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Vittoria Drago. I superpoteri dell’arte, che comincia con un punto

Articolo. Dopo anni a Barcellona, l’artista bergamasca rientra in città. Il suo nuovo nido creativo è uno studio in un ex complesso industriale. Tra finestre giganti, albi illustrati, colori, forbici, colla e creatività, tiene i laboratori per bambini «Fare arte» e si dedica a opere grafiche, che da sempre l’appassionano e che strizzano l’occhio alle geometrie del Bauhaus

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«Fare arte comincia con un punto. Nell’immensità della galassia che chiamiamo arte, il punto è innanzitutto un incontro». Comincia così l’incontro con la creatività di Vittoria Drago, con la parte di noi che rimane bambina e scopre la magia nelle forme, nei colori, e con pennelli, pastelli e ritagli di carta perde il senso del tempo e si ritrova. L’idea di creatività della quarantaduenne artista parte da qui, per i suoi laboratori pedagogici dedicati ai bambini e per la sua ricerca, che si nutre di spazi vuoti e pieni, di luce e di linee pulite, come quelle del suo studio.

Due stanze stracolme di libri d’arte, albi illustrati per grandi e piccoli, stoffe, tantissimo colore, rotoli di carta e decine di stampe e opere che l’artista bergamasca conserva in una cassettiera arcobaleno. Fuori, oltre le ampie vetrate, un carroponte giallo, conservato dopo il recupero del complesso industriale ex Area Tesmec, dove condivide gli spazi con altri creativi e architetti, poche decine di metri dopo il cartello che divide Bergamo da Curno e Mozzo.

Qui Vittoria Drago ha ritrovato casa dopo anni trascorsi a Barcellona, città dove ha vissuto e avviato i suoi primi laboratori d’arte per bambini, dove è cresciuta come artista in una comunità di creativi, ma soprattutto «in quella leggerezza – racconta – nel 2021 ho partorito la mia opera più grande, che è mio figlio Timoti».

Da Barcellona a Bergamo, a ritroso lungo la strada della creatività

Lo scorso anno, l’artista con il compagno ha riempito un furgone e traslocato per tornare a Bergamo e ora si sente in fermento: «devo riprendere i fili del mio percorso di ricerca che ho dovuto lasciare per qualche tempo in sospeso tra l’arrivo del bambino, il cambio di paese e il dovermi riambientare in una città da cui sono stata assente per tanto». Fili che si riannodano con una passione per l’arte nata in famiglia, guardando il padre architetto lavorare al tecnigrafo e il nonno progettare. «Da piccola dicevo che avrei voluto disegnare case, aiutavo mio papà a colorare le piantine delle case. Oggi alcuni dei miei lavori che sembrano astratti non sono altro che delle piantine viste dall’alto, molti altri invece sono basati sulla composizione e sullo spazio».

Vittoria Drago, però, non prende la strada di famiglia scegliendo architettura e davanti al bivio tra studiare ai geometri o all’artistico, anche grazie a un professore attento, sceglie la seconda. Dopo il diploma niente Accademia di Brera però: il padre voleva imparasse un mestiere e temeva si perdesse, così la scelta cade sull’Accademia di Belle Arti Lorenzo Lotto, un distaccamento della Aldo Galli di Como, dove l’artista studia restauro e pittura. «Qui ho incontrato professori molto validi, grandi artisti bergamaschi come Calisto Gritti, Italo Ghilardi e Rosa Chiumeo, che mi ha fatto amare da pazzi l’arte contemporanea. In accademia ho imparato anche ad amare la grafica, dalla xilografia all’incisione. L’approccio era molto tradizionale, non c’era troppo spazio per sperimentare, anche se questa scuola mi ha dato una formazione sulle tecniche molto importante».

I superpoteri dell’arte, tra libertà, luce e creatività

Quando esce dalla Lotto, l’artista per qualche anno sarà impegnata come restauratrice, «un lavoro molto preciso e di pazienza, che però non lascia margini di creatività – ricorda – devi intervenire su quello che qualcun altro ha già fatto e ricrearlo». Un approccio che poi quando Vittoria Drago si è ritrovata a voler fare qualcosa di suo si è rivelato limitante: «mi sentivo spaesata, avevo tanti strumenti ma non riuscivo a lanciarmi e a lasciarmi andare, poi finalmente sono riuscita a trovare la mia strada».

Una strada punteggiata di blu primario, rosso, giallo, di quadrati, triangoli e forme piene, linee e composizioni che poi l’artista riporta su carta o tessuto attraverso tecniche calcografiche di stampa. «Intaglio pezzi di legno, linoleum o cartone, li inchiostro e poi li stampo e la cosa bella è che non saprò mai davvero quale sarà il risultato. Questo processo creativo, oltre all’arte, ha anche un altro vantaggio: quando entro nel flusso tutti i passaggi da seguire mi rilassano tantissimo, è come meditare. Quando dovevo dipingere, invece, non mi sentivo così».

È tutto merito del «superpotere dell’arte». Questo il nome della galleria in cui si imbatte l’artista a Barcellona: è durante la sua prima esposizione nello spazio «Movimiento en blanco» che incontra Martha Zimmerman, «la gallerista di “Los superpoderes del arte”, uno spazio dedicato al mondo dell’infanzia, che mi ha chiesto di collaborare dopo aver visto le mie opere primordiali, forse un po’ naif, dai colori forti e dalle forme semplici».

Così Vittoria Drago qualche tempo dopo si ritrova alla Fiera d’Arte di Barcellona a tenere un workshop di due giornate e progetta un murales che catturerà la curiosità dei piccoli. «In seguito a questa esperienza Martha mi ha proposto di diventare coordinatrice e docente nel suo progetto “Los superpoderes del arte” – spiega – così sono nati dei laboratori settimanali extrascolastici per bambini in cui mi occupavo di tutto, dall’organizzazione, all’aspetto pedagogico, alla creazione del percorso educativo».

Di volta in volta i piccoli scoprivano i fondamenti del linguaggio visuale in modo giocoso: punti, linee, colori e diverse tecniche, che cambiavano ogni settimana, e un tema sviluppato attraverso l’opera di un’artista scelto da Vittoria Drago. «Le suggestioni venivano e vengono dalle Avanguardie, da Fontana per la spazialità, ma anche dalla scuola del Bauhaus, da Sonia Terk-Delaunay, Sophie Taeuber-Arp e Munari. La parola chiave è “contaminazione”, è quello che propongo ai bambini, anche qui a Bergamo, dove ho portato con me i laboratori pomeridiani e dove seguo un gruppo di piccoli nel progetto “Fare arte”».

«Compartir es vivir» . Condividere è vivere, da piccoli come da adulti

Tornare a casa è stato ritrovarsi in un ambiente un po’ chiuso per Vittoria, «anche il clima influisce, con questi inverni lunghi e grigi, ma da mamma sono tornata nel mio nido e vorrei riallacciare vecchi contatti e intrecciarne di nuovi. “Compartir es vivir”, condividere è vivere. Ognuno fa il suo, ma confrontarsi è sempre una grande risorsa, sia con adulti, sia con bambini. E poi sporcarsi le mani aiuta. Per me creare passa dalla luce, dalla serenità e dall’incontro». In questo senso per lei Barcellona è stata una città specchio, «sempre in movimento, come me: per stare bene mi vedo come una trottola. Per stare in equilibrio devo girare di continuo».

Nella città catalana l’artista incontra tante colleghe donne, tante persone stimolanti, «a Bergamo molti creativi invece se ne sono andati, hanno lasciato la città oppure non sono rimasti nel settore finiti gli studi o ancora si sono persi o ci siamo persi. Il mio obiettivo qui è riprendere i fili, rimettermi a creare e continuare a lavorare con i bambini, che non hanno tutte le sovrastrutture che abbiamo noi e nel loro essere creativi hanno permesso anche a me di abbattere alcuni muri che avevo costruito crescendo».

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