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Giovanna Micheletti e quei sogni nel cassetto oltre al lavoro (come fare la cuoca)

Articolo. «Mi chiamano Giovanna della Mondoflex come se “della Mondoflex” fosse il mio cognome. In realtà pochi sanno qual è il mio vero nome». In occasione dello spettacolo «Inedite», che il team di Eppen porterà l’8 marzo alle 21 al Teatro Serassi di Villa d’Almè, abbiamo chiesto all’imprenditrice bergamasca di provare a raccontarsi in modo inedito. Tra sacrifici, passioni, partite di burraco e giardinaggio

Lettura 3 min.
Giovanna Micheletti

Negli uffici del punto vendita Mondoflex a Treviolo, Giovanna Micheletti ci accoglie con una risata contagiosa. «Non riesco a stare seria. Mia mamma mi diceva sempre: “cascasse il mondo, tu ridi sempre!” E io le dicevo: “mamma cosa posso fare di diverso? Anche se tenessi il muso lungo, se piangessi, non risolverei la situazione”».

Non c’è dubbio: il volto di Giovanna è noto («persino troppo», ride) non solo a chi frequenta il negozio bergamasco, ma anche a chi guarda abitualmente la televisione o ascolta la radio. Del resto, quando ha aperto la sua attività, Giovanna ha visto subito nella comunicazione e nella pubblicità gli strumenti più efficaci per farsi conoscere. «Certo, la Mondoflex adesso è una grande azienda, abbiamo più di 70 collaboratori, però è nata dal niente… Avevamo preso in affitto un seminterrato a Dalmine, lo ricordo ancora. Era un seminterrato con tutte le canne del riscaldamento che passavano, bruttino da vedere, però ogni volta che vedevamo entrare un cliente ci dava entusiasmo. Abbiamo iniziato così. Si facevano talmente poche vendite, perché nessuno ci conosceva, che abbiamo detto: investiamo parte del nostro guadagno in pubblicità. Solo così abbiamo la possibilità di farci conoscere, di invitare il cliente e creare con lui una relazione personale e consulenziale».

Nata da un’idea di Giovanna, Bernardo Brena, Barbara e Silvia Brena, oggi Mondoflex può definirsi un’azienda leader non solo nella produzione e nella vendita di materassi, ma nel settore del riposo a 360 gradi: dalle reti che sostengono i materassi fino ai letti, i guanciali, i divani, i divani letto e le poltrone. Eppure, l’imprenditrice ricorda ancora commossa le fatiche dei primi anni, quelli delle vendite dirette alle spose bergamasche. «Fino al 1999, io e Bernardo Brena facevamo il corredo alle ragazze: lenzuola, tovaglie, trapunte. Purtroppo, alla fine degli anni ‘90 questa tradizione è andata un po’ a scemare, perché non c’è più la cultura del lenzuolo in lino, ricamato a mano, difficile da stirare… e quindi si è sentita la necessità di orientarci su qualche altra nuova esperienza, qualche altro articolo».

Fino a quegli anni, il materasso veniva regalato dall’immobiliare stesso quando si acquistava la camera da letto. Non ci si poneva nemmeno la domanda: «di cosa è fatto, che materiale è?». «Però, negli anni ‘90 si iniziava a capire che riposare bene era importante. Ci siamo informati, abbiamo contattato qualche ditta e abbiamo trovato l’articolo molto interessante. All’inizio, i sacrifici sono stati molti: si lavorava fino alle 19, 19.30 e poi si andava ad esporre nelle corsie dei centri commerciali fino alle 22 o alle 23. Ricordo ancora l’emozione di quando abbiamo acquistato il primo furgone. Fino ad allora, si raggruppavano una decina, una quindicina di consegne e si noleggiava un furgone».

L’azienda comincia a crescere, a poco a poco. Una prima apertura a Crema e poi il primo punto vendita a Treviolo, a cento metri dall’attuale sede, nel 2004. Seguono punti vendita a Chieve, Melzo, Castel Mella, Desenzano del Garda. Nel 2014, viene inaugurato il nuovo complesso industriale in via Santa Cristina, a Treviolo appunto. Nel 2018, dopo aver aperto ulteriori negozi a Monza e ad Erba, Mondoflex dà vita anche al marchio IRO, avviando la sua prima piattaforma e-commerce.

«I nostri sacrifici sono stati ampiamente ripagati però, come dico sempre, ci vuole ancora tanto impegno – rivela Giovanna – Ancora oggi, trascorro in questa azienda dieci ore al giorno e poi, per crescere, perché c’è sempre da imparare, tante volte il lavoro lo porto a casa, anche la sera, quando ci sono materiali nuovi, prodotti nuovi. Li devo conoscere prima io per poterli trasmettere al personale».

Un lavoro di squadra (soprattutto femminile)

Alla richiesta di descrivere il proprio team, Giovanna Micheletti sorride. «I clienti mi fanno sempre tanti complimenti per il personale e non posso che esserne contenta. Gli imprenditori possono avere tutte le idee che vogliono, oltre alla possibilità economica di realizzare qualcosa di straordinario, ma se non si hanno dei buoni collaboratori che ci seguono in questa avventura si farebbe il doppio della fatica».

Nell’ufficio di Treviolo, che comprende sia la parte amministrativa che quella commerciale, lavorano ben 15 donne e un unico maschio. Tra collaboratori e venditori, il numero sale a 30 donne, un po’ di tutte le età, e tre uomini.

Secondo l’imprenditrice, non esistono lavori da uomo e lavori da donna. Certo, attività da magazzino o di consegna sono prettamente maschili, perché portare un divano al terzo o al quarto piano richiede una buona dose di fatica fisica. «Però direi di no, basta un po’ di volontà. Per quanto riguarda l’ufficio o il reparto vendite, il lavoro maschile e quello femminile si equivalgono. Sicuramente, per una donna al giorno d’oggi è ancora un po’ difficile imporsi, deve lavorare un po’ più di un uomo… è ancora una vecchia mentalità difficile da superare».

Giardinaggio, cucina e burraco

Benché dedichi la maggior parte della propria giornata al lavoro che ama, Giovanna Micheletti coltiva passioni che non esita a raccontare entusiasta. «Oltre a prendermi cura della casa, amo il giardinaggio, infatti se passate da casa mia soprattutto nella bella stagione, anche alle 11, a mezzanotte… mi trovate in giardino che semino, tolgo le erbacce, annaffio». C’è l’affetto per le nipoti e per la sua Piccola, la cagnolina di cui l’imprenditrice si prende quotidianamente cura. «E poi sono una giocatrice di burraco: cascasse il mondo, nevicasse… il venerdì sera non perdo occasione di giocare a burraco con le mie amiche». Un hobby che si affianca a quello della cucina e al sogno, nutrito da bambina, di fare la cuoca.

Chiediamo a Giovanna perché crede che parlare di noi, di noi donne, sia importante. E la risposta arriva come un fiume in piena. «Lo facciamo pochissimo. Ce ne dimentichiamo perché abbiamo sempre qualcuno a cui pensare: i figli, il marito, i nipoti, l’azienda, il lavoro… il noi quindi diventa una cosa molto piccola, limitata. Siamo fortunate quando riusciamo a parlare di noi perché emergono magari episodi che ci eravamo dimenticati, sogni che ci siamo dimenticati… Quanti sogni abbiamo nel cassetto? Sarebbe bello aprire quel cassetto e farne volare qualcuno!».

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