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Di cosa parliamo quando parliamo di Giovan Battista Moroni

Articolo. “Il Codice Moroni”, dal 3 giugno ad Albino, è un percorso multidisciplinare per raccontare il lato “seriano” del “pittore della realtà”. Diviso in due parti, racconta il Moroni dei ritratti e quello della spiritualità

Lettura 5 min.
Giovan Battista Moroni, Portrait of a Lady (’La Dama in Rosso’), un particolare. (© The National Gallery, London)

Parola abusata, ma anche forma tipica del nostro tempo, lo storytelling – l’azione del raccontare storie finalizzata al convincimento – dalla politica e dal marketing si è spostata anche nell’arte. Se è vero che un quadro o un artista hanno sempre dietro una storia, questa storia il pubblico la vuole conoscere sempre di più.

Sarà che la fruizione così è più semplice e gustosa, sarà che senza neanche volerlo ormai ci siamo abituati così (del resto cos’è Banksy se non per buona parte storytelling?). Ormai però lo storytelling domina – e dominando non è ovviamente esonerato dalle critiche. In forma di experiences (come quelle dedicate a Klimt e Modigliani al Mudec di Milano) e dunque di evocazione finalizzata a colpire soprattutto i sensi. Oppure in forma di racconto multidisciplinare e multisensoriale. Con il rigore che possono garantire la collega Barbara Mazzoleni (che abitualmente su Eppen e su L’Eco di Bergamo si occupa di cose artistiche) e la storica dell’arte Orietta Pinessi, curatrici de “Il codice Moroni – Storytelling di un pittore del Rinascimento: luoghi, persone, cose che parlano di noi”.

Quando e dove

Accadrà dal 3 giugno al 22 agosto presso la Chiesa di San Bartolomeo (XV sec.) – uno dei monumenti storici più interessanti della Val Seriana – e la vicina parrocchiale di San Giuliano, custode di vari capolavori di Giovan Battista Moroni (ingresso gratuito ma contingentato: i tempi, si sa, sono quelli che sono).

“Il Codice Moroni” è promosso e realizzato da Comune di Albino e Parrocchia di San Giuliano di Albino, con la direzione organizzativa di Promoserio e con il patrocinio di Regione Lombardia, Camera di Commercio di Bergamo e Comunità Montana Valle Seriana.

Un’orchestrazione moroniana

Inaugurerà il 2 giugno alle ore 18.30 questa che non è una vera e propria mostra ma un’orchestrazione di immagini, dipinti, parole, oggetti, colori e restauri tutti inerenti al Moroni e dintorni. Senza più segreti, o quasi – promettono le curatrici: possiamo fidarci – “Il codice Moroni” (ottimo nome per un romanzo storico-noir) rientra nel progetto più ampio Moroni500, per i cinque secoli dalla nascita del pittore di Albino.

L’evento, come recita il comunicato, “si propone di offrire una lettura differente del mondo di Giovan Battista Moroni, che tenga conto di tutti i fattori che hanno contribuito a costruire il suo immaginario pittorico”. Dunque la sua biografia, il luogo d’origine e il paesaggio, i suoi scritti e poi gli “oggetti parlanti”, i colpi di scena, l’atelier. Senza scordare la passione per la moda, la spiritualità e certi dettagli rivelatori che sempre rendono un quadro “da leggere” e non solo da guardare. Fondamentale pure “il cortocircuito con le ‘cose’ di Moroni che abbiamo ancora davanti agli occhi”.

Se siete stati a Londra (National Gallery), New York (Metropolitan) e ovviamente Bergamo (Accademia Carrara) vi sarete accorti del Moroni come di un artista che è molto di più di “un pittore di provincia”. Anzi: il successo oltreconfine ha lasciato a margine quei luoghi nei quali il “pittore della realtà” nacque e si trovò ad esercitare per gran parte della vita, aspetto trascurato nell’indagine storico-artistica e critica. Del Moroni, sottolineano le curatrici, s’è fatto “lo stereotipo di una gerarchia, che non ha ragione di esistere, tra i celebrati ritratti e le opere sacre relegate a un ruolo ‘minore’”.

Moroni profano

E allora cerchiamo di spostare la visione di GBM. Nella chiesa di San Bartolomeo si esemplifica il racconto del Moroni uomo, pittore e ritrattista, secondo sezioni, o “stanze” che dir si voglia, ribattezzate C’era una volta; Il Codice Moroni; l’Atelier; Un set di posa; Di sua mano e no; Il Sarto, una bottega di tendenza; Un protagonista inatteso: il paesaggio; La libreria di Moroni. Lungo il percorso, le riproduzioni delle opere moroniane (grandi, ma non originali come i documenti autografi e i volumi) s’intrecciano con oggetti, tessuti, pigmenti, rari documenti autografi, volumi cinquecenteschi, e anche le ricognizioni fotografiche sul territorio del Circolo fotografico Città del Moroni.

Ci sarà pure un angolo social nel quale i visitatori potranno essere i protagonisti di un “set” moroniano, attraverso un selfie nei panni di un ritratto dall’artista. Non mancheranno gli abiti del Sarto e dei celebri coniugi Spini, filologicamente ricostruiti dallo storico del costume e della moda Alessio Palmieri Marinoni. E a sorpresa i visitatori potranno incontrare la stilista albinese Simona Brena, alle prese con la confezione in diretta dell’abito mozzafiato indossato dalla principessa salvata da San Giorgio nel Polittico di Fiorano al Serio.

Parallelamente alla mostra, la Fondazione Arte della Seta Lisiodi Firenze organizza ad Albino una Summer Schooldi alta sartoria storica, così riprodurre il magnifico abito sfoggiato dalla “Dama in rosso”, quella Lucia Albani ritratta da Moroni in un’opera oggi esposta alla National Gallery.

Moroni sacro

Diversa la concezione dell’esposizione nella chiesa di San Giuliano. Al centro le “Immagini per lo spirito” che Moroni ha fatto germogliare nello stretto contatto con la sua terra, la sua gente, la cultura religiosa e la devozione popolare del suo tempo. Due interventi di restauro restituiscono una completa leggibilità compositiva e cromatica a due opere chiave di Moroni, grazie alla cura del restauratore Antonio Zaccaria. Si tratta del “Crocefisso adorato dai santi Bernardino e Antonio da Padova”, unanimemente ritenuto il capolavoro del Moroni sacro. È stato sottoposto a indagini diagnostiche condotte dal Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia Vincenzo Gheroldi: un dettaglio rivelatore riportato in luce definisce Moroni quale abile maestro nella comunicazione suggestiva delle immagini – il restauro si deve al supporto della Fondazione Credito Bergamasco.

L’altro ripristino, un delicato intervento condotto sullo “Stendardo della Visitazione” della chiesa di San Giuliano, regala un commovente “abbraccio di speranza” che è stato scelto come icona di tutto il progetto Moroni500 – inevitabile dopo le profonde ferite che Albino e la Val Seriana hanno riportato a causa della pandemia. L’intervento è stato reso possibile dal Comune di Albino con il contributo di Fondazione della Comunità Bergamasca.

La pala della Trinità nella Chiesa di San Giuliano ci svela un Moroni inedito, “geografo”, nel globo tenuto in mano da Cristo che non è un semplice globo ma un mappamondo della terra allora conosciuta. Nella Sacrestia – dove si trova la “processione” di tre stendardi: quello della Visitazione, lo Stendardo di Pradalunga e quello di Villa di Serio – il rimando è alla devozione popolare, fatta di confraternite, fede e sentimenti, cui Moroni ha partecipato e di cui si è fatto singolare interprete. La cultura religiosa del suo tempo è l’influenza che Albino e la Valle Seriana hanno impresso sul pittore. Cruciale per la comprensione dell’arte del nostro e dei motivi continuamente riproposti in tutta l’evoluzione della sua parabola artistica.

“Visite narrate” e il catalogo

Non da ultimo, il pubblico potrà partecipare, previa prenotazione, alle “visite narrate” della scuola I.S.I.S. Oscar Romero di Albino, condotte da giovani storyteller, cioè studenti preparati per il ruolo di guide narratrici.
“Il Codice Moroni” è inoltre accompagnato da un agile diario-catalogo, in cui il racconto di Moroni con un linguaggio contemporaneo è affidato a studiosi e specialisti, interagendo con la lettura visiva proposta dalla grafica di Dario Carta. La pubblicazione riunisce i contributi di tutti gli autori che hanno collaborato alla mostra. Li citiamo: Gian Luca Bovenzi, Giuseppe Frangi, Vincenzo Gheroldi, Don Giuseppe Locatelli, Alessio Palmieri Marinoni, Barbara Mazzoleni, Emilio Moreschi, Orietta Pinessi, Fabio Terzi, Giampiero Tiraboschi, Silvio Tomasini, Antonio Zaccaria.

“C’è ancora tutto da riportare in luce – sottolineano le curatrici – uno specifico ‘seriano’ del pittore, un radicamento della sua pittura nel repertorio di esperienze primarie di un uomo del Cinquecento, la cui taciturna potenza rivelativa è incisa nella sua cifra poetica in modo determinante”. Il Codice del pittore dei ritratti sospesi in un gesto, dei visi dagli occhi profondi e penetranti, di una realtà quasi sempre silenziosa, metafisica ante litteram, verrà svelato dal 3 giugno. Si tratterà solo di decifrarlo.

Eppen è content partner di Moroni500.
Scopri il racconto di tutti le iniziative su moroni500.eppen.it e il calendario degli eventi.

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