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Silvano Petrosino, La prova della libertà tra dono e rischio

Articolo. A parole, nessuno di noi vorrebbe rinunciare alle sue libertà personali, accettando passivamente le imposizioni di altri. Ma la questione è decisamente più complessa

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Le parole del “cardinale inquisitore” protagonista di un famoso racconto di Dostoevskij demoliscono però questa presunta evidenza: “Io ti dico che non c’è per l’uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al più presto a chi rimettere il dono della libertà con cui nasce questa infelice creatura. Ma dispone della libertà degli uomini solo chi ne acquieta la coscienza”.

Tornerà su questo contrasto tra le nostre dichiarazioni di principio e i comportamenti di fatto Silvano Petrosino, nella videoconferenza sul tema “La prova della libertà”, che trovate qui sotto in video per il XXVIII corso di filosofia dell’associazione Noesis (info sul sito noesis-bg.it). Docente di Antropologia filosofica all’Università Cattolica di Milano e collaboratore del nostro giornale, Petrosino partirà appunto dalla constatazione che “tutti, oggigiorno, dicono di considerare la libertà un valore irrinunciabile. Raramente si riconosce che essa, oltre che un dono, è un elemento perturbante, un peso, come afferma il Grande Inquisitore dostoevskiano: non è scontato – egli spiega – che le persone davvero desiderino esercitare la loro libertà, accettando la dimensione di precarietà, di rischio che si accompagna all’atto di scegliere. Su questo punto, ricorderei anche una bellissima espressione di Seneca, dalle ‘Lettere a Lucilio’: ‘Pochi sono schiavi per necessità; i più lo sono volontariamente’”.

Pure nelle pagine della Bibbia troviamo documentata l’ampia gamma di escamotage con cui gli uomini tendono a sottrarsi all’esercizio della loro responsabilità personale: “Persino riguardo alla ‘Legge di Dio’ – afferma Petrosino – due sono i modi con cui può essere disattesa. Il comandamento può essere violato quando si agisce in senso contrario, ma anche quando si aderisce ad esso in maniera letterale, irriflessa, senza cercare di comprendere il significato profondo di quanto Dio prescrive. Dunque, anche con la legge divina, per quanto in sé giusta, l’uomo può essere tentato di stabilire un rapporto idolatrico. A livello esistenziale, tale atteggiamento ha indubbiamente una sua ‘convenienza’: la caratteristica peculiare dell’idolo è infatti quella di promettere a chi gli si sottomette – rinunciando alla sua libertà – una condizione di stabilità e di sicurezza, seppure illusorie”.