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L’irresistibile «meme-funk» dei Funky Lemonade

Intervista. Il secondo album del gruppo bergamasco si intitola «Per Ridere» ed è uscito il 31 marzo. Ecco come nasce il funky groove made in Bergamo

Lettura 4 min.
(Marco Ravelli)

Un ottovolante di colorati groove funk e melodie soul pop: il nuovo disco dei Funky Lemonade si intitola «Per Ridere», già dal titolo tutto un programma. Il progetto bergamasco si è recentemente arricchito con l’ingresso in formazione del cantautore Spinozo, che ha aggiunto una dimensione più “cantata” alle jam-session degli altri. Il risultato sono 12 pezzi raccolti in album che potete ascoltare dal 31 marzo, data in cui è stato presentato al Druso di Ranica.

Abbiamo raggiunto per una chiacchierata Matteo Coluccia, che con il fratello gemello Luca è tra i fondatori del gruppo bergamasco. Matteo ci ha raccontato l’origine del progetto, le influenze e la creazione del disco, e che tipo di live potremo goderci nelle prossime date.

LR: Come è nato il progetto Funky Lemonade?

MC: Il progetto nasce a fine 2015, principalmente suonavamo io e mio fratello Luca. Nel 2017 abbiamo fatto uscire un EP in formato trio chitarra-basso-batteria, intitolato «Funkcedonia». In seguito sono entrati nel gruppo Fulvio Marcarini alla seconda chitarra e Marco Ravelli alle tastiere e alla produzione. Con questa formazione abbiamo pubblicato il nostro primo album, uscito nel 2019, «Voulez-vous cachet? (avec moi)». Poi nel 2020 si è aggiornata la formazione ed è entrato Nicola Aragonesi, che già suona con gli ISIDE, alla batteria. Infine abbiamo conosciuto Francesco Spinelli, in arte Spinozo, che già aveva un suo progetto.

LR: L’incontro con lui è stato la “svolta cantata” per voi…

MC: Con lui ci siamo accorti che volevamo provare a fare musica anche cantata: fino a quel momento avevamo sempre fatto solo cose strumentali. Nel “periodo Covid” abbiamo iniziato a sentirci un po’ in videochiamata, ragionando e mandandoci delle bozze. Noi gli abbiamo mandato alcune basi strumentali che avevamo preparato e lui ci ha buttato su un po’ di parole. Quando poi ci siamo rivisti tutti abbiamo iniziato a lavorare a questo album che è uscito. In realtà è già un anno che lo promuoviamo, perché un anno fa è uscito il primo singolo «430 foto» e dopo altri due pezzi: «Passerà» a settembre e «Stare nel Chill» a gennaio.

LR: Come vi ha influenzato l’ingresso di Spinozo? È stato più lui che si è adattato alla vostra musica, o voi che l’avete cambiata per dare spazio alla voce?

MC: In una prima fase si è molto adattato lui, nel senso che essendoci già cinque menti “ingombranti” sia a livello musicale che di “idee” di canzoni, lui ha aggiunto il testo e rielaborato alcune nostre idee. Adesso in questa seconda fase, invece, scriviamo molto insieme: partiamo da un’idea, la sviluppiamo in sala prove tutti e sei assieme.

LR: Come vi definireste musicalmente?

MC: Sicuramente il funk è sempre centrale in quello che facciamo. Poi nei pezzi cantati c’è anche tanto indie-pop, ma virato soul: quella scia italiana tra Venerus, Davide Shorty, Ghemon, eccetera. È una tendenza che abbiamo deciso di ricreare perché anche tutti i nostri ascolti viravano in quella zona. Poi abbiamo scelto di fare musica in italiano perché ci piaceva l’idea di restare in Italia.

LR: A livello di vostri ascolti c’è anche qualcosa di apparentemente più “esterno” che però in qualche modo rientra in quello che fate?

MC: Come ascolti internazionali sicuramente i Vulfpeck, che sono la nostra band di riferimento fin dall’inizio, ma anche Louis Cole, che fa questo fusion-jazz-funk. A livello italiano, oltre ai nomi che ho già detto, sicuramente abbiamo preso qualcosa dall’ultimo album dei Nu Genea, quel modo di utilizzare i synth. Sul cantato i lavori di Ainé, anche Joan Thiele. Poi ascoltiamo veramente di tutto: Fulvio magari ascolta cose prog più elaborate e quindi ci butta dentro una frase più alla Plini, Ravelli è più pop à la Harry Styles, Spinozo sente tanto Paolo Nutini e altre cose più blues. Sicuramente nella nostra musica in qualche modo echeggia tutto questo.

LR: Quanto c’è di suonato in quello che sentiamo di voi? Perché la produzione è molto “pulita”, in certi punti è un suono quasi digitale.

MC: La produzione dei nostri pezzi è divisa in due parti: prima registriamo qualcosa tutti insieme, in presa diretta. Per il disco abbiamo noleggiato un Airbnb in provincia di Alessandria e abbiamo passato lì una settimana a registrare. Poi in un secondo momento, sopra a quella parte, aggiungiamo la voce e alcuni aspetti di produzione che cura Marco.

LR: Nel vostro tour (inaugurato al Druso) e che toccherà diverse città del nord Italia, sentiremo soprattutto pezzi del nuovo disco?

MC: Sì, faremo tutti i brani del nuovo album e anche qualcuno di quello vecchio. Al Druso abbiamo fatto un’ora e mezza di live, magari in tour ridurremo qualcosina in base ai contesti. Comunque anche i brani solo strumentali resteranno, perché ci divertiamo troppo a suonarli e quindi è difficile lasciarli indietro.

LR: A proposito di divertimento: il titolo del disco è già una dichiarazione d’intenti…

MC: È nato così per gioco: non avevamo in mano nulla ed è venuto prima ancora di avere le tracce. «Per Ridere» rappresenta un po’ la nostra attitudine nel fare quello che stiamo facendo, ma anche una leggerezza che volevamo esprimere: i testi che scrive Spinozo non sono esattamente leggeri, quindi volevamo giocare su questa cosa, di «fa ridere, ma anche pensare» per controbilanciare l’aspetto amaro con la risata.

LR: Che tipo di live deve aspettarsi chi vi viene a sentire?

MC: A me piace definirlo «meme-funk»: ci piace molto coinvolgere il pubblico e scherzare. Ci sono campionamenti e suoni un po’ stupidi presi dalla televisione e dal cinema, cose inaspettate insomma. Proviamo a cambiare ogni volta.

LR: Il tuo pezzo preferito di questo disco?

MC: Sembrerà assurdo ma è il primo skit («:]»), dalla durata di un minuto. È un brano dispari che sembrava non riuscissimo a inserire nell’album, poi alla fine ce l’abbiamo fatta. È il pezzo forse meno lavorato di tutti e la rappresentazione più sincera di quello che si può fare insieme jammando.

LR: E adesso?

MC: L’idea è di consolidare il più possibile questa formazione live. Poi mi piacerebbe andare avanti a lavorare a materiale futuro come abbiamo fatto per questo album: metà strumentale, metà cantata, e portare avanti entrambe le anime del progetto. Poi vedremo dove si arriva.

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