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La Madonna del Parto, da Piero della Francesca a Vanessa Beecroft

Guida. Un tema ricorrente dell’arte nei secoli, le icone delle Madonne in dolce attesa sono sempre state visitate dalle puerpere. Per invocare protezione durante la gravidanza e il travaglio, anche oggi

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“Tutto il tempo che dall’avvento porta al Natale è gravido di attesa, di silenzio, ma anche è popolato di volti, messaggeri e oracoli, che annunciano la nascita del Messia. In questo scenario, un profumo di donna attraversa il tempo, crea un clima spirituale che si fa grembo,introduce l’eterno nel tempo. Figure femminili si sono avvicendate e sono divenute protagoniste interrompendo una storia popolata solo di uomini. Esse preparano la via dell’incarnazione del Figlio di Dio, spostando il centro della sua manifestazione dal tempio alla casa, da Gerusalemme a Nazareth, dalle celebrazioni maestose alla ferialità del quotidiano dove si consuma la vita. Quando si parla di una nascita, non può che essere protagonista una donna chiamata a generare e portare nel suo corpo la vita nascente”.

Le parole di Chiara, monaca Clarissa del Convento di Bergamo, sono perfette per accompagnarci verso un mondo di immagini che è tanto poco noto quanto invece è oggetto di venerazione. Il culto della Madonna del Parto, come patrona delle donne incinte, ha radici devozionali che si perdono nella notte dei tempi. Eppure è difficile trovare una “Madonna del parto” in primo piano tra le “quadrerie” delle nostre chiese, così come scovare un capitolo specifico della storia dell’arte è, a parte casi eccezionali, impresa ardua.

Gravidanze “universali” di ieri e di oggi

Le icone delle Madonne in dolce attesa sono sempre state visitate dalle puerpere per invocare protezione durante la gravidanza e il travaglio, non solo in epoche in cui il parto poteva essere fatale ma anche oggi.
Quando si dice “Madonna del parto” generalmente si dice Piero della Francesca. Alla sua mano si deve il celebre affresco di Monterchi (1450-65), nel territorio aretino, in cui incontriamo Maria nei panni di una qualunque gestante, priva di alcun attributo regale, quasi “fotografata” in un gesto del tutto naturale: in piedi, inarca la schiena in avanti e porta una mano sul fianco per reggere meglio il peso del ventre rigonfio, mentre con la mano destra lo accarezza teneramente, dischiudendo i lacci della veste a suggerire l’avanzato stato di gravidanza.

Una gestante non così lontana da quella immortalata nel 1964 dall’artista Pino Pascali nella sua “Maternità”, icona contemporanea di una gravidanza permanente (a occhio e croce già al settimo/ottavo mese), eternamente sul punto di partorire il futuro dell’umanità.
E che dire della “Maman” di Louise Bourgeois (1999), che si offre come madre dei suoi piccoli ma anche di tutta umanità? La gigantesca scultura di mamma ragno racchiude nel ventre tondeggiante le uova di marmo dei suoi piccoli, ma si offre anche come rifugio e protezione a tutti coloro che vogliono ripararsi sotto la “tenda” delle sue lunghe zampe.

L’ultima “icona” contemporanea in questo viaggio nel tempo è la “Pregnant Madonna” (2006) di Vanessa Beecroft, una “Madonna” nera incontrata dall’artista nei suoi viaggi in Sudan, che posa per l’obiettivo nella sua semplice veste candida con una regalità fiera e naturale, che contrasta con la miseria delle pareti spoglie che le fanno da sfondo.

A caccia di Madonne del parto sul territorio bergamasco

È opinione comune che il culto della Madonna del parto non sia molto diffuso dalle nostre parti. Eppure imbattersi nella Vergine incinta tra le chiese di città e provincia è cosa meno rara di quanto si pensi. La più antica si scova tra gli affreschi trecenteschi dell’ex chiesa di S. Agostino in Città Alta. La Vergine, in avanzato stato di gravidanza, è raffigurata in piedi mentre legge un libro di preghiere, su cui fino a qualche decennio fa si potevano ancora identificare alcuni versi del Magnificat: “quia respecsit humilitatem ancillae ... beatam” [L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore], perché ha guardato l’umiltà della sua serva. [D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno] beata).

Questa aggraziatissima Maria china il capo per leggere e ben rappresenta l’iconografia che distingue l’arte lombarda da quella più diffusa in area toscana, nella quale la Vergine tiene il libro chiuso davanti a sé ed è raffigurata in posizione frontale, con una raffigurazione meno accentuata dell’imminente maternità. L’autore? Un anonimo maestro lombardo attivo tra gli anni settanta e ottanta del Trecento, che non a caso è soprannominato proprio da questa immagine “Maestro della Madonna del Parto”.

Ma i luoghi che custodiscono sul nostro territorio dipinti delle Madonne del parto li vogliamo nominare tutti: in città, la chiesa di S. Bartolomeo, quella di Santa Caterina che ne custodisce ben due, la chiesa di S. Giorgio a Bonate Sotto, il Santuario della Madonna della Fiamma a Martinengo, la chiesa di Santa Maria Madre di Dio a Romano di Lombardia, S. Giorgio a Zandobbio; al Santuario della Madonna dei Campi di Bolgare, la “Madonna del parto” più recente nel dipinto murale eseguito da Sergio Fasolini nel 1980.

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La più venerata

In realtà l’icona più venerata a Bergamo dalle donne incinte, ma anche da quelle che non riescono ad avere figli, non è una “Madonna del parto” bensì la “Madonna del Buonconsiglio”, un piccolo manufatto custodito nella chiesa cittadina di Santo Spirito, raffigurante la madonna col Bambino, una vera rarità nel nostro patrimonio artistico.
A volte, la devozione non si alimenta soltanto di grandi pale d’altare, ma si accende attorno a piccole, preziose immagini miracolose. È il caso di questa piccola e delicata tempera su tela eseguita da un pittore di origine franco-borgognona, attivo intorno al nono decennio del Quattrocento, che vi ha riprodotto in maniera fedele una xilografia di matrice fiamminga, nota solo in pochi esemplari sopravvissuti.

Questa matrice, a sua volta, ci conduce, come è evidente osservando la “Madonnina”, a invenzioni della tradizione figurativa delle Fiandre, tra Rogier van der Weyden e Dieric Bouts. Un’immagine dunque singolare, che si discosta da quelle che popolano la tradizione figurativa e l’immaginario del sacro della nostra città. Per le sue piccole dimensioni (36x30 cm) e per la collocazione in alto che la rendono forse poco visibile, o forse perché messa in ombra dalla fama delle opere che la attorniano, la “Madonnina” di S. Spirito è ancora poco conosciuta dal grande pubblico nella sua eccezionalità. Ma ben la conoscono e la venerano tutte quelle donne che a lei rivolgono le preghiere per veder realizzato il loro desiderio di avere un figlio.

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