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Lenzuola ricamate, camicie e biancheria: a Comenduno una mostra sulla dote matrimoniale

Articolo. Al Museo Etnografico della Torre, un tuffo nel mondo femminile del passato con la mostra “Le doti matrimoniali in Valle Seriana - storie di donne e di famiglie”

Lettura 3 min.

“Le doti matrimoniali in Valle Seriana - storie di donne e di famiglie” è il titolo della mostra allestita al Museo Etnografico della Torre di Comenduno (Albino) fino al 31 dicembre. Una vera chicca, che consente di ammirare i manufatti antichi, spesso raffinatissimi, preparati dalle giovani in vista del loro matrimonio, ma anche di riflettere su un aspetto della storia delle donne, quella dell’istituto della dote matrimoniale, cancellata dal diritto civile solo nel 1975 con il riconoscimento della parità di diritti dei coniugi.

Spiega Franco Innocenti, Direttore del Museo Etnografico della Torre: “Ogni anno realizziamo una mostra particolare, valorizzando qualcosa della storia locale e del museo. Visto che abbiamo accumulato manufatti femminili, abbiamo pensato a una mostra su questo argomento. Le donne si preparavano il matrimonio cucendo e ricamando oggetti bellissimi, che poi di fatto non venivano utilizzati, o solo in casi eccezionali, ad esempio sul letto del morto, per non sfigurare con il prete”.

Il Museo di Comenduno

Il Museo Etnografico della Torre di Comenduno, collocato all’interno di Villa Regina Pacis, nella frazione di Comenduno ad Albino, è gestito dall’associazione Amici del Museo della Torre. Nato nel 1989, valorizza i manufatti espressione del lavoro e della cultura popolare locale, in particolare della civiltà contadina. Al primo piano si possono ripercorrere gli ambienti di una casa contadina, dove le famiglie contadine vivevano e lavoravano, dove sono esposte le attrezzature che vi trovavano posto. In altri locali della villa sono stati allestiti spazi espositivi che documentano le varie attività artigianali un tempo esistenti in valle.

L’edificio con la torre è una dipendenza della Villa Briolini Regina Pacis, ora di proprietà del Comune di Albino, un tempo utilizzato per raccogliervi la parte padronale dei generi prodotti dai mezzadri dei Briolini, industriali della seta.

Storico per passione

Mente della mostra sulle doti matrimoniali in Valle Seriana è Franco Innocenti, direttore del Museo etnografico e storico per passione da 40 anni. Dalla sua assidua frequenza dell’Archivio di Stato sono emerse le storie di donne, dal 1300 al 1900, raccolte in una piccola pubblicazione che accompagna la mostra, acquistabile in loco a 5 euro. “Ho cercato di raccogliere storie diversificate per epoca storica e provenienza sociale”, spiega Innocenti, che dopo una vita da impiegato tessile a Fiorano, da pensionato si è laureato in Storia dell’Arte alla Statale di Milano, mettendo a frutto le conoscenze acquisite in precedenza da autodidatta.

L’istituto della dote

Come ricorda Franco Innocenti nella pubblicazione dedicata alla mostra, l’istituto della dote nasce in epoca molto antica, con l’affermarsi della trasmissione del patrimonio ereditario per linea maschile che portava ad escludere le donne dalla successione ereditaria e da ogni pretesa sui beni paterni. Per compensare, seppur parzialmente, il danno economico di tale strategia patrimoniale, si sviluppa nel tempo la tradizione della dote, già codificata e resa obbligatoria nel II° secolo d.C. con la Lex Iulia.

Le doti, costituite da capitali, beni mobili e più raramente immobili, erano conferite dalla famiglia alle figlie che si sposavano o si monacavano. Infatti nel libro si cita anche il caso della dote monacale di Suor Maria Caterina, al secolo Illustrissima Signora Contessa Maria Spini. Spiega Franco Innocenti: “Nelle famiglie ricche già da piccole era deciso il destino delle figlie femmine, che finivano in convento a 7 anni per essere educate. I casi di monache indemoniate non sono altro che donne che non sopportavano la clausura. Capitava anche che, in caso di morte della sorella destinata al matrimonio, venisse recuperata dal convento l’altra ragazza da fare sposare”.

“Né far contratti, né intervenire in giudizio possano donne”

Le doti matrimoniali erano consegnate nelle mani dei mariti che le gestivano, talvolta incrementandole con una controdote, ma rimanevano nella disponibilità delle mogli che le potevano esigere in caso di morte del marito per eventualmente risposarsi, ed erano lasciate in eredità ai figli. La donna manteneva però una proprietà tutta teorica sui suoi beni perché solo il marito aveva il diritto di amministrarli.

La donna era considerata debole fisicamente e intellettualmente, sempre bisognosa di protezione e sempre sottomessa ad un tutore, prima il padre e poi il marito o, in mancanza di questi, i parenti maschi o i tutori nominati dall’autorità. Infatti “né far contratti, né intervenire in giudizio possano donne, se non sono autorizzate” da maschi che le tutelino, come recitano gli Statuti di Bergamo “altrimenti gli atti, e contratti donneschi siano invalidi, e senz’effetto”.

Questa situazione di minorità era a vita per le donne mentre i maschi assumevano la pienezza dei propri diritti alla morte del padre o con l’emancipazione, atto col quale il padre li liberava dalla propria tutela e dava loro una parte dei beni familiari perché potessero intraprendere attività economiche indipendenti.

Storie di donne comuni

A Franco Innocenti il merito di avere fatto emergere dalle carte la storia concrete di donne del passato, da Delasalvina e Deleidina, figlie di un notaio di Vertova, a quelle Giovanna, Santa, Giuditta e Giacomina, figlie di una famiglia di castanicoltori della Valle del Luio, senza trascurare la storia degli istituti di pubblica beneficenza che si occupavano delle donne, sia per ospitarle che per fornire una dote per permettere loro di sposarsi.

Il Museo della Torre è aperto al pubblico solo la domenica pomeriggio dalle 15,30 alle 18,30, oppure su appuntamento, ma non esitate a contattarli perché sono molto disponibili ([email protected], Telefono: 331.8784886). La mostra è visitabile negli orari di apertura del Museo.

Sito Etnografico della Torre di Comenduno

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