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Don Claudio Visconti, «così interroghiamo l’uomo di oggi sul tema dello Spirito Santo»

Articolo. Al Foyer Catholique Européen di Bruxelles s’inaugura una monumentale installazione con cui l’artista Andrea Mastrovito si fa interprete della ricerca spirituale del nostro tempo

Lettura 4 min.
Andrea Mastrovito , «Gv 14,16-17»: uno dei pannelli che saranno inaugurati nella Cappella del Foyer Catholique di Bruxelles

Divorzio tra arte e fede? Nell’acceso dibattito, più che mai aperto, attorno alla deriva dell’arte sacra contemporanea, e nel bel mezzo dello smarrimento di chi, in cerca dello Spirito, si perde in un carosello di immagini rassicuranti, stravaganti, inquietanti, consolatorie, artificiali e persino ambigue, talvolta si assiste con sorpresa al fiorire di progettualità che fanno pensare che la distanza tra arte e fede sia tutt’altro che incolmabile. Una committenza consapevole, un supporto teologico, la capacità di un artista di farsi interprete della ricerca spirituale del nostro tempo: accade al Foyer Catholique Européen, un centro «pastorale» di incontro, di formazione e di condivisione cristiana al servizio delle comunità di origine internazionale di Bruxelles.

In sostanza, una “casa” per tutti i cattolici che nella cosmopolita sede delle istituzioni europee, vuole vivere la fede. È qui che fiorisce un progetto, a dire il vero tutto bergamasco. L’idea e la commissione sono del sacerdote responsabile del Foyer Catholique, don Claudio Visconti; a don Giuliano Zanchi, il compito di fornire all’artista le linee teologiche; l’artista, Andrea Mastrovito, pronto a rinnovare e calare nella vita del presente un tema complesso e di lunga tradizione.

Il risultato? Un’installazione monumentale, che sarà ufficialmente presentata nel mese di ottobre: 120 metri quadri di intarsio e collage che corrono lungo le tre pareti della Cappella del Foyer, interrogando l’uomo di oggi sul tema dello Spirito Santo. L’idea di don Claudio Visconti nasce da un contesto peculiare: «Una città, diciannove comuni. Due lingue ufficiali; almeno altre ventitré parlate. Capitale di un paese spesso definito come frammentato, a Bruxelles è “capitato” di diventare il centro di un’Europa variamente unita – spiega il sacerdote – Se molti arrivano a Bruxelles per lavorare in questo progetto di integrazione europea, la vita locale offre un panorama difficile da decifrare fra lingue e culture, storie e colori, religioni e tradizioni. In questa Babele, l’occhio attento sa cogliere le espressioni di una umanità che, oltre al lavoro che spesso li ha portati qui, ricerca un senso che vada oltre questo straniamento, perché a Bruxelles tutti sono un po’ stranieri, anche i locali. Eppure, in tutto questo, la religiosità resiste, seppur in maniera sempre meno centrale, mentre le Chiese, anche loro da chiamare al plurale, cercano di annunciare il Vangelo districandosi fra lingue e linguaggi diversi».

Da qui è originata l’idea di quest’opera: «Quando abbiamo deciso di ristrutturare il Foyer e in esso la Cappella che lo abita – prosegue don Visconti – mi è venuto immediato rivolgere il pensiero allo Spirito Santo, e a Lui dedicare l’opera che caratterizzi questo luogo. Quel giorno di Pentecoste fu grazie allo Spirito Santo che gli abitanti ed i pellegrini di Gerusalemme intesero gli Apostoli parlare nelle loro lingue o, forse, parlare l’unica lingua che tutti compresero: la lingua dell’Amore, la lingua del Vangelo. Il contesto bruxellese presenta molte similitudini con la Gerusalemme di allora: la religione cristiana è minoritaria, il contesto sociale altamente secolarizzato, mentre genti diverse si incontrano in un’unica città. La Buona Notizia annunciataci da Gesù riceve poca attenzione se non addirittura ostilità. Questa nostra casa che oggi ci accoglie è in realtà il crocevia di tante strade su cui camminiamo e che continuamente ci provoca alla conversione: da Babele a Pentecoste. Un cammino sempre aperto e mai compiuto, ma che ha al centro un autore: lo Spirito Santo ».

«Se nessuno sa cosa riserva il futuro a questa Europa – conclude don Visconti – il senso dell’opera invita a fidarsi dello Spirito Santo, così come gli Apostoli si fidarono quel giorno di Pentecoste. Come Essi partirono per il mondo ad annunciare il Vangelo, il Foyer spera di accogliere chi arriva in questo crocevia del mondo ed aiutarli a custodire la loro fede»

«Un’improvvisa folata di vento»

Andrea Mastrovito accetta la sfida e si getta con entusiasmo in una sperimentazione, tecnica e ideativa, lunga dieci mesi, contando sulla collaborazione esecutiva di Idea Intarsio di Castel Rozzone. «Cercando di tradurre la vitalità e la freschezza del segno e del disegno in forma di intarsio – racconta – ho realizzato una cinquantina di schizzi da cui ho realizzato disegni al tratto, dividendo le varie tonalità di grigio. Quanto al tema dello Spirito Santo, leggendo la riflessione di don Giuliano Zanchi, ho pensato a un’incisione di Hokusai che rappresenta una grande e improvvisa folata di vento».

Ne sono nati tre grandi pannelli dedicati ai temi di Acqua, Aria e Fuoco in cui lo Spirito, tanto più in una città come Bruxelles, si identifica con la Parola: «Abbiamo incastonato nell’intarsio frammenti delle pagine di centinaia di Bibbie di epoche ed edizioni diverse, in tutte le lingue del mondo, dal greco allo spagnolo, dall’ebraico al rumeno – spiega l’artista – Le parole dello Spirito si alzano da un gigantesco mare di pagine, volano tra gli alberi, scuotono la terra e infine piovono in forma di fiammelle su una grande processione di uomini che si scalda a un gigantesco fuoco alimentato dal vento».

«Un punto di arrivo»

È la ricreazione di un messaggio e di un’iconografia, come sottolinea don Giuliano Zanchi: «Questo ciclo di tarsie, sotto il profilo del genuino potere inventivo di Mastrovito nell’ambito dei temi religiosi, mi sembra un punto di arrivo anche rispetto alle vetrate della chiesa di Bergamo, e passa attraverso il piccolo esercizio delle sette opere di misericordia, commissionate nel 2016 dalla Conferenza Episcopale Italiana. Questo lavoro è incentrato sul tema dello Spirito Santo, soggetto a rischio di crescente aleatorietà negli stessi discorsi di Chiesa e fortemente pregiudicato da una iconografia ricevuta che ne ha in qualche modo decretato la consumazione allegorica. Mastrovito non solo accetta di affrontarlo, ma in aggiunta sceglie di non rifugiarsi, come avrebbe fatto una qualunque celebrities dell’arte contemporanea d’apparato, nella comfort zone di facili escamotage concettuali, o informali, o di astrusa provocazione secolare. Rianimare esteticamente la sostanza di un tema teologico non significa dedicarsi ingenuamente a un mero aggiornamento dello stile».

«Rivitalizzare il tema dello Spirito – afferma don Giuliano Zanchi – non significa disegnare colombine più originali o fiammelle più stilizzate. Tantomeno si tratta di escogitare nuove trovate formali. Significa anzitutto ripensare il senso del tema in rapporto alla sua reale incidenza con la cultura e la storia, cioè con la vita, in cui esso si trova a voler essere significante, ancora una volta e anche adesso. Esiste ancora una dimensione, nel mondo disincantato dell’uomo secolare e nel tempo dell’incredulità programmata, in cui il termine “spirito” e la sua declinazione cristiana possano risuonare come referenti di esperienze ancora reali e sempre irrinunciabili? E l’arte può ancora produrre immagini capaci di alludere a questa possibilità?».

L’opera di Mastrovito cerca risposte nella parola (e nel libro): «La parola, quando giusta e umana, è il primo pane dei popoli e il grande dono di Dio. In essa ci si perde e ci si trova – conclude Zanchi – Non per caso “Gv 14,16- 17” (così l’artista ha intitolato la sua opera al Foyer Catholique) si lega agli sforzi delle istituzioni europee che hanno sede in questa città, dove molte lingue cercano di capirsi, diversi popoli provano a intendersi, varie culture provano a trovare il loro spirito comune. Una Babele che cerca instancabilmente la sua Pentecoste ».

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