93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Pochi lo sanno, ma anche a Bergamo cresce il tartufo! Come ci racconta il tartufaio Ivo Locatelli

Articolo. Un’illuminazione che lui chiama “Divina Provvidenza” lo ha spinto, ormai più di 10 anni fa, a stravolgere la sua vita per inseguire un sogno: la passione per il tartufo. 52 anni, originario di Camerata Cornello, nella vita tartufaio, ovvero colui che – insieme ai suoi cani – si muove in un mondo vasto, curioso e complesso. Talvolta un po’ mistico

Lettura 6 min.

Classe 1968, nativo della Val Brembana, atleta azzurro di corsa in montagna sulla fine degli anni ‘80 e rappresentante commerciale per buona parte della sua carriera lavorativa. È l’identikit di Ivo Locatelli, oggi esperto cavatore di tartufo, che con il suo racconto ci accompagna nel bosco e nel suo affascinante mondo, per conoscere da vicino il prezioso fungo ipogeo. Ho detto fungo? Ebbene sì, fate attenzione: il tartufo non è un tubero come molti pensano, lasciandosi ingannare dal genere tuber, ma un fungo che cresce sotto terra.

Dove tutto è partito…

In principio era il fieno: “Durante l’estate del 2008, come ogni anno, mi trovavo a Camerata Cornello per dare una mano alla famiglia con la raccolta del fieno. Ero nel prato con mio padre Isacco quando, ad un certo punto, rastrellando ho sentito qualcosa di diverso nel terreno”. Ivo racconta il suo primo incontro con il diamante del bosco con gli occhi lucidi e una grande emozione. “È stato per me un momento magico, quasi un’illuminazione. In quei giorni, a Sant’Omobono Terme, si stava svolgendo una gara di tartufi: fu proprio lì che ebbi l’occasione di far visionare il mio tesoro ai fratelli Mascheroni di Gorlago, che da lì a breve diventarono i miei maestri tartufai e grandi amici”. Dai due cavatori esperti Ivo impara il comportamento da tenere nel bosco, i segnali da captare in tartufaia e altri piccoli segreti del mestiere.

Ma soprattutto, grazie a loro conosce e accoglie in famiglia la piccola Dea, meticcio che oggi ha 11 anni e che da sempre lo accompagna in tutte le battute di caccia al tartufo. “La passione mi ha colpito fin da subito, e mi ha convinto con coraggio e un po’ di rischio a mollare la mia professione per inseguire il sogno. Sempre insieme a Dea ho mosso i primi passi in tartufaia e, con il supporto costante dei maestri, ho imparato le prime regole della ricerca e cavatura del tartufo”.

Ciò che lega Ivo e Dea da oltre un decennio è un rapporto speciale, la formazione sul campo soprattutto li ha resi un perfetto team. Ma nel mondo del tartufo non si finisce mai di imparare, per questo Ivo studia, osserva, si informa e talvolta si confronta con qualche suo collega tartufaio. Ma mai sulle aree predilette per la ricerca: queste rimangono il segreto professionale di un buon cavatore, e non possono essere svelate.

Ricerca e cavatura del tartufo

Come si svolge la caccia? La prima cosa da fare è individuare le giuste aree dove cresce il tartufo e dove indirizzare i cani per la ricerca. “È tutta una questione di incastri naturali, il rapporto terra-pianta è fondamentale. Un certo tipo di terra lavora solo con alcune tipologie di piante”. Il terreno in cui nascono e crescono alcune piante dette simbionti (tra cui querce, carpini bianchi e neri, noccioli, betulle, faggi) unito alla presenza di altre piante dette “comari” (tra le quali biancospino, ligustro e pungitopo) e alle spore di tartufo. “È proprio come una combinazione matematica che unisce questi tre fattori, e che un tartufaio esperto deve essere in grado di riconoscere”, racconta Ivo.

Una volta giunti in tartufaia, si liberano i cani, che secondo la legge devono essere massimo due per battuta, anche se Ivo preferisce la ricerca con un singolo animale “perché lavoro meglio. Può essere più semplice e pratico da gestire, lo consiglio anche a chi è alle prime armi. Poi tutto dipende dal loro carattere, è importante creare il giusto team con cani che sono buoni ascoltatori e seguono i comandi”. Una volta individuato il punto preciso, il cane inizia a scavare fino al segnale di stop, dopodiché si procede a mano, con l’aiuto di una vanghina o zappetta a misura di legge, uno dei pochi attrezzi che il tartufaio utilizza.

A chi pensa che la raccolta del tartufo sia dannosa per l’ambiente, un cavatore esperto come Ivo risponde che in realtà “ raccogliere il tartufo nel modo corretto è un beneficio per il bosco, perché si arieggia il terreno. È importante fare molta attenzione durante la cavatura, scavare senza rompere le radici delle piante e poi ricoprire la buca con cura. Le spore che rimangono in quello spazio di terreno agevoleranno la crescita di nuovi tartufi”. Tutela e rispetto dell’ambiente sono infatti due valori fondamentali per ogni tartufaio, proprio perché, come rivela Ivo, “il tartufo è un tipo ordinato: cresce solamente in aree pulite e incontaminate”.

Il migliore amico del tartufaio

Il miglior amico dell’uomo è senza dubbio anche il miglior amico del tartufaio. Il cane è indispensabile per la ricerca e la raccolta, anzi ha un ruolo chiave perché “annusa solo le spore mature, e permette al tartufaio di non raccogliere le cosiddette patate, ovvero tartufi che non hanno ancora sviluppato il loro prezioso aroma, e dei quali la legge vieta la raccolta”. Ivo oggi ne ha ben 5: oltre alla fedelissima Dea, ci sono il lagotto bianco Sirio di 6 anni e il lagotto marrone Ras di 5, la piccola meticcia Onda e l’ultima arrivata Pietra di 9 mesi.

Il cane deve essere bravo, ma anche il tartufaio deve saperlo portare nei posti giusti. Altrimenti il cane perde le sue qualità nel tempo”. Il lagotto è da sempre una delle razze predilette, perché per fiuto, intelligenza e resistenza è particolarmente adatto per la ricerca del tartufo. Secondo l’esperienza di Ivo, che è totalmente autodidatta anche nell’addestramento, “il lagotto con il manto bianco è ancora più indicato, perché più visibile nel bosco, anche al buio”. E pensare che un tempo era consentito farsi accompagnare anche dai maiali, pratica che ancora oggi è in uso in Francia, mentre la legge italiana lo vieta dal 1985.

Tipologie di tartufo e stagionalità

Se siete stati abituati a distinguere il tartufo in bianco e nero, drizzate bene le orecchie (proprio come fa Dea quando fiuta qualche tartufo). Esistono 9 tipologie di tartufo commestibile, di cui 7 neri, nero pregiato, liscio, uncinato, scorzone, mesenterico, brumale e brumale moscato, e 2 bianchi, il bianco pregiato e il bianchetto.

Ogni tartufo ha una sua stagionalità e un calendario diverso in ogni provincia, con date di apertura e chiusura che sono stabilite dalla Regione. “Nella provincia di Bergamo, si potrebbero raccogliere tutte le tipologie di tartufo, anche se nella mia esperienza qui non ho mai trovato il tartufo bianco pregiato, il nero liscio o il bianchetto. Qui si trovano principalmente due tipologie di tartufo nero: il Tuber aestivum Vitt., detto nero estivo o volgarmente scorzone, che si raccoglie dall’inizio di giugno e fino al 30 di novembre, e il Tuber uncinatum, varietà autunnale che cresce dal 1° ottobre al 31 dicembre”. Oltre a queste due, anche il tuber mesentericum (tartufo nero ordinario), che però è commercialmente meno pregiato e meno richiesto.

“La Val Serina è una delle aree più ricche di tartufo di tutta la provincia” racconta Ivo. “Va però detto che un tartufaio deve essere pronto a muoversi molto nella sua ricerca, se non vuole focalizzarsi solo su una tipologia di tartufo”. Lui ad esempio lavora su tutto il territorio lombardo, spostandosi sia verso il lago di Garda che ad ovest, sui laghi di Como e Maggiore, e sui Colli Pavesi, dove è possibile raccogliere anche il tartufo bianco – Tuber magnatum pico.

Questa prelibatezza, che è la varietà più conosciuta e pregiata, cresce solamente in alcune zone d’Italia. La più nota è Alba, in Piemonte, dove ogni anno si celebra la Fiera Internazionale del Tartufo bianco d’Alba (nel 2021 è prevista dal 9 ottobre al 5 dicembre, ndr). Il bianco è anche il tartufo più difficile da trovare e la tipologia che Ivo preferisce. Sorridendo dice che potrebbe quasi “mangiarlo a morsi come una mela”.

Il tartufo in cucina

Spesso si accosta il pregio del tartufo ad una difficoltà nell’utilizzo in cucina. È proprio il contrario: il tartufo va gustato senza troppe lavorazioni. Quasi tutte le tipologie sono ottime se grattate o lamellate in purezza su un piatto caldo, ad esempio un risotto o una pasta. O ancora su un semplice uovo al tegamino che, per riportare esattamente l’espressione che ha usato il tartufaio, “è la sua morte!”.

Una preparazione che piace molto a Ivo è una sorta di pesto al tartufo da utilizzare come condimento per la pasta o per farcire una tartina, che si può fare in casa con pochi ingredienti e semplici passaggi. Prima bisogna sminuzzare il tartufo con un frullatore oppure con i rebbi di una forchetta, fino ad ottenere una consistenza simile alla granella di nocciole. Poi si condisce con olio extra vergine di oliva, precedentemente aromatizzato con uno spicchio d’aglio per qualche minuto, un po’ di sale e di pepe. Come tocco finale, Ivo consiglia di “tenere da parte un piccolo pezzo di tartufo, per aggiungere qualche lamella al piatto finito”. L’accostamento con gli altri ingredienti è fondamentale: alimenti dal gusto pronunciato potrebbero coprire quello del tartufo. Per questo, come dice Ivo, le ricette più semplici sono le migliori.

Per la conservazione del prodotto fresco, l’esperto consiglia di avvolgere il tartufo in carta assorbente da cucina, all’interno di un contenitore ermetico in vetro o plastica, da mettere in frigorifero. La carta va poi sostituita quotidianamente, per mantenere il prodotto alla corretta umidità. Nel contenitore, “si possono inserire anche alcune uova fresche oppure del riso crudo, che potranno assorbire il profumo del tartufo per un risultato ancora più gustoso”.

E se volessi fare il tartufaio?

In ultima battuta, ci sono consigli che sente di dare a chi vuole iniziare la sua carriera nel mondo del tartufo? “Per iniziare ed imparare servono principalmente umiltà e curiosità. Se poi si vuole fare il tartufaio full-time, bisogna essere pronti a muoversi molto, senza concentrarsi su una singola zona, per non essere penalizzati dalle stagionalità e dalle tipologie”. E poi la costanza, infatti un cavatore può raccogliere per legge solamente 1 kg di tartufo al giorno.

L’investimento in partenza è molto importante, bisogna essere pronti a dare molto e a ricevere poco per volta” continua Ivo, che oggi ha quasi la sensazione di essere un umile eroe, per il suo contributo nella tutela del bosco e per la raccolta di preziosi tesori che poi arrivano sulle tavole di molti appassionati. “E come dico sempre, è importante scegliere se si vuole essere un vero tartufaio oppure un semplice cercatore di tartufi. Un vero professionista lo si può riconoscere da come chiude la portiera della macchina ” ovvero senza fare rumore, per non farsi sentire dagli altri colleghi, sempre pronti a scoprire una tartufaia più ricca.

Ivo Locatelli non ha un sito, ma se avete bisogno di informazioni e consigli potete scrivergli a [email protected]

Approfondimenti