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#disabilità: Giulia Terzi, “Il segreto per continuare a vincere è non mollare mai”

Articolo. L’atleta paralimpica originaria di Arzago d’Adda al suo rientro da Tokio. Dove ha conquistato cinque medaglie (due ori, due argenti e un bronzo) e fissato un nuovo record europeo nel nuoto paralimpico. Intanto studia e guarda già al mondiale del prossimo anno

Lettura 5 min.
Giulia Terzi (foto Silvio Molinara)

Oro nei 100 stile libero, oro nella staffetta femminile 4×100 stile libero, argento nella staffetta 4X50 stile libero, argento nei 400 stile libero e un bronzo nei 50 metri farfalla. Questo il bottino che si è portata a casa dalle Paralimpiadi di Tokyo 2020 Giulia Terzi, classe 1995, che convive con una scoliosi congenita da quando era poco più che adolescente. A ciò si aggiunge una laurea in giurisprudenza (dopo quella in scienze politiche) conseguita con lode tre giorni dopo il ritorno a casa, ma Giulia non ha alcuna intenzione di fermarsi: “Adesso mi sto concedendo qualche giorno di vacanza e al rientro riprenderò subito gli allenamenti in vista dei prossimi impegni. Il più imminente è sicuramente il mondiale del prossimo anno in Portogallo. Cercherò di prepararmi al meglio per dare il massimo e riuscire a portare a casa qualche risultato utile. Del resto, dopo i due ori alle olimpiadi, vincere una medaglia d’oro anche al mondiale per fare il tris sarebbe un sogno… vedremo”.

In vasca ci entra quando ha poco più di cinque mesi per merito della madre, anche lei ex nuotatrice professionista, ma il suo primo amore è per la ginnastica artistica. Nel 2018, dopo tre interventi chirurgici, a causa del peggioramento della sua condizione (una scoliosi congenita rara con coinvolgimento midollare), la conseguente diminuzione di forza in braccia e gambe, la portano a fare una scelta obbligata. E così l’acqua diventa il suo habitat naturale: “Ho sempre fatto sport. Approcciami al mondo paralimpico e nello specifico al nuoto paralimpico mi ha dato la possibilità di conoscere altre persone con altre storie che mi hanno aiutato anche ad affrontare la mia disabilità; quindi, sicuramente mi ha aiutato dal punto di vista umano”.

La vittoria nei 100m stile libero

Il nuoto quindi come strumento di riabilitazione per il corpo prima e per lo spirito poi: “I medici mi dissero che non avrei più potuto prendere pesi e il nuoto era l’unico sport che potevo praticare perché faceva bene alla mia salute. E onestamente quando ho cominciato non avevo aspettative sul fatto che sarei riuscita a ottenere risultati importanti anche in termini agonistici”.

Giulia però non si è mai data per vinta e anche quando si è dovuta arrendere alle limitazioni imposte dalla sua malattia, ha conservato la sua forza interiore: “Io sono in carrozzina dal 2018 e mi sono sempre sentita uguale a tutti gli altri, non ho mai rinunciato a niente, riesco a fare tutto quello che facevo prima. Ovviamente bisogna ripensare a tutto, riadattarlo alle nuove esigenze. Ad esempio, non posso più correre, ma non ho dovuto compiere chissà quali rinunce. Il trucco, per così dire, sta nel capire che bisogna guardare tutto da un’altra prospettiva”.

Anche il suo rapporto con la femminilità non è particolarmente cambiato: “Dopo un primo periodo di assestamento posso dire per quanto mi riguarda che le variazioni più significative riguardano questioni meramente pratiche. Io mi sono accettata fin da subito, magari la scelta riguarda il vestito che deve star meglio da seduta. Ma credo che ciò che conti nel rapporto con sé stessi sia quello che ci portiamo dentro”.

A gennaio un nuovo intervento chirurgico e le limitazioni “imposte dalla pandemia”, segnano apparentemente una nuova battuta d’arresto per la sua carriera sportiva: “Mi rendevo conto che a gennaio ero ancora bloccata a casa per riprendermi dall’operazione e a maggio ci sarebbero stati gli europei a cui avrei dovuto necessariamente partecipare per la qualificazione alle olimpiadi. Non avevo nessuna possibilità di svago a causa delle dell’emergenza sanitaria quindi il mio pensiero andava sempre lì a dire: ce la farò mai? Poi mi è bastato tornare in acqua, appena i medici mi hanno dato l’ok e ogni dubbio si è dissipato. Sicuramente è stato un grande lavoro di squadra perché all’inizio non riuscivo a seguire gli allenamenti al pari degli altri. Ne facevo uno al giorno, ma nonostante il carico di lavoro ridotto, piano piano sono riuscita a rimettermi in sesto grazie e soprattutto al supporto dei miei allenatori”.

Insomma, la vita di Giulia è una decisamente piena: di impegni, sacrifici, rinunce, scadenze da rispettare. Tanto che viene spontaneo chiedersi come riesca a conciliare lavoro, studio e allenamenti: “Chiaramente bisogna fare sacrifici e rinunce. Spessissimo mi è capitato ad esempio nelle pause dagli allenamenti di studiare e anche dopo cena, tornavo, mangiavo e studiavo prima di andare a dormire. Prima delle gare a Tokio ripassavo la tesi che dovevo discutere al mio rientro. È inevitabile fare sacrifici se si vuole raggiungere un obiettivo e se questo diventa importante per te, tanto da essere la ragione per la quale ti svegli la mattina, i sacrifici che fai non ti appaiono neanche come delle rinunce”.

In questo senso Giulia non ha rimpianti: “Certo è che rifarei tutto quello che ho fatto per arrivare al momento in cui ho battuto il record paralimpico. A 15 metri dalla fine ho capito che ero davanti a tutti gli altri quindi mi sono detta che avrei dovuto resistere e, nonostante la concorrenza fosse particolarmente agguerrita, ce l’ho fatta. È stata un’emozione indescrivibile”.

La pioggia di medaglie dalla spedizione paralimpica a Tokio (14 ori, 29 argenti e 26 bronzi) ha portato nuovamente alla ribalta nel dibattito pubblicoun inevitabile confronto con le medaglie olimpiche in termini di valore economico. Se infatti l’oro, l’argento e il bronzo olimpico valgono rispettivamente, 180.000, 90.000 e 60.000 €, nel caso delle medaglie paralimpiche il valore stabilito dal CONI si attesta intorno ai 75.000 € per la medaglia d’oro, sui 40.000 € per l’argento e 25.000 € per il bronzo.

Ma qual è la motivazione che sta alla base di questa differenza? Lo chiediamo a Giulia: “Io sinceramente non mi vorrei permettere di dare un giudizio e prendere una posizione netta. Si tratta di questioni sulle quali decidono i comitati, che sia il CONI o il CIP. Penso che dietro a questa disparità ci siano sicuramente delle valide ragioni. Mettendola in questi termini è chiaro che ci sia una disparità, però ci sono messaggi che passano un po’ come vogliono passare e mi sembra riduttivo trarre la conclusione per la quale le medaglie paralimpiche valgono di meno perché gli atleti paralimpici valgono meno rispetto a quelli olimpici”.

In realtà, la tanto demonizzata ratio che si cela dietro a questa apparente discriminazione ha a che fare, come sottolineato da Giulia, coi criteri in base ai quali il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) definisce le categorie degli sport paralimpici. Essi tengono conto del tipo di disabilità, del grado di disabilità e delle funzionalità residue, ovvero delle capacità di ciascun atleta, poiché l’obiettivo primario è quello di garantire che gli atleti gareggino in una condizione di uguaglianza sostanziale. Ne consegue che per la stessa disciplina gli atleti vengono suddivisi in più categorie sulla base dei criteri sopra elencati.

Giulia è fortunatamente molto lontana da qualsiasi atteggiamento commiserante e rimane propositiva: “Io spero che questo grande fermento mediatico e questa visibilità che abbiamo ottenuto alle paralimpiadi sia utile per tanti bambini con disabilità per aiutarli ad approcciarsi al mondo dello sport che aiuta a crescere e trasmette dei valori che sono utili in tutti gli ambiti della vita: dedizione, spirito di sacrificio, altruismo, volontà di migliorarsi che inevitabilmente formano e ti aiutano a crescere come persona”.

Le sue aspirazioni rimangono quelle di una giovane donna che promana voglia di vivere, di continuare a sognare in grande e di porsi sempre nuovi traguardi da raggiungere con impegno e dedizione: “ora voglio continuare a studiare magari prendere un master post-laurea per crescere a livello professionale”.

Mentre sulla sua sfera privata ci confessa: “Ovviamente il mio sogno è di poter mettere su famiglia in futuro” (è legata sentimentalmente all’atleta di nuoto paralimpico Stefano Raimondi, anche lui tornato da Tokio con ben quattro medaglie d’argento due bronzi e un oro).

Penso che si debbano accettare le cose così come vanno, affrontare i cambiamenti e su quelli costruire la propria vita e imparare a conviverci. Che poi è ciò che conta per farcela davvero nella vita di tutti i giorni”. A noi non resta che prepararci già da ora a fare il tifo per Giulia ai prossimi mondiali.

Sito CIP – Comitato Italiano Paralimpico

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