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Con «Dirama» per scoprire la Riserva naturale Oasi WWF Valpredina

Intervista. Sabato 16 luglio alle 9.30 insieme alla guida WWF Gloria Sigismondi sarà possibile visitare la Riserva naturale e Zona Speciale di Conservazione situata fra Cenate Sopra, Albino e Pradalunga sul monte Misma. Un luogo a tutela di tre habitat prioritari, tutti all’insegna della conservazione della biodiversità

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Il giardino delle farfalle della Riserva Naturale Valpredina (sito Riserva Naturale Oasi WWF Valpredina-Misma)

Per partecipare è necessario prenotarsi (gratuitamente) qui. Della Riserva naturale Oasi WWF Valpredina – ma anche della situazione del riscaldamento globale e della percezione del problema da parte di cittadini e istituzioni – abbiamo parlato con il direttore Enzo Mauri. Una persona tanto competente e appassionata, quanto franca nel dire che la strada che abbiamo percorso rispetto alla crisi climatica semplicemente non funziona.

LB: Partiamo dalle basi. Qual è la funzione principale della Riserva naturale Oasi WWF Valpredina?

EM: La sua funzione principale risiede proprio nel nome: Riserva naturale. Viene chiamata anche «oasi», ma è prima di tutto una «riserva naturale». La differenza non è da poco, perché con la parola «oasi» definiamo anche luoghi che non c’entrano nulla con il lavoro che facciamo noi, penso alle varie Oasi “verdi” a livello locale finalizzate alla mera fruizione. Tuttavia Valpredina si identifica anche quale Oasi WWF, appartenendo a quella rete nazionale del WWF che comprende oltre 130 aree protette gestite dall’Associazione su 40 mila ettari di territorio del nostro Paese. La sua funzione nasce dalla sua origine, che si deve alla volontà dei coniugi Bardoneschi di donare nel 1983 la loro proprietà, con il fine di aumentare la sensibilità nei confronti dell’ambiente. Quindi fra le nostre attività c’è l’educazione ambientale con scuole e famiglie, tutto l’aspetto di conoscenza degli ecosistemi, che nel nostro Paese è molto indietro e non facilita un certo senso di responsabilità verso la natura. Inoltre la Riserva naturale è un’area che si trova al centro della regione Lombardia ed è un contesto ambientale adatto per costituire un centro di recupero della fauna selvatica.

LB: Quali sono le specie di flora e fauna minacciate o rare che sono ospitate dall’Oasi?

EM: Sono le specie prioritarie previste dall’Unione Europea con la Direttiva “Habitat”, come ad esempio molte specie di orchidee spontanee, il cervo volante, il gambero di fiume autoctono, diverse specie di anfibi, il falco pellegrino, poi tra i mammiferi il moscardino, lo scoiattolo rosso e infine in particolare i chirotteri di cui Valpredina è la sede dello Sportello regionale, tutte specie in difficoltà per diversi motivi. Poi ci sono specie protette e più comuni del territorio prealpino e che trovano rifugio in un’area protetta, motivo per il quale non è possibile introdurre cani che potrebbero costituire un grave disturbo in particolare nelle fasi riproduttive.

LB: Gli habitat della Riserva sono tre. Ce li può raccontare in breve?

EM: Il primo è la prateria erbosa secca con significativa presenza di orchidee, che è praticamente la cima del monte Misma, a una quota compresa tra 1000 e 1160m, un’area su un’importante rotta di migrazione e nidificazione di quell’avifauna inclusa nella Direttiva “Uccelli” dell’UE come la rarissima ormai Averla piccola e il Succiacapre. Poi c’è l’habitat del bosco di Roverella, tra le querce più diffuse in Italia sui versanti solivi, che purtroppo negli anni passati ha subito azioni di incendio, tagli intensivi e competizione da specie aliene come la robinia. Il terzo habitat è quello delle sorgenti pietrificanti, con la formazione di tufi prodotti dal carbonato di calcio sprigionato dallo zampillio dell’acqua ricca di bicarbonato di calcio. Questa disponibilità continua di acqua e il clima ombreggiato e umido favoriscono anche la crescita di muschi, costituendo un habitat ricco di specie. Qui trovano rifugio e il proprio habitat ideale infatti il raro gambero di fiume e nelle pozze che vengono a formarsi molti anfibi come una specie in grave rischio di estinzione: l’ululone dal ventre giallo.

LB: Prima lei citava la Direttiva “Habitat” dell’UE, da cui deriva l’inserimento di Valpredina nella Rete Natura 2000. Nel concreto cosa significa per la Riserva naturale?

EM: Natura 2000 è un grande e importante progetto europeo di conservazione della biodiversità, che nasce negli anni Novanta e che ha portato la nostra Riserva naturale per le specie e gli habitat presenti ad essere riconosciuta «Sito di Importanza Comunitaria» e di conseguenza dal 2016 designata «Zona Speciale di Conservazione» (ZSC). Considerato poi che questa ZSC coinvolge l’intero complesso montuoso del Misma e la Riserva naturale, è stata correttamente identificata dal Ministero dell’Ambiente con il nome di ZSC Valpredina-Misma. Inoltre siamo interessati all’interno della Rete Natura 2000 anche per quanto riguarda la Direttiva “Uccelli”, ma per sole ragioni politiche l’area non è ancora stata designata ufficialmente dalla Regione Lombardia, a cui spetta il primo passo. A distanza di oltre 10 anni dalla prescrizione prevista dal Piano di gestione approvato dalla stessa Regione Lombardia per il sito di Valpredina, non sembrano ancora superate le resistenze legate ai vari interessi che contrastano con gli obbiettivi di conservazione della biodiversità.

LB: Come mai c’è una specifica Direttiva “Uccelli”?

EM: Perché gli uccelli non vivono sono nella nostra di “casa”, ma migrano e utilizzano anche quelle degli altri paesi. Il compito della nostra Riserva naturale e delle altre aree protette è quello di condividere una rete di protezione per l’avifauna. La Direttiva “Uccelli” non fa altro che uniformare un sistema che tuteli le specie nel periodo di riproduzione, definisca le specie cacciabili e protette, richiedendo che gli Stati membri tutelino le rotte di migrazione e gli ambienti naturali nei quali gli uccelli si riproducono e vivono. Il fronte contrario alla Direttiva è ovviamente quello legato agli interessi venatori, perché vede nella Direttiva tutta una serie di restrizioni e norme di tutela che confliggono con i loro interessi. Non è un caso che le ultime disquisizioni sulla Direttiva riguardino la sua applicazione.

LB: Sul vostro sito scrivete però che per tutelare il terzo habitat di cui parlavamo prima è necessaria una caccia di selezione dei cinghiali…

EM: Sì, perché ad esempio utilizzano come insoglio le pozze d’acqua del torrente Predina nella Riserva naturale e ne distruggono il delicato habitat dove vive il gambero di fiume. Ma, appunto, stiamo parlando di una caccia selettiva, che punta a contenere la proliferazione dei cinghiali. Il problema del cinghiale non nasce da una maledizione divina ma dagli interessi venatori di chi ne ha favorito la diffusione. Nella nostra Riserva naturale stanno distruggendo molte specie faunistiche e floristiche, un forte elemento di disturbo della biodiversità. La stessa richiesta di una caccia selettiva la stanno ponendo gli agricoltori: il cinghiale in sé ovviamente non ha colpe. Da oltre trent’anni la caccia in braccata o collettiva – che ha bisogno di molti cinghiali per divertire – è la principale causa di diffusione e aumento di prolificità di questo ungulato; fino a che tale forma di caccia come la braccata non verrà abolita il problema non diminuirà.

LB: Voi vi occupate anche di pipistrelli. Siete lo Sportello regionale dei pipistrelli.

EM: Con la pandemia il pipistrello ha subito una dinamica da capro espiatorio che non è assolutamente vera. Non è il pipistrello in sé, mosso da chissà quale intenzione malvagia, ad aver provocato il contagio, ma l’intervento umano nell’habitat del pipistrello. Al nostro Sportello arrivano pipistrelli, anche da fuori provincia, di cui ci occupiamo per il loro recupero. Non dobbiamo dimenticare che i tanto vituperati pipistrelli sono degli indicatori biologici importanti, cioè che la qualità della loro presenza e lo stato di salute è connessa al valore e alla qualità dell’ambiente che serve all’uomo, sono una specie di “termometro”. Il 23 luglio a Valpredina ci sarà la prima «Bat Night» di stagione e parleremo di questi straordinari animali: la gente vuole capire e scoprire quante frottole si raccontano sui pipistrelli. Inoltre stiamo collaborando con l’ospedale San Raffaele di Milano, dove l’AIRC finanzia una importante la ricerca sul cancro, che coinvolge anche lo studio dei pipistrelli che – ricordiamo – sono immuni al cancro. Ma sembra che alle istituzioni del nostro territorio, non interessi una piccola realtà come la nostra che sta lavorando con ricercatori in tutta Europa…

LB: Cosa?

EM: Niente. Le realtà locali hanno in generale un livello di consapevolezza molto basso per quanto riguarda il rapporto fra uomo e territorio e la salvaguardia di quest’ultimo. A volte ci sono delle luci in mezzo al buio, che dimostrano una particolare sensibilità verso i temi ambientali, dandoci tutto il loro sostegno politico e personale. Ma poi succedono cose come ad Albino e a Pradalunga, in cui le amministrazioni stanno tentando di eliminare, attraverso una variante, una parte dell’area di salvaguardia della ZSC di Valpredina Misma. Questo alla luce di ciò che avremmo dovuto imparare dal distruggere gli habitat, con tutte le conseguenze che ci possono essere a livello sanitario. In questo senso anche l’informazione ha le sue responsabilità. Intendo l’informazione sempre “attenta” agli interessi del consenso politico più che del territorio.

LB: In questi giorni stiamo toccando con mano gli effetti del riscaldamento globale. Quali sono i problemi principali che state affrontando come Riserva naturale?

EM: I problemi che stiamo riscontrando nella Riserva naturale sono tanti e li osserviamo da anni, come del resto capita su tutto il territorio italiano. Si possono fare tanti esempi. Vi è ad esempio una specie di farfalla che prima non oltrepassava la pianura padana, poi si è spostata col tempo nella fascia alpina. Oppure il torrente Predina che in vari momenti dell’anno si riduce a delle pozze d’acqua, anche a causa di captazioni esterne che siamo riusciti a bloccare con cause giudiziarie. Il gambero di fiume che va in sofferenza quando l’acqua supera i 20 gradi e allora si rifugia sotto i sassi, che poi vengono scoperchiati dal cinghiale di turno che entra nella pozza e distrugge tutto. C’è poi la questione della diffusione di specie aliene, come la cimice, che si può combattere con appositi trattamenti chimici che però distruggono anche altri insetti, come i cosiddetti insetti utili, vedi le vespe. Sono tutti fenomeni di modificazione della biodiversità che sono a catena, cioè sono tutti collegati. Va detto però che nella Riserva naturale facciamo la nostra parte, ad oggi siamo arrivati a realizzare ben undici stagni, uno fino alla vetta sul Misma che non aveva una risorsa idrica, e in prossimità di questi stagni il livello di biodiversità è impressionante. C’è però una cosa che ci preoccupa più di tutte.

LB: Quale?

EM: La mancanza della percezione che stiamo affrontando una questione vitale. È questo aspetto che preoccupa di più noi del WWF a Valpredina. Ciò riguarda i cittadini e la politica. La politica non arriva mai in tempo: ad esempio, le ordinanze per non consumare acqua sono arrivate tardi e saranno scarsamente rispettate. Queste operazioni che riguardano le questioni ambientali hanno bisogno di tempi lunghi e avevamo tutti gli strumenti per prevedere cosa sarebbe successo questa estate, a partire dallo stato di salute dei ghiacciai. Poi, nonostante la siccità che stiamo vivendo, vediamo ancora gente che lava la macchina, i muri di cinta e i piazzali. Le conseguenze del riscaldamento globale sono una questione che riguarda anche e di più la responsabilità del singolo cittadino e delle sue azioni. C’è ancora troppa strada da fare e non c’è più tempo. In più, il problema della siccità sparirà sui media appena arriverà l’autunno e qualche pioggia. Come diceva Camus: «Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi colui che lo esprime, che cambi in esempio», senza dimenticare Gandhi che affermava «Sei tu in cambiamento che vuoi vedere nel mondo».

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