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Il corpo libero (e liberato) di «Catalina» va in scena ad «UP TO YOU»

Articolo. Sarà la prima nazionale italiana per lo spettacolo del collettivo spagnolo, selezionato dalla direzione artistica partecipata del Festival, composta esclusivamente da giovani under 30. L’appuntamento è per mercoledì 17 maggio alle 21, nell’Auditorium di Piazza della Libertà

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(Alessia Bombaci)

Dal 16 al 21 maggio torna la quarta edizione di « UP TO YOU », festival organizzato da persone under 30 con l’accompagnamento di Qui e Ora Residenza Teatrale. Sei giorni densi di appuntamenti tra i Comuni di Bergamo e Scanzorosciate: sette spettacoli, un ciclo-flash mob, due dj set e tanti incontri, è la sfida del gruppo di giovani verso la città. Il 17 maggio alle 21, presso l’Auditorium di Piazza della Libertà, il festival presenta in prima nazionale « Catalina », spettacolo di danza contemporanea del collettivo spagnolo «Iniciativa Sexual Femenina». Un progetto nato dal desiderio di avvicinarsi alla danza contemporanea attraverso una prospettiva femminista, libertaria e antiaccademica. Il corpo umano e le sue pulsioni sono punto centrale, come strumento di affermazione e libera manifestazione dell’identità personale. Uno studio sulla repressione dei corpi nella vita in generale e nella danza in particolare, sui modi di dare e ricevere.

Lo spettacolo di e con Elisa Keisanen, Cristina Morales ed Élise Moreau, selezionato dal Festival tramite la direzione artistica partecipata, è prodotto da «Iniciativa Sexual Femenina» in coproduzione con Antic Teatre, La Caldera de les Corts e Festival Sâlmon 2019 con la collaborazione di CSA Can Vies, La Poderosa, Konvent Zero e Graner. Catalina si presenta con queste parole: «Catalina non festeggia, Catalina è la festa. Prima di uscire prova le sue quattro paia di collant rotti, per vedere quali le stiano meglio e la mattina dopo si ritrova con lo zigomo tumefatto, le cuciture sbranate, i polpacci gonfi di acido lattico, la voce rauca. Catalina si spacca e, a suon di baci più o meno gustosi, fa spaccare anche gli altri. Catalina pecca di danza e letteratura ma espia la sua cultura con sfacciataggine». Come dichiara la direzione artistica partecipata di «UP TO YOU», lo spettacolo «è stato selezionato perché fatto da giovani per giovani». Non certo ad esclusione di un pubblico – predisposto all’apertura – che giovane non è.

Un passo (di danza) indietro: Catalina è libera, è tutte, è le sue interpreti, che qualche anno fa si incontrano a Barcellona per la prima volta e insieme fondano la compagnia. Elisa Keisanen, finlandese classe 1988, è ballerina e coreografa con diploma accademico, ha lavorato in Finlandia, Lettonia e Francia. Anche Élise Moreau, francese del 1992, è ballerina e coreografa diplomata, con diverse esperienze insieme a grandi nomi del teatro e della danza. Cristina Morales, spagnola classe 1985, affianca al percorso performativo quello di scrittrice e drammaturga. È infatti autrice di diversi romanzi, tra i quali «Lettura facile» (ed. Guanda), con il quale ha vinto il «Prix national de littérature 2019». Al telefono da Barcellona, Elisa Keisanen mi racconta: «Lavoriamo insieme da più di cinque anni. Iniziò tutto al Can Vies, un centro sociale autogestito, qui in città. Ci incontrammo in un laboratorio tenuto da Cristina nello spazio. Eravamo in un momento molto simile delle nostre vite e questo ci ha permesso di trovarci e riconoscere un sentimento comune che ci attraversava».

Non è dei loro curriculum che vogliamo parlare, tutt’altro. Nel definirsi «antiaccademico», questo spettacolo è un battito liberatorio sia sul piano formativo che sociale. Un atto di slegamento dalle briglie delle restrizioni convenzionali, dai pregiudizi, dalla morale collettiva che stabilisce il limite tra giusto e sbagliato, tra poco e troppo. Le tre donne della compagnia portano in scena il piacere femminile come strumento di rivendicazione dei corpi: «Sentivamo il bisogno di fare ricerca, di esplorare la danza in un modo più libero. Quello che cerchiamo di esprimere e condividere con il pubblico ruota attorno al piacere, in tutte le sue sfaccettature. Ci ha mosso la necessità di andare oltre i limiti imposti da noi stesse e dalla società. Chiaramente sempre nel pieno rispetto di quelli personali altrui» prosegue Keisanen.

Le tre danzatrici esplorano in scena gli abissi del desiderio e del piacere in un modo forte e diretto, consumando tutto tra strazio, sfinimento ed entusiasmo, tra forza e fatica, senza nascondere nessun dettaglio sotto il tappeto del pudore. «Non solo danzando, lo spettacolo si è costruito anche attraverso molte conversazioni, parlando e condividendo sensazioni, emozioni», racconta l’interprete. Quanto di ciò che facciamo è condizionato dallo sguardo della società? Catalina percorre un terreno libero, ad un livello di emancipazione che non solo presuppone la capacità di agire senza costrizioni, ma più profondamente quella di essere.

Un punto di attenzione va anche al nome della compagnia: «Iniciativa sexual feminina». Spaventoso? Anche se per alcune persone potrebbe risultare un nome provocatorio, non lo è. È solo un nome, che non dice nulla più di un atto naturale. Keisanen chiarisce in tono leggero e accogliente: «Il nome è stato proposto inizialmente da Cristina, ricordo di aver io stessa sussultato all’idea, preoccupandomi che potesse essere associato ad un altro genere di contenuti. Magari in passato ci ha dato qualche problema in contesti ufficiali, ma ora è chiaro che il nostro collettivo si occupa di danza contemporanea».

Ma chi è, nello specifico, Catalina? La domanda che mi resta in testa dall’inizio è l’ultima cosa che scelgo di chiedere alla compagnia, prima di sedermi tra il pubblico e lasciare che questo lavoro abbia i suoi effetti su di me, persona qualsiasi seduta in platea. «Tutta la pièce è Catalina – spiega la danzatrice – tutta la performance è il personaggio. Ognuna di noi ha la propria maniera di essere Catalina, tre modi diversi e personali, concentrati in uno. Una cosa fondamentale del nostro lavoro è permetterci di essere noi stesse, non vogliamo e non dobbiamo cercare di cambiare chi siamo, la nostra storia e la nostra identità. Io sono finlandese e mi porto appresso la mia cultura e la mia esperienza, lo stesso vale per Élise e Cristina. Approfittiamo, anzi, della nostra storia e anche dei nostri limiti».

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