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Attenzione, la bellezza è sempre medicamento (anche durante il covid)

Articolo. La chiusura dalle 18 in poi di ogni attività ricreativa, dai bar ai teatri, avrà delle conseguenze. Economiche e non solo

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(Samuele Pala in “Fiori” di Arhat Teatro)

C’è un cartello alle piscine di Alzano che descrive bene il sentimento di queste ore di tutti coloro che lavorano in realtà ricreative come le piscine appunto, ma anche le palestre, e poi i cinema, i teatri, le sale da concerto. È un sentimento di scoramento e di rabbia per un Dpcm che a tratti è inspiegabile ma che certamente azzoppa (forse in maniera definitiva) tante situazioni che si occupavano in tutta sicurezza del nostro tempo libero.

Noi, come sempre, evitiamo di fare analisi, non è il nostro compito e forse non ne siamo capaci. Come per il Dpcm precedente però qualche domanda ci sovviene: era proprio necessario? Sarà efficace? E dopo che situazione troveremo? Non ci stancheremmo mai di dire che la cultura, lo spettacolo e l’intrattenimento, in primis, sono una questione di lavoro (che viene a mancare) e di lavoratori (che ne subiscono le conseguenze). Sul Fatto Quotidiano di ieri Massimo Novelli raccontava una storia abbastanza esemplificativa, se non delle intenzioni, quantomeno del mood delle istituzioni (comuni, regioni, governo) rispetto alla cultura e agli spettacoli. La riporto qui sotto:

“Negli stessi giorni in cui si corre il Giro d’Italia, si gioca a calcio, si tengono feste del cinema e rassegne dell’antiquariato, è stata cancellata a Torino ‘Portici di Carta’, definita la libreria all’aperto più lunga del mondo. Decisione comprensibile se tutti, sotto Covid, fossero uguali, ma da condannare se i diritti non sono tali per tutti. Infatti è così: una volta di più, sono la cultura e la formazione culturale a pagare. Recenti manifestazioni di protesta di lavoratrici e lavoratori del settore lo dimostrano. In questi weekend la città di Alba è protagonista della Fiera del Tartufo. Il centro storico della capitale delle Langhe viene preso d’assalto dai turisti del “food”, che si assiepano nella stretta via Maestra a caccia di vini e ‘trifole’. Intanto in piazza Savona (ora detta piazza Michele Ferrero, ma è meglio chiamarla Savona, come la chiamava Beppe Fenoglio), impazzano giostre, zucchero filato e torroni. E similmente è capitato a Torino con ‘Flor’, rassegna di venditori di piante, fiori & affini. Altre fiere hanno sempre luogo nel Paese, tra motori e tome, trippa, barche e tecnologie per l’edilizia. I libri non sono tartufi e piante, come lo stato culturale del Paese testimonia. Mentre importanti piccoli musei, e biblioteche, archivi, restano serrati, a danno di studiosi, studenti, lettori e lettrici, le rassegne delle merci abbondano. Forse sono ‘prediche inutili’, per dirla con Luigi Einaudi. C’è comunque un dato di fatto: un dato umano, troppo umano, ovvero italiano, troppo italiano, e troppo ignorante. La cultura non mercificata, non spettacolarmente pandemica, sconta ciò che scontava anche prima: essere inessenziale, non rilevante, ridotta a bottega delle vecchie curiosità”.

Ciò che vale per Torino non vale meno per Bergamo, per i suoi teatri, i cinema, i club, tutti con la loro programmazione e la voglia di non mollare. Martedì scorso sono stato al cinema Del Borgo, a vedere l’ultimo (straordinario) film di Werner Herzog. I posti erano assegnati a scacchiera, le persone portavano le mascherine ed evitavano il contatto. Insomma mi sono sentito al sicuro. Sabato sera sono andato a fare l’aperitivo all’Ink Club e poi a cena all’Edoné e anche lì, dove tutti rispettavano rigidamente le regole, mi sono sentito al sicuro.

Ha ragione chi dice che cinema, teatri (e sale da concerto, aggiungo io) sono in questo momento i luoghi più sicuri che ci siano – e non dimentichiamo i bar e i ristoranti: anch’essi chiusi dalle 18. Il punto è se chi decide ne è a conoscenza, in altre parole: qual è la percezione della realtà della nostra classe politica? Basteranno gli indennizzi promessi dal premier Conte? E quando arriveranno? Parafrasando i CCCP, produci consuma e cerca di non crepare. Per il covid, o per la solitudine profonda e il disagio che un mondo senza arte e cultura può portare. La bellezza è sempre medicamento, la socialità combatte ogni forma di isolamento (andatelo a dire a chi vive da solo come sarà il prossimo mese e com’è stato il lockdown). Speriamo sia solo fino al 24 novembre.