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Abbiamo chiesto a Moni Ovadia perché non li porta a casa sua

Intervista. Il grande interprete della cultura yiddish sarà a Bergamo per Molte Fedi Sotto lo stesso Cielo il 9 settembre con Alex Zanotelli. Tema: le migrazioni

Lettura 3 min.

Tra citazioni bibliche e arrabbiature epiche abbiamo intervistato Moni Ovadia su un tema caldo come “Nel mondo delle migrazioni”. Titolo dell’incontro con Alex Zanotelli per Molte Fedi sotto lo stesso Cielo. Il missionario comboniano e l’attore, musicista e scrittore italiano di ascendenza ebraica dialogheranno insieme presso la Chiesa del Patronato San Vincenzo (via Gavazzeni 3 , Bergamo) lunedì 9 settembre alle 20.45 (ingresso libero, per prenotazioni http://www.moltefedi.it/prenotazioni/login).

MM - Che rapporto ha con Alex Zanotelli?

MO - Ci conosciamo da tempo e lo considero uno degli uomini più illuminati, profondi e coraggiosi che mia sia stato dato di conoscere. Per me è sempre una gioia essere con lui, lo leggo e lo ascolto. Sarà un piacere anche tornare a “Molte Fedi”, sono incontri seguiti da un pubblico di grande qualità e organizzati da Daniele Rocchetti, con cui siamo molto amici.

MM - Le migrazioni sono un argomento scomodo, come lo affrontate?

MO - Io e Zanotelli apparteniamo a quel tipo di umanità che ritiene che alle migrazioni si debba guardare attraverso i grandi valori universali della dignità e umanità. Essendo Zanotelli cristiano e io, seppur non credente, ebreo e vicino alle spiritualità monoteiste, abbiamo un’etica comune, di vicinanza allo straniero. Nel Levitico, il terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, sta scritto: “Quando qualche straniero abiterà con voi nel vostro paese, non gli farete torto. Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”.

MM - Una presa di posizione che non lascia spazio all’ambiguità.

MO - Il cammino del monoteismo comincia proprio con l’uscita da una terra. Citando ancora la Bibbia, Dio dice ad Abramo: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò”. Dall’esilio non si può prescindere.

MM - Quindi non c’è spazio per il nazionalismo?

MO - Siamo avversi al nazionalismo perché è idolatria della terra. Anche quando si parla della Terra Santa, nel Levitico viene specificato che la terra è solo di Dio: “Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini”. Io credo che la terra promessa sia dove il cittadino è straniero e lo straniero è cittadino. Il problema dell’alterità è il problema principale dell’uomo e respingere l’altro prepara infelicità, violenza e dolore.

MM - Però molti cattolici “tradizionalisti”, vedono nell’altro – uno per tutti: l’immigrato di religione musulmana – un pericolo alle “radici cristiane dell’Europa”. Sbagliano?

MO - Sono totali stupidaggini strumentali di qualcuno che non ha letto il Vangelo. La maggior parte dei cattolici è sempre per l’accoglienza, a partire da Papa Francesco. Un giorno un cattolico reazionario mi ha detto, riferendosi al pontefice: “Eh, ma quello lì sarà mica un Papa?”. La mia risposta è stata semplice: “Chi è il Papa lo decide il conclave non lei”. Ma questi non conoscono né il Vangelo né la dottrina cattolica. Sa qual è l’etimologia di cattolico?

MM - Me lo ricordi lei…

MO - Deriva dal greco ed è formata dall’unione del prefisso “katà” con il termine “òlos” cioè tutt’uno, tutto intero, in senso più ampio, universale. La Chiesa cattolica è una chiesa universalista, che si è istituita a Roma per portare il Vangelo a tutta l’umanità, perché ogni uomo è degno di riceverlo.

MM - Ma le nostre tradizioni cattoliche non sono in pericolo?

MO - Ma chi le vuole toccare le tradizioni cattoliche? Chi mai vuole impedire di fare il presepe, esporre la croce, i santi, le madonne? Io sono ebreo e ho vissuto in un paese cattolico tutta la vita, mia moglie è nata cattolica, ho visto crocefissi e madonne tutta la mia vita senza nessun problema. I musulmani fanno i musulmani e i cattolici facciano i cattolici, se hanno paura dei musulmani vuol dire che la loro evangelizzazione è fragile.

MM - Non è che il problema sta nell’eccessiva secolarizzazione?

MO - La secolarizzazione e il consumismo sono problemi dell’Occidente. Il materialismo ha eroso progressivamente i valori della spiritualità e della interiorità. Ma attaccare il capitalismo selvaggio è troppo pericoloso e quindi i cattolici reazionari preferiscono prendersela con i poveracci.

MM - Però le conseguenze negative dell’immigrazione colpiscono soprattutto i ceti più deboli. Lei non sarà mica un “radical chic”?

MO - Io non sono un radical chic e parlo il milanese molto meglio di Matteo Salvini. Sono arrivato in Italia profugo a 3 anni in Italia e ho vissuto fino ai 48 anni in mezzo alla gente più semplice del mondo. Sono abbastanza vecchio da ricordarmi i cartelli: “Non si affitta ai meridionali”. Il razzismo è una questione di forma mentis e non di disagio.

MM - E a chi dice “Portali a casa tua” cosa risponde?

MO - Che un Paese civile mette in piedi strutture di accoglienza e aiuto. Il problema di fondo è che bisogna semplicemente guardare al passato: gli italiani sono emigrati in 30 milioni nel secolo passato. Ci trattavano come bestie. Fare lo stesso con i migranti è come sputare sulle tombe dei nostri vecchi.

MM - E se le dico: “Aiutiamoli a casa loro”?

MO - Ma se li deprediamo da cinquecento anni, scateniamo guerre per vendere le nostre armi, desertifichiamo l’Africa! Fa schifo questa roba. Sono tutte argomentazioni infami e ignobili. I problemi si risolvono in modo umano. Si opera per risolvere i disagi nelle periferie. Si smette mettere di vendere armi ai dittatori africani.

MM - Non proverà ancora a darsi alla politica?

MO - Io sono un attivista e un militante, lavoro con i movimenti come Libera, Emergency e Amnesty International, mi occupo degli ultimi insieme a tanti bravissimi cattolici e ho tanti amici sacerdoti. La politica si fa con piccoli giochi di potere e non voglio averci a che fare.

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