Espressione e libertà
Per il ciclo «Cinema Docet» verrà proiettato il film «Taxi Teheran» di Jafar Panahi. Interverranno Michele Brunelli, docente di Storia e istituzioni dell'Asia, e Giuseppe Previtali, docente di Cinema arabo e dell'Asia orientale.
Per il ciclo «Cinema Docet. Proiezioni sull’attualità in UniBg», iniziativa pubblica dell’Università degli studi di Bergamo, verrà proiettato il film «Taxi Teheran» del regista iraniano Jafar Panahi (2015). Interverranno Michele Brunelli, docente di Storia e istituzioni dell'Asia, e Giuseppe Previtali, docente di Cinema arabo e dell'Asia orientale.
«Taxi Teheran» è un film del 2015, diretto dal regista iraniano Jafar Panahi. Vincitore dell’Orso d’oro come miglior film al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, premio ritirato dalla nipote e co-protagonista Hana Saeid, in quanto il regista, successivamente ad altri film di critica alla società iraniana come «Il cerchio e Offside», è stato condannato a vent’anni di divieto di produzione di film, rilascio di interviste e viaggi all’estero. Proprio per questi motivi, il film riflette sul confine tra realtà e finzione. Nonostante il divieto, implicitamente menzionato nelle scene, il regista recita come protagonista interpretando se stesso, un cineasta sotto copertura che viaggia nel luogo in cui è confinato per conoscere meglio quegli stessi confini. Attraverso una piccola macchina da presa posizionata come una dashcam, i passeggeri, a loro volta attori a rischio, raccontano di pena di morte, censura e pirateria, morte e superstizione, portandoci a conoscere la vita in Iran tra cultura e politica. Il punto di vista fisso di una o più fotocamere montate all’interno dell’abitacolo, riprendono la staticità di un giorno qualsiasi, tra persone comuni. L’effetto realistico, simile ad un reportage, è reso dalla rinuncia ai movimenti di macchina classici e alla musica extradiegetica: la ripresa varia inquadrando i passeggeri dagli specchietti, e ci si affida ai suoi interni alla scena, come la radio ed il traffico. Jafar Panahi porta con leggerezza una lettura profonda della società, che si condensa nel concetto di siahnamayi, quell’immagine negativa del Paese che si deve evitare di dare. La registrazione del film si fa allora atto politico e morale, una scelta che si serve della finzione per raccontare la verità.
Cinema Docet è promosso dal gruppo di ricerca CiMAv – Cinema e Media Audiovisivi in collaborazione con Fondazione Alasca – Archivi dell’audiovisivo.
