Quartetto Daidalos
Un altro appuntamento per la Stagione Concertistica della Società del Quartetto di Bergamo.
La stagione concertistima inizia con il giovane ma già affermato Quartetto Daidalos: Anna Molinari (vl); Paolo Vuomo (vl); Lorenzo Lombardo (vla); Lucia Molinari (vlc) propone musiche di: Webern, Mozart, Beethoven.
Conosciamo già questo quartetto che si è esibito per la nostra Società, in questa stessa sala, il 16 aprile 2018 proponendoci il quartetto n.41 di Franz Joseph Haydn ed il n.14 (“La morte e la fanciulla”) di Franz Schubert.
Il successo di quella serata ci ha indotto a richiamare, con vero piacere, questi quattro giovani concertisti che stasera ci propongono Anton Webern (Langsamer Satz); Wolfang Amedeus Mozart (quartetto in sol maggiore Kv 387) e Ludwig van Beethoven (quartetto op.18 n.4).
Circa l’origine e l’evoluzione del quartetto strumentale si deve annotare che, sino al Seicento le musiche a quattro parti erano indifferentemente eseguite sia da strumenti, sia da cantori; solamente più tardi iniziò l’affermazione del quartetto strumentale.
Questo nacque, da un lato dall’evoluzione della sonata a quattro che, con il decadere del “basso continuo”, si era sviluppata nel senso di un più autonomo dialogo tra le parti; dall’altro dal consolidarsi della forma – sonata. Cosicché, già verso la metà del Settecento, il quartetto strumentale era una composizione a sé stante, il cui schema rispecchiava quello sonatistico, suddiviso in tre tempi: vivace, lento, più vivace. A questi movimenti si aggiunse poi un “minuetto” che – come nella sonata e nella sinfonia – era collocato di regola al terzo posto.
L’organico del “quartetto”, canonico e più diffuso, fu (ed è tutt’ora): violino primo; violino secondo; viola e violoncello.
Nella seconda metà del Settecento spiccano i quartetti di Boccherini; Viotti; Haydn e Mozart e, infine, Beethoven.
Per tutto l’Ottocento il quartetto d’archi fu largamente coltivato nei paesi di cultura tedesca; oltre al già citato Beethoven, dobbiamo ricordare Mendelsson, Schubert, Schumann e Brahms.
Da noi, in Italia, la produzione operistica oscurava l’interesse per la musica da camera che, per altro, venne qualitativamente ben rappresentata dal nostro Gaetano Donizetti (19 quartetti); Giovanni Pacini (6 quartetti); Antonio Bazzini (6 quartetti); Giovanni Bottesini (2 quartetti) e Giuseppe Verdi con il suo unico quartetto del 1873.
Alla fine dell’Ottocento, l’ultima generazione romantica slava e francese riscoprì il quartetto con Borodin, Smetana, Dvorak, Cajkovskij, Saint Saens, Fauré e Debussy.
Nel Novecento la formula “quartetto” ha resistito ulteriormente, evolvendosi in continuità e sperimentazione.
Ricordando doverosamente e per amor di patria i due quartetti e il concerto per doppio quartetto di Ottorino Respighi (ospite della nostra Società il 14.3.1906 con il Quintetto Mugellini, alla viola, con propria composizione); altri importanti nomi sono quelli di Ravel, Shostakovich, Schonberg, Berg, Webern, Janacek, Bartok, Hindemith e, ancora in Italia, Pizzetti, Malipiero e Petrassi.
Per le… avanguardie citiamo Messiaen, Berio, Ligeti, Penderecki, Donatoni, Bussotti e Carter; nonché Dutilleux, che ascoltammo dal Quatuor Hérmes in questa stessa Sala l’11 marzo 2013, poco prima della sua morte avvenuta il 22 maggio dello stesso anno.