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La storia di Christine de Pizan, scrittrice e femminista ante-litteram nel Medioevo

Articolo. A lei, al suo spirito e alle sue gesta s’ispira “Ballata per sante streghe e belle dame”, il videoracconto di donne virtuose che andrà in onda su Bergamo Tv il 6 marzo alle 21. Christine non si arrese mai, scrisse sempre dalla parte delle donne

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La Città delle Dame -The Yorck Project (2002), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH

Sembrano tutti parlare con la stessa bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle donne è incline ad ogni tipo di vizio”. Lo scrive Christine de Pizan nel suo “La Città delle Dame”. È il primo libro della storia della letteratura europea ad essere scritto da una donna professionista. E che donna. Scrittrice, ma anche filosofa, miniaturista, imprenditrice, poetessa: Christine era una forza della natura, la sua azione su più fronti diede il là alla letteratura al femminile – forse autrici come Emily Dickinson e Virginia Woolf non ci sarebbero state senza di lei – e molto prima dei tempi fu femminista, tracciando una pista in mezzo alla fanghiglia del patriarcato, che ci tiriamo dietro anche oggi nonostante molte cose siano cambiate, ma alcune tuttora resistono.

E allora che fare? Seguire l’esempio di Christine può essere una risposta. Nata a Venezia nel 1365, nome nella culla Cristina da Pizzano, che poi venne francesizzato perché il padre bolognese Tommaso da Pizzano emigrò in Francia alla corte di Carlo V per fare il suo mestiere, l’astrologo, ché allora l’astrologia si insegnava all’Università (di Bologna, per essere precisi). Alla corte del re, a Parigi, Christine aveva a disposizione una biblioteca ricchissima, decine e decine di libri su cui studiare e acculturarsi. Capitava di rado allora che una donna si occupasse di cultura e difatti la madre, più tradizionalista, la voleva come perfetta donna di casa: ago e filo, silenzio di fronte al marito, e figli. Fortunatamente il padre la lasciò libera, anzi la incitò a seguire la sua curiosità. E oggi Cristina da Pizzano la ricordiamo anche come la prima storica laica europea, quattro secoli antecedenti a Madame de Staël, come racconta Maria Giuseppina Muzzarelli in “Un’italiana alla corte di Francia: Christine de Pizan, intellettuale e donna” (Il Mulino, 2007).

“Vorrei essere un uomo, per essere perfetta in tutto”

A quindici anni, com’è usanza in quell’epoca, Christine sposa Étienne du Castel. Ebbero tre figli: Cristina, Paolo e Aghinolfo. Ma Étienne, di professione notaio e segretario del re, muore quando la nostra ha solo 25 anni. Anche Carlo V muore nel 1380, e lui – che aveva dato ai da Pizzano una vita agiata in cambio dei servigi del padre – cede il trono all’undicenne Carlo VI. Il padre di Christine muore invece nel 1387, il marito nel 1390 e le casse languono: il padre non aveva saputo né risparmiare né far fruttare le fortune concessegli da Carlo V; Étienne veniva da una famiglia agiata, ma dopo la morte del suocero non era riuscito a risollevare le sorti sue e della famiglia.

Insomma Christine rimase, come si dice, in braghe di tela, anche se per una donna sarebbe più giusto scrivere in gonna di tela. Lei però voleva essere un uomo: “Ahimè, mio Dio, perché non mi hai fatta nascere maschio? Tutte le mie capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere”. Una riflessione sarcastica, certo, ma è vero che nella sua situazione, da uomo, avrebbe avuto meno difficoltà, perché all’epoca le donne venivano considerate solamente delle seduttrici, viziose, incapaci di pensare come un uomo e via dicendo. Oppure madri che devono stare in casa a fare la calza e scodellare figli; o ancora prostitute, d’indole o professione.

La donna angelicata era una bella invenzione letteraria, nella realtà le donne erano considerate le più vicine al demonio e ci voleva un niente a dichiararle streghe. In questo contesto, con tre figli da sfamare e una madre da accudire, Christine accoglie tutte le possibilità che il mondo gli offre. Usa i suoi studi e la sua cultura per diventare scrittrice professionista, imparata l’arte della miniatura, s’inventa imprenditrice e dirige fra calligrafi e miniatori in uno Scriptorium di altissima levatura. E quando legge il “De mulieribus claris” di Boccaccio e il “Roman de la rose” di Jean de Meun la possiamo immaginare bruciante d’indignato disaccordo, ed è da lì che nasce “La Città delle Dame”, forse la sua opera più famosa che partecipa alla disputa intensa della Querelle de la Rose.

“La Città della Dame”, ovvero una riflessione sulla condizione femminile

Che cosa è la donna? è la domanda di base di questa Querelle, a cui gli intellettuali dell’epoca (siamo nei primi anni del 1400) davano risposte divergenti e spesso negative, così che stava emergendo un’idea di donna come solo oggetto del desiderio maschile, o come essere angelicato fuori dal quotidiano, o ancora come entità potenzialmente diabolica. Christine de Pizan scrive, appunto, “La Città delle Dame” (1405), una critica netta al modello maschile dominante, che però evita la polemica ed entra nel dibattito sul ruolo del femminile con la forza di una costruzione intellettuale tutt’altro che astratta (l’influenza è forse “La città di Dio” di Sant’Agostino, scritta circa mille anni prima).

Nella sua opera Christine sottolineava come l’inferiorità delle donne non era un fattore biologico ma il risultato di una mancanza di apprendimento voluta appositamente per relegare la donna nel focolare e nulla più: “Se si usasse mandare le bambine a scuola e insegnare loro le scienze con metodologia come si fa con i bambini, imparerebbero e capirebbero le difficoltà e le sottigliezze di tutte le arti e le scienze così bene come i maschi”. Per dimostrare ciò decise di scrivere una sorta di elenco delle donne che fino a quel momento avevano dato il loro contributo alla società e alla Storia. Il suo era un discorso in positivo della condizione femminile del tempo, ogni donna citata (Saffo, Semiramide, Didone, Griselda, Pentesilea, giusto per dirne alcune) veniva posta come un esempio di cosa può fare una donna istruita, lontana dagli impedimenti imposti dalla cultura patriarcale. Prima di iniziare il suo elenco, Christine incontra tre dame, la Rettitudine, la Ragione e la Giustizia, un’allegoria filosofica per rafforzare la propria tesi: “Non tutti gli uomini (e soprattutto i più saggi) condividono l’opinione che sia un male educare le donne. Ma è vero che molti uomini sciocchi lo hanno sostenuto perché non gli piaceva che le donne ne sapessero più di loro”.

Le donne della “Città delle Dame” abitavano questa utopia di cultura e bellezza perché con la loro azione – animate dalla fede, dal sapere e dal coraggio – avevano dato uno slancio fondamentale all’evoluzione della società.

Poetessa sofferente

Christine però soffriva anche. In particolare la morte del marito (forse è per questo che non si risposò mai) e siccome sapeva veramente scrivere – in altre parole non la ricordiamo solo perché fu la prima scrittrice professionista – riuscì a vergare versi d’intensità straordinaria: “Sono sola, e sola voglio rimanere. / Sono sola, mi ha lasciata il mio dolce amico; / sono sola, senza compagno né maestro, / sono sola, dolente e triste, / sono sola, a languire sofferente, / sono sola, smarrita come nessuna, /sono sola, rimasta senz’amico”. La sua attività poetica non si arrestò per molti anni e le sue ballate e i suoi sonetti vennero ricevuti da chi al tempo ne sapeva pesare la qualità. E anche quest’attività – portata avanti nel poco tempo libero che le rimaneva – divenne una fonte d’introito. Le sue composizioni formarono “Le Livre des cent ballades”, intanto che Filippo II di Borgogna, Giovanni di Valois e Isabella di Baviera le chiedevano dei testi.

Negli ultimi anni della sua vita Christine de Pizan continuò a scrivere, fra una biografia di Carlo V (voluta dal fratello Filippo di Borgogna) e tanti testi che le ricordavano la sua vita, la gioventù, Étienne, la condizione femminile, l’anzianità ma anche la situazione politica. Con l’invasione della Francia da parte di Enrico V (1415) Christine decide di trasferirsi da Parigi al convento di Poissy (non è certo, a questo punto della sua vita le notizie si perdono nella notte dei tempi): qui lasciò da parte la scrittura per un lungo periodo. Ricominciò scrivendo un testo religioso e un poema su Giovanna d’Arco (la sola opera in tributo alla santa e condottiera mentre lei era ancora in vita). L’anno dopo, nel 1430, morì: “non bisogna rinunciare a coltivare e accrescere i lati buoni e virtuosi con il pretesto che gli stolti li utilizzano male” scrisse nella “Città delle Dame” e questo forse potrebbe essere considerato il suo testamento.

Perché Christine

Vi abbiamo raccontato tutta questa storia, bella e appassionante, perché è dallo spirito di Christine de Pizan che nasce “Ballata per sante, streghe e belle dame”, il videoracconto di donne virtuose che andrà in onda su Bergamo Tv il 6 marzo alle 21 (il 7 marzo alle 14.30 verrà trasmesso in replica), in streaming sul sito de L’Eco di Bergamo e in diretta social sulle pagine facebook di Eppen e de L’Eco di Bergamo. Un lungo percorso attraverso i secoli per narrare come la considerazione della donna sia mutata, fortunatamente in meglio, ma ci sia ancora molto da fare. A guidarci sarà proprio Christine, che oggi ritroveremmo ancora dalla parte delle donne.

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