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Accademia Tadini. «Visit different» grazie alla nuova App

Articolo. Dopo il nuovo logo, disegnato da Gigi Barcella e Daria Donadoni, costruito sulla firma del fondatore, è il momento della svolta digitale e narrativa per quel museo unico che è l’Accademia Tadini di Lovere

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Accademia Tadini (G. Bonomelli)

È nata la nuova App che tutti i visitatori del museo possono già scaricare gratuitamente dagli App Store sui propri dispositivi. L’applicazione, realizzata grazie al contributo di Regione Lombardia, è stata progettata da Marco Albertario con la collaborazione di Elena Lissoni e Silvia Capponi per poi essere realizzata da Moma Comunicazione, con la collaborazione dell’Associazione Culturale Olive a pArte.

Sulla base di un’interfaccia user friendly, l’App mette a disposizione del visitatore gli strumenti per creare un percorso di visita individuale personalizzato, per conoscere la Galleria dell’Accademia Tadini, il suo patrimonio e la sua storia. Si tratta di uno strumento per conoscere le coordinate generali e imprescindibili del museo e anche per prepararsi alla visita: un’introduzione storica, la pianta con alcune aree interattive per individuare sale e contenuti, la presentazione di quaranta «capolavori» scelti.

Poi c’è la sezione dei percorsi tematici di visita chiamati, non a caso, «Esperienze», che possono essere sbloccati solamente attraverso un QR code disponibile all’ingresso del museo. Consentono di scegliere da chi farci accompagnare nelle sale tra i racconti (e i punti di vista) di quattro protagonisti della storia del museo: il conte Luigi Tadini, il grande scultore Antonio Canova, il pittore Giorgio Oprandi e Carlotta Martinolli, nipote di Francesco Hayez.

In primo piano anche il tema dell’accessibilità, con la scelta della font Biancoenero®, la prima font italiana ad Alta Leggibilità, concessa in uso da Biancoenero Edizioni, la possibilità di gestire la dimensione dei caratteri, l’alto contrasto e la possibilità sia di ascoltare che di leggere i contenuti, per venire incontro alle diverse esigenze di pubblici differenziati. È già in preparazione anche il percorso tematico appositamente progettato per i bambini che avranno come guida d’eccezione Serafino, il cane di Faustino Tadini.

«L’obiettivo è quello di aiutare il lettore a fare esperienza di una collezione storica attraverso gli occhi dei suoi protagonisti – spiega il direttore della Tadini, Marco Albertario Ad esempio, nel racconto narrato in prima persona dal fondatore, il conte Luigi Tadini, gli audio, caratterizzati da una mescolanza di suoni per evocare il contesto, tracciano un ideale percorso nel museo evocando il viaggio in Italia del conte, il passaggio nello studio di Antonio Canova, il negozio di anticaglie di Napoli, la bottega dell’antiquario di Verona, invitando passo passo il visitatore a fare esperienza delle opere. L’idea è quella di fare del museo la casa delle storie, che si aprirà progressivamente fino ad accogliere i contenuti che i visitatori vorranno creare attraverso laboratori di storytelling dedicati».

La nuova App è costruita su misura per portare in luce le peculiari caratteristiche e risorse storiche, culturali e anche emotive del museo, che è di fatto un museo differente. Scopriamo perché l’«operazione narrativa» è per un museo come questo una svolta fondamentale.

Solo se ascolterai il racconto del conte Luigi Tadini…

L’Accademia Tadini non è un museo che nasce come “contenitore” espositivo di una o più collezioni. Proprio come l’Accademia Carrara, la Tadini nasce come museo aperto al pubblico per la precisa volontà del suo fondatore. L’Istituto di Belle arti Tadini è stato infatti fondato dal conte Luigi Tadini (1745-1829) per conservare ed esporre al pubblico la propria collezione d’arte nelle sale dell’edificio neoclassico appositamente costruito sul lungolago di Lovere tra il 1821 e il 1827, ma anche per ospitare scuole di musica, canto, e disegno. Ma mentre la Carrara ha visto, per varie vicende, mutare irreversibilmente la fisionomia della collezione originaria, le vicende storiche hanno invece consentito alla Tadini di mantenere nella sede storica l’unità delle collezioni d’arte, Biblioteca e Archivio, privilegio raro che fa della Galleria loverese un documento importante della storia del collezionismo lombardo.

Un’identità, dunque, quella del museo ad oggi conservata intatta nella relazione inscindibile tra personalità e obiettivi del fondatore, contenitore architettonico e collezione esposta. Una collezione che potremmo definire multidisciplinare perché raccolta dal Tadini senza alcuna «gerarchia tra i saperi». Inseguendo i propri interessi e le proprie passioni riunisce dipinti, sculture, porcellane, pezzi archeologici, sculture, libri, tele.

Queste caratteristiche si traducono nella possibilità per il pubblico di fare esperienze di fruizione diverse e anche una ricostruzione scientifica, ma più empatica, della Storia, in cui i patrimoni materiali si incrociano con quelli immateriali, fatti di relazioni, emozioni, sogni, scelte a aspettative di chi questo luogo lo ha immaginato e realizzato: il conte Luigi, la moglie Libera Moronati, il figlio unigenito Faustino.

Solo se ascolterai il racconto di Antonio Canova…

…scoprirai che dietro la Stele Tadini c’è una storia di amicizia. Il primo incontro tra i Tadini e Canova ha luogo a Roma, nella bottega dello scultore, in occasione del viaggio dei conti in Italia intorno al 1794-1795.

Nascerà un’amicizia che durerà fino alla morte dello scultore, e che porterà a Lovere due doni importanti: il bozzetto della «Religione» e la «Stele Tadini», monumento consacrato alla memoria del giovane Faustino, tragicamente scomparso nel 1799.

Solo se ascolterai il racconto di Giorgio Oprandi…

…scoprirai come si può partire per l’Africa per caso, e poi tornarci più e più volte, per cogliere tutti i colori di un continente. Un altro elemento che rende un museo come la Tadini uno straordinario “narratore di storie” è anche il profondo legame con il territorio.

Come pochi altri musei, infatti, la Tadini è radicata nel territorio loverese, fa parte della sua storia, del suo paesaggio e della sua gente. Ne custodisce in sostanza il genius loci. Basti pensare all’edificio che ospita il museo, vero e proprio landmark del paesaggio loverese, e anche al legame mai interrotto tra la Tadini e il pittore Giorgio Oprandi (Lovere 1883-1962), che inizia con la sua formazione artistica sui banchi della Scuola di disegno, si traduce in numerose esposizioni dedicate al suo lavoro e approda alla donazione di un significativo nucleo della sua produzione.

In compagnia della App, il visitatore può scoprire l’avventurosa esperienza, sulle piste battute dalle carovane africane, di colui che tra il 1927 ed il 1935 è considerato il principale «pittore delle colonie italiane» e che, dopo il ritorno a Lovere, diventa sensibile interprete dei suoi luoghi, pronto a registrare le variazioni luminose e atmosferiche dell’incontro tra i monti e il lago d’Iseo.

Solo se ascolterai Carlotta Martinolli, nipote di Francesco Hayez…

…capirai perché i tre quadri che l’Accademia Tadini conserva sono diversi da tutti gli altri. Varie donazioni hanno accresciuto, nel tempo, il nucleo originario della Galleria, confermando il legame tra museo e territorio. È così che sono nate le importanti sezioni dedicate all’Ottocento e all’Arte moderna e contemporanea.

Tra le “storie” più recenti spicca quella narrata da Carlotta Martinolli, nipote del pittore Francesco Hayez e moglie del notaio loverese Enrico Banzolini, che racconta nella App la vicenda dei quadri dello zio e di come sono arrivati a Lovere, in dono dal pittore: prima una bella «Madonna» da appendere come capoletto, qualche anno dopo un «Autoritratto», «così ti ricorderai sempre dello zio». Infine, il suo ultimo quadro, quell’«Ecce homo» accompagnato da un desiderio: «voglio che chi lo guarda mi dica che a 85 anni sono ancora un pittore».

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