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Quando chi dichiara guerra alla cultura e alla scienza ha una laurea in economia

Articolo. L’amministrazione guidata da Donald Trump ha effettuato tagli drastici alla ricerca. Su scala mondiale i ricercatori potrebbero trasferirsi in Europa, segnando un momento di trasformazione, rinascita e rilancio nel panorama scientifico

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Donald Trump

Fare scienza significa cercare di sapere sempre di più di ciò che ci circonda con mente aperta, e condividere le scoperte per far crescere la scienza stessa, senza isolarla. È un atto umile, aperto e libero.

Siamo arrivati a metà del 2025, un anno in cui la ricerca ha già segnato eventi epocali. Uno tra questi – da ricercatrice nell’ambito delle malattie genetiche mi emoziona davvero tanto – è stato divulgato in tutto il mondo lo scorso maggio quando un bimbo di nome KJ, dopo aver trascorso i suoi primi nove mesi in ospedale a causa di una malattia metabolica potenzialmente letale, è stato curato con una nuova terapia basata sull’editing genetico : i ricercatori hanno modificato la mutazione sul gene CPS1 nel suo DNA, in modo da bloccare l’accumulo di ammoniaca nel sangue di KJ. L’editing genetico è una bio-tecnologia che permette di modificare il DNA di un organismo in modo preciso. In pratica, si possono aggiungere, rimuovere o correggere parti specifiche del materiale genetico. Questo è utile quando ci sono “errori” e mutazioni nel DNA che causano malattie severe e, utilizzando questa tecnica, si può correggere l’errore stesso. Le scienziate che l’hanno messo a punto hanno vinto il «Premio Nobel per la Chimica» cinque anni fa.

La cosa più sensazionale di tutto ciò, oltre alle implicazioni di questa nuova scoperta sulla cura di malattie genetiche, è che solo sette mesi prima della pubblicazione la terapia funzionava solo sui topi. È molto comune utilizzare questi animali nella ricerca pre-clinica come organismi modello, proprio perché hanno caratteristiche genetiche simili a quelle umane, quindi nulla di nuovo. Ma un passaggio così veloce ed efficace dal topo all’uomo è straordinario, ci sono casi in cui dopo anni ancora non si riesce a traslare la cura a un’altra specie. Invece, grazie a importanti finanziamenti agli ospedali e ai centri di ricerca, siamo arrivati al concepire di poter curare un bambino destinato a morire nelle prime settimane di vita a causa di una mutazione genetica.

Ma cosa succede quando negli Stati Uniti d’America, la nazione dove la scienza è più “frizzante”, si risveglia con una doccia fredda di fondi tagliati?

Il sogno americano che si infrange

Dal 20 gennaio, quando Donald Trump ha inaugurato il suo secondo mandato presidenziale, le maggiori agenzie federali che finanziano la ricerca hanno investito diversi miliardi in meno rispetto all’anno scorso. La spesa per le nuove sovvenzioni è crollata, in media, del 53% in quattro delle maggiori agenzie scientifiche statunitensi, tra cui National Institutes of Health (NIH) e National Science Foundation. Questo minaccia di ridurre la forza lavorativa nella ricerca, perché i finanziamenti vanno allo sviluppo delle carriere, all’addestramento e a borse di studio per la ricerca.

In questo modo, le grandi università subiscono un forte colpo: almeno 5 miliardi di dollari sono stati bloccati in otto università perché sono state accusate di «presunta violazione dei diritti civili e antisemitismo»: ad Harvard per esempio (da cui sono stati pure espulsi gli studenti stranieri, per «non promuovere l’antiamericanità»), ma anche altre università, tra cui alcune della celebre Ivy League, sono rimaste con ben pochi finanziamenti. L’Università della California di Los Angeles (UCLA) ha dovuto sospendere le ammissioni ai programmi di dottorato per quest’anno. Il «Premio Nobel per l’Economia» David Card ha dichiarato che «queste politiche adottate dall’amministrazione Trump hanno spinto il sistema universitario e scientifico degli Stati Uniti sull’orlo di un collasso strutturale» e che «la maggior parte degli accademici oggi non è più allineata con l’ideologia repubblicana, quindi ciò politicizza pesantemente il possesso di un dottorato».

L’Europa che raccoglie i cocci

In Italia, si sa, il problema della «fuga di cervelli» non è nuovo e nemmeno di poca importanza. Secondo uno studio della Fondazione Nord Est, infatti, dal 2011 al 2013 sono espatriati circa 550mila under 34 italiani, con un capitale umano stimato di 134 miliardi, e ciò alimenta sia la competitività sia la crescita negli altri Paesi europei. L’Italia fornisce persone ed è l’ultima per attrattività di giovani. Belgio, Germania e Francia adesso sono prontissimi ad accogliere i ricercatori in forma di «asilo scientifico», ma rispetto agli USA essere ricercatore in Europa comporta vivere in condizioni di vita molto diverse, quasi economicamente difficili.

La guerra contro cultura, scienza e ricerca ha un volto noto per noi ricercatori. Un volto tronfio, sicuro, sprezzante, che parla alla pancia della gente per raccoglierne i voti, alimentare rabbia, credere alle menzogne. Il sopracciglio alzato, il capriccio presidenziale, bastano a scuotere le vite di 8 miliardi di persone. E così nomina un no-vax a capo della Sanità, che abolisce le raccomandazioni per vaccini a donne incinte e bambini, lancia lo slogan «Make America Healthy Again» e licenzia l’intero Comitato vaccini del CDC.

Non dovremmo arrenderci

L’amministrazione Trump è in carica solo da sei mesi, eppure ha già effettuato tagli drastici al National Institute of Health (NIH), la prima agenzia del governo degli Stati Uniti per la ricerca biomedica. Questo vuol dire che la ricerca per il cancro, la salute dei bambini, il diabete, la salute mentale, le patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, non godrà più di questa fetta di finanziamenti.

La scienza non è una cospirazione liberale. Le credenze anti-scientifiche impattano sulla salute pubblica, sull’istruzione, l’economia, l’ambiente e la società. Significa che i bambini potrebbero non innamorarsi più delle scienze tra i banchi di scuola, non sviluppando pensiero critico e analitico, credendo a un Segretario alla Sanità quando dice che «l’autismo è un’epidemia, causata da vaccini e tossine ambientali» (teoria senza alcuna base scientifica). Potrebbero crescere senza fiducia nelle istituzioni, nelle esperte, nella diversità di ideologie e punti di vista. Siamo più vulnerabili alla disinformazione, se ci isoliamo.

Da giovane ricercatrice in Italia, posso solo temere l’impatto che ulteriori tagli alla ricerca su scala mondiale avrà sulla nostra evoluzione e sulla nostra salute. Ma, soprattutto, spero che la mia generazione di scienziati e scienziate non vada perduta, che possa trasformare questo problema in un’opportunità ancora più lampante di cooperare, di condividere, di valorizzare ciò che vale la pena. Se Trump ritira gli USA, se i ricercatori si trasferiscono in Europa, potrebbe davvero segnare un momento di trasformazione, rinascita e rilancio nel panorama scientifico. Potremmo davvero prendere il posto di chi, in queste settimane, sta negando una crescita come esseri umani, e dettare un nuovo regolamento per migliorare la stabilità da ricercatori.