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Film da guardare nei primi 15 giorni di Esterno Notte

Guida. Anche al tempo del Covid riparte – con le dovute misure di sicurezza – una delle due arene estive di Bergamo. Vi suggeriamo le pellicole da vedere da qui al 5 luglio

Lettura 4 min.
“1917” di Sam Mendes

Nonostante tutto, Esterno Notte quest’anno si farà. Anzi, è già iniziato. Uno degli appuntamenti fissi più longevi dell’estate bergamasca, se reggerà il clima di cauto ottimismo in cui stiamo vivendo queste settimane, si svolgerà regolarmente fino a settembre. Con tutte le ovvie misure di prevenzione e controllo necessarie e rispettando il distanziamento si potrà dunque tornare al cinema in tutta sicurezza e senza lo spauracchio di dover stare al chiuso delle sale tradizionali.

Il programma, come di consueto, include alcuni dei migliori titoli della travagliata e incompleta stagione cinematografica appena conclusa (si fa per dire) più i classici riproposti in versione integrale o restaurata e in lingua originale dei Mercoledì da leoni, una pellicola in anteprima e gli spettacoli in collaborazione con Bergamo Film Meeting e Orlando.

Nei giorni scorsi sono già passati alcuni dei film più interessanti degli ultimi tempi, come le due commedie che hanno inaugurato la rassegna: “L’hotel degli amori smarriti” di Christophe Honoré, un viaggio onirico e stralunato nella vita sentimentale di una donna in crisi matrimoniale, e “Lontano lontano” di Gianni Di Gregorio, un garbato e sardonico sguardo su un’età della vita, quella della pensione, spesso un po’ dimenticata dal cinema.

Scorrendo un programma tanto variegato sono moltissimi i film ad attirare l’attenzione e spesso si rischia di perdersi un po’. Proviamo quindi a dare qualche consiglio di visione per le prossime due settimane, tenendo presente che del film migliore in assoluto in calendario nei prossimi giorni (esclusi i classici del mercoledì), “Un giorno di pioggia a New York” di Woody Allen, abbiamo già parlato e lo escludiamo dalla lista.

“Alice e il sindaco” di Nicolas Pariser

(22 giugno) Un piccolo grande film perfettamente centrato sul presente come se ne vedono pochi. Seconda opera del regista francese Nicolas Pariser è la storia di una giovane donna, Alice Heimann, assunta a tempo determinato nel gabinetto del sindaco socialista di Lione Paul Theraneau (Fabrice Luchini) per suggerirgli le idee che a lui non vengono più. Alice, laureata in lettere, con una solida conoscenza delle scienze filosofiche, ben presto entra nelle grazie dell’ambizioso sindaco e ne diventa consigliera, confidente e partner di confronto e discussione, seguendone le sorti sino alla svolta decisiva della carriera dell’uomo.

Un film fatto di sottigliezze narrative, di una sceneggiatura intelligentissima e uno spunto per ragionare senza alcun preconcetto o atteggiamento negativo su temi attualissimi come i rapporti intergenerazionali, il ruolo della sinistra nella politica contemporanea e il rapido mutare della società e dei suoi bisogni. Inoltre un’illustrazione della differente prospettiva rispetto al lavoro, alla carriera e al proprio posto nel mondo che i trentenni e i quarantenni di oggi hanno rispetto ai loro padri. Ma anche di come all’interno di tutto questo possa esistere uno spazio di riflessione, comunicazione e condivisione. Un messaggio per nulla banale e un confronto diretto lanciato allo spettatore. Assolutamente da recuperare.

“Andrej Tarkovskij. Il Cinema come preghiera” di Andrej A. Tarkovskij

(24 giugno) Il primo dei Mercoledì da leoni è dedicato a uno dei registi più importanti e celebrati della storia del cinema mondiale: Andrej Tarkovskij. Raccontato in questo documentario intimo girato dal figlio Andrej Andreevič e ricco di ricordi, materiali e immagini personali, ma realizzato senza alcuna facile retorica o seduzione agiografica. Ne emerge il ritratto di un uomo mosso da una profonda etica e da un rigore severissimo nei confronti della vita e del proprio lavoro. Fare arte per Tarkovskij significava confrontarsi prima di tutto con il mistero dell’uomo e dell’esistenza, temi dei quali ha sempre messo in luce gli interrogativi più profondi – umanistici, filosofici, spirituali – piuttosto che le risposte più facili.

Un artista indipendente, schivo, isolato – profondamente connesso alla tradizione culturale russa, ma cittadino del mondo e legatissimo all’Italia – autore di una forma filmica unica e irripetibile. Fra i primi a tematizzare il primato dell’immagine sulla drammaturgia e a credere nell’universalità dell’arte cinematografica, capace di arrivare a tutti e di parlare a tutti i livelli. Trentaquattro anni dopo la sua scomparsa il suo cinema è ancora vivo e attualissimo.

“Antropocene – L’epoca Umana” di Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky e Nicholas de Pencier

(25 giugno) L’età geologica nella quale viviamo si chiama Olocene, ma molti studiosi da diverso tempo sostengono la necessità di sancire ufficialmente l’ingresso in una nuova era definibile come Antropocene (termine coniato negli anni ottanta dal biologo Eugene Stoemer) ovvero un’epoca contraddistinta dall’impatto della specie umana sul nostro pianeta. Scritto e realizzato nell’ambito di un lavoro più ampio (fatto di mostre e progetti fotografici) dai documentaristi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier e dal fotografo Edward Burtynsky, il film mostra i più devastanti fenomeni di sfruttamento del suolo terrestre da parte dell’uomo.

Filmato in giro per il mondo – dal Kenya alla Siberia, dal Cile all’Indonesia, dall’Europa al Nord America e fino all’Australia – “Antropocene” contrappone la bellezza variopinta, geometrica e asettica delle immagini che mostra alla drammaticità dei temi che affronta, lasciando un senso di profonda amarezza negli occhi dello spettatore. Attraverso i numerosi termini tecnici con cui sono scanditi i capitoli (Estrazione, Terraformazione, Tecnofossili, Antroturbazione, Limiti, Cambiamento climatico e Estinzione) siamo messi di fronte a una verità tanto innegabile e spesso ignorata, quanto ormai impossibile da non vedere.

“I vitelloni” di Federico Fellini

(1 luglio) Nel 2020, impossibile non essersene accorti, è il centenario di quelli che da molti sono considerati i più grandi attore e regista italiani del Novecento: Alberto Sordi e Federico Fellini. Come è noto i due furono molto amici per tutta la vita e condivisero soprattutto negli anni della gavetta un profondo legame. Fra le diverse esperienze che videro incrociarsi le loro strade, “I vitelloni” è senz’altro l’opera di maggior rilievo, oltre che uno dei film più importanti e straordinari del secondo dopoguerra.

Sorta di biografia di gioventù del regista racconta le illusioni perdute, i sogni infranti e la insostenibile aridità della vita di provincia attraverso la vita svagata e annoiata di cinque trentenni nella Rimini dei primi anni cinquanta. Un vero e proprio monumento del cinema italiano e l’opera più intima di Fellini con alcuni momenti entrati nella storia. Non solo la celebre pernacchia ai lavoratori di Sordi, ma anche le lunghe scene notturne della Rimini invernale, quelle del carnevale e un finale indimenticabile. Da vedere e rivedere.

“1917” di Sam Mendes

(3 e 4 luglio) Uno dei film più discussi della scorsa stagione e fra i più celebrati agli ultimi Oscar – a cui si è aggiudicato tre statuette a fronte di dieci candidature. Sam Mendes racconta la Prima guerra mondiale dal punto di vista dell’esercito inglese impegnato nel 1917 sul fronte occidentale e attraverso la missione di un soldato semplice incaricato di recapitare un dispaccio a un reparto situato al di là delle linee nemiche. Lo fa ripercorrendo alcune vicende private del proprio nonno, cui il film è dedicato, che combatté proprio in Francia con la fanteria britannica.

Raccontato nel corso di circa 24 ore il film segue il percorso del protagonista con pochissimi piani sequenza molto lunghi, adotta un’estetica da videogioco e compie una ricostruzione storica davvero sbalorditiva. Punta sul racconto della guerra come esperienza immersiva escludendo di fatto la Storia e mettendo al centro l’idea di come lo sguardo più vero sul conflitto bellico sia quello del soldato semplice all’oscuro dei piani dell’alto comando ma costretto a rischiare la vita. Forse non il più elaborato dei messaggi ma in fondo un concetto semplice e diretto e universale.

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