è un lavoro stagionale, per questo motivo hanno scelto di proporre una cucina sincera e autentica. Dedicando il tempo libero a disposizione a tutte quelle attività a cui la routine dei giorni nostri ci ha non solo disabituato, ma portato a considerare quasi scomparse. Robe da museo insomma.

Mea invece raccoglie le erbe, le conserva, prepara confetture, produce il pane, la pasta fresca, i sughi… coltiva la pazienza e il piacere delle buone abitudini.
“Utilizzo molto le erbe nella mia cucina – racconta – alcune le coltivo, mentre altre vado a raccoglierle dietro casa”. Una vera enciclopedia vivente delle erbe: le riconosce con assoluta semplicità e spontaneità. Le osserva, quasi le accarezza, poi le raccoglie, le lavora e ne crea dei veri capolavori di gusto.
Ma non è tutto. Cucinare e mangiare erbe spontanee è comunque cosa abbastanza diffusa e conosciuta, ma i licheni? Probabilmente i più non li hanno mai visti o hanno pensato fossero un’invenzione di chi scrive i libri per le scuole. E invece no.

A Schilpario i licheni si sono sempre mangiati: venivano raccolti, essiccati e poi, nelle serate invernali, messi a bagna e sbollentati” racconta ancora Mea. La tradizione era quella di servirli tiepidi con un’insalata di patate, mentre a volte con dello stoccafisso prima bagnato e poi cotto in acqua bollente.

Cosa sono i licheni? Non preoccupatevi, non andiamo a riprendere il sussidiario. Sono degli organismi vegetali nati dalla simbiosi tra un fungo e un’alga: solo questo permette loro di sopravvivere in ambienti difficili. Si trovano infatti anche in luoghi inospitali come la roccia o, ad esempio, le regioni polari. Ma la cosa stupenda è che si possono mangiare.

L’insalata di licheni e patate di Mea è preparata esattamente come una volta: mettendo in ammollo i licheni, sbollentandoli e servendoli con patte lesse. Il tocco segreto consiste nell’aggiungere una parte acida, come aceto di mele o balsamico, per smorzare la loro gradevole nota amara. La consistenza è croccante e piacevole per il palato. Un’esperienza assolutamente consigliata.

In questa stagione la signora Mea si diverte a raccogliere erbe, fino alla fine dell’estate, cucinando piatti semplici ma creativi. Ad esempio, delle ottime tagliatelle al Silene, condite con pesto di ortiche e mandorle, servite con delle pratoline. Oppure le caratteristiche creste scalvine (una pasta ripiena con fonduta di formagella della Val di Scalve, di recente invenzione) con crema di farinei e patate, servite con geranio selvatico e asparagi selvatici. Il tutto secondo umore, stagione e fantasia.

Oltre alle erbe e ai licheni, le paste fresche, ripiene e non, sono la vera passione di Mea. Se unite alla sua attenzione per i prodotti della natura, diventano piatti che valgono la pena il viaggio attraverso la Via Mala: la singolare strada stretta che dalla Valle Seriana porta direttamente in questo anfratto montuoso, che nemmeno il popolo camuno ha mai osato invadere. Insomma evviva i licheni: buoni, semplici e sani.