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Bergamo Next Level: conoscere l’Alto Sebino bergamasco, e fare rete prima di promuoverlo

Intervista. È l’obiettivo del progetto «Nuove economie di comunità. Proposte di turismo sostenibile delle Terre Alte del Sebino settentrionale», i cui primi risultati verranno illustrati lunedì 16 maggio alle 18, nell’Auditorium di Piazza Libertà. Federica Burini, referente per l’Università degli studi di Bergamo dell’iniziativa, dialogherà con Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità

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È possibile, per un territorio, attrarre turisti senza per forza aprire nuovi ristoranti o sofisticate infrastrutture? Forse sì, se quel territorio sceglie di puntare sul proprio patrimonio immateriale (patrimonio, una parola che già a pronunciarla se ne percepisce l’ampiezza), sui suoi saperi e sulle sue tradizioni. Se ciò che viene promosso insomma, è la conoscenza e la valorizzazione delle culture locali, nel rispetto dell’ambiente e di chi lo abita.

Il concetto di patrimonio e di turismo sostenibile saranno al centro della conferenza proposta da Bergamo Next Level (scopri qua tutti gli eventi) lunedì 16 maggio alle ore 18. Sul palco dell’Auditorium di Piazza Libertà, Federica Burini, geografa dell’Università degli studi di Bergamo e Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Planning and Management of Tourism Systems, dialogherà con Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e Direttore del Dipartimento di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Per l’occasione, il professor Locatelli indosserà una veste diversa dal camice a cui siamo abituati. Da bergamasco DOC, sarà chiamato a commentare i primi risultati di «Nuove economie di comunità. Proposte di turismo sostenibile delle Terre Alte del Sebino settentrionale», un progetto finanziato dalla Fondazione Istituti educativi della Provincia di Bergamo con capofila l’Associazione Bossico Borgo Turistico Diffuso e partner i Comuni di Bossico, Costa Volpino, Rogno, Fonteno, Riva di Solto, Solto Collina, Sovere, Pianico e Slow Food Valle Camonica.

«Franco Locatelli ha passato gran parte della sua infanzia e giovinezza a Costa Volpino e in quelle zone ha incontrato delle persone che hanno investito molto sulla sua formazione e sul suo senso civico», rivela la professoressa Federica Burini, a cui abbiamo chiesto di raccontarci il progetto che la vede capofila. «Una delle persone che avevamo intervistato lavorando in questi territori era stato il suo “mentore”. Purtroppo, questa persona è mancata in questi mesi. Il professor Locatelli, per senso di riconoscenza, ha deciso di prendere parte all’incontro».

MM: «Nuove economie di comunità» è solo l’ultimo dei progetti che coinvolgono il territorio dell’Alto Sebino bergamasco. Su questo territorio, lei sta già lavorando da anni. Come è nato tutto?

FB: Il lavoro è partito dall’iniziativa di un’associazione prevalentemente femminile di Bossico, l’associazione Bossico Borgo Turistico Diffuso. Nel 2016, alcuni membri dell’associazione hanno chiesto all’Università di avviare un progetto di studio, in modo da dare loro delle linee guida per promuovere tutta una forma di turismo sostenibile, lento, senza grandi impatti di massa sul territorio. Abbiamo iniziato questo progetto di ricerca tra il 2016 e il 2017: l’approccio è stato quello di coinvolgere la comunità locale. Abbiamo fatto tantissime interviste, proprio per recuperare l’idea che gli abitanti hanno del loro territorio. Ci hanno detto subito che la cosa più bella che avevano da promuovere ai turisti era il panorama sul lago. Il nostro tentativo, allora, è stato quello di girare le spalle al lago, guardare al loro altopiano. Abbiamo scoperto che gli abitanti hanno davvero un sapere profondo di questi territori: Bossico ha un’origine pastorale, gli abitanti conoscono ancora il gaì, la lingua parlata dai pastori. Ancora oggi ci sono moltissime aziende agricole a Bossico che hanno creato una rete per far conoscere la formaggella di Bossico ed esportarla nella filiera del commercio contemporaneo. Abbiamo cercato di valorizzare i loro saperi per dire: questa è la base da cui partire per promuovervi e accogliere i turisti.

MM: Gli step successivi?

FB: Dopo questo lavoro di indagine e recupero, abbiamo presentato un progetto in Regione Lombardia relativo ai saperi e ai sapori delle terre lombarde. Ci siamo detti: allarghiamoci anche alle terre vicine, perché Bossico da sola non può promuovere un turismo reticolare, diffuso. Altri sette comuni hanno aderito. Scoppia la pandemia, ma il progetto procede: facciamo le interviste online, creiamo i legami con sindaci e referenti del territorio. Finito questo secondo progetto, ne presentiamo un altro alla Fondazione Istituti Educativi, che viene vinto. È un progetto triennale di “economia di comunità”, che coinvolge otto comuni nello studio del loro territorio e nella sua valorizzazione.

MM: Lunedì verranno presentati i primi risultati di questo terzo progetto…

FB: Esatto. Presenteremo l’insieme delle interviste e delle ricerche svolte, tutte ricerche che mostrano la ricchezza di questo territorio, dal punto di vista naturalistico e morfologico (l’altopiano morenico di Bossico, il lago pleistocenico tra Sovere e Pianico, le guglie di Verrucano Lombardo di Rogno, tanto per fare qualche esempio). Oltre alle bellezze naturalistiche, c’è tutta la parte legata ai saperi agrosilvopastorali. Mostreremo dei video realizzati dal regista Antonio Iorio. Ce n’è uno dove un uomo di 85 anni racconterà le specie di olivi che vengono coltivate sul lago di Iseo, le loro patologie. E poi, l’architettura: ci sono le case torri a Solto Collina, i palazzi ottocenteschi a Sovere, le ville risorgimentali a Bossico, il patrimonio religioso, i santuari, le santelle, le cascine.

MM: Prima di promuovere un territorio, quindi, occorre conoscerlo…

FB: Se non conosciamo un territorio, non possiamo promuoverlo e valorizzarlo. E conoscerlo vuol dire sia a livello materiale che a livello “immateriale”. Spesso noi ci fermiamo a “abbiamo la chiesetta, mettiamo il pannello”, ma cosa rappresenti quella chiesetta per le feste religiose, per la comunità… è tutto un sapere che non è legato alla materialità della chiesa, ma a un’altra parte che spesso non viene raccontata.

MM: E una volta terminata la fase di “diagnostica”?

FB: Una volta fatta tutta la mappatura e il censimento di questi luoghi e di questi saperi, l’obiettivo è quello di creare degli strumenti di visualizzazione video, di rapporti, affinché queste conoscenze non rimangano nel cassetto dei ricercatori ma vengano utilizzate e promosse dai sindaci, dagli amministratori, dagli abitanti, per rendere loro stessi più consapevoli del proprio territorio. Creeremo una mappa digitale interattiva, dei luoghi e delle risorse a questi legati. Un esempio? Lo storico Bortolo Pasinelli ci ha spiegato la storia delle cascine di Fonteno. Ebbene, quando qualcuno vorrà fare l’itinerario delle cascine di Fonteno, basterà cliccare sulla mappa e partirà la voce dello storico. Con una guida come questa, mentre cammini ti formi…

MM: Il turismo, a quanto mi racconta, è solo una delle pratiche che si possono sviluppare con un progetto come questo.

FB: Conoscere i territori a fondo e rendere consapevoli gli abitanti di queste ricchezze serve ad agire su più fronti: sul fronte della formazione, delle scuole… Sul Monte Colombina ci sono le doline: e come sarebbe bello portare una classe a vedere cos’è una dolina anziché studiarle nel libro?

MM: Che scenari ha aperto la pandemia?

FB: Vivevamo in un mondo che a un tratto si è bloccato. Prendere un volo low cost si è rivelato impossibile. Il problema l’hanno vissuto in modo particolare quei territori che vedevano solo la presenza del turismo internazionale – pensiamo alle Maldive o alla stessa Venezia. Questi luoghi non avevano un turismo interno, di prossimità: sono luoghi che hanno avuto un calo enorme dal punto di vista dei ricavi e della popolazione impiegata nella ricettività. La pandemia in qualche modo ci ha insegnato che un turismo troppo incentrato su una tipologia di target, come quello internazionale, non va più bene, dobbiamo essere molto più flessibili. In Italia, inoltre, si è aperto tutto un filone già in atto in altre parti del mondo: quello del telelavoro, della workation, di tutte queste forme nuove di lavoro associato allo stare in un luogo di pregio naturalistico o culturale. Ci sono degli smartworkers che lasciano i loro paesi per riqualificare borghi abbandonati. Sono opportunità che, se ben gestite – con il giusto tempo e le giuste competenze – possono essere motori di rigenerazione.

L’incontro di lunedì sarà moderato da Sara Belotti, geografa e assegnista di ricerca dell’Università degli studi di Bergamo. Al termine sarà allestito uno spazio di degustazione e conoscenza dei prodotti eno-gastronomici di queste terre.

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