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Un Belga a Bergamo: l’ingorgo stradale e il Tiepolo dimenticato

Articolo. Inizia oggi la collaborazione con Benjamin Batten, scrittore e sceneggiatore di Anversa che da qualche tempo vive nella nostra città, di cui ogni mese racconterà una stranezza o una particolarità. Perché il nostro ordinario e il suo straordinario

Lettura 3 min.
Illustrazione di Marco Gubellini

La cosa bella di Bergamo è che vivi letteralmente tra le tracce concrete di una storia molto ricca, che, sebbene magnifica, non sempre è pratica. Mi spiego meglio. Ogni mattina, quando accompagno i miei figli a scuola, ho il piacere di avventurarmi in strade che chiaramente non sono state progettate per le auto moderne. Anche questa mattina la situazione non è diversa. Ma c’è una complicazione: proprio quando voglio lasciare il parcheggio de “Il Mercato del Fieno” verso la Città Bassa incrocio due furgoni che vogliono passare contemporaneamente in via San Lorenzo. Cosa impossibile perché la strada è troppo stretta. I due autisti Italiani si attaccano al claxon e fanno dei gesti selvaggi con le mani proprio come solo gli italiani sanno fare: “Ma chi ti ha dato la patente?! Vai indietro cavolo”, “Ma che cavolate stai dicendo, muoviti tu”. Nel frattempo si sono incolonnate molte altre auto creando un ingorgo che ha bloccato completamente la via. È chiaro che sarei stato fermo più del previsto e quindi decido di parcheggiare e di approfittarne per fare quattro passi nella città vecchia, questo non mi dispiace affatto, anzi!

Mi dirigo verso via Gombito, quando improvvisamente mi sento chiamare da una signora che non riconosco immediatamente. Si avvicina. Ah, adesso la riconosco, è Paola del corso di yoga. Quando fai yoga alle otto del mattino la gente appare decisamente diversa rispetto a come la vedi durante la giornata. Paola mi chiede se può offrirmi un caffè. In Italia, non si può rifiutare una tale offerta, quindi la seguo. Entriamo al Cavour, l’antico bar che mi aveva stregato a prima vista, ma che purtroppo ha perso gran parte del suo fascino dopo la sua ristrutturazione...

Paola mi chiede di cosa mi occupo nella vita. Le dico che sono uno scrittore. Racconto storie in tutte le forme e colori. Un sorriso appare sul suo viso e mi racconta che è nata in Città Alta e che ha vissuto lì per tutta la sua vita fino a qualche anno fa. Sua madre invece vive ancora lì e ogni venerdì lei e i suoi cinque fratelli pranzano tutti insieme dalla mamma. Non è insolito in Italia. Cerco di pagare il caffè, ma Paola non vuole sentirne parlare. Sono suo ospite: detto, fatto! Quando usciamo, mi chiede se ho ancora tempo, vuole mostrarmi qualcosa di particolare. Un luogo che pochi bergamaschi conoscono. Ci incamminiamo mentre dalla direzione del parcheggio si sentono ancora i claxon e le grida: io sorrido perché è evidente che il blocco non si è ancora risolto. Mi rivolgo nuovamente a Paola e le dico: sorprendimi, dai! A questo punto Paola dichiara la nostra destinazione: ti porto alla “Chiesa dei Disperati”, la chiesa per i caduti senza speranza”. “Meraviglioso, esattamente il posto adatto a me!” rispondo io con un sorriso. Dopo un po’ di zig-zag per le pittoresche strade di Bergamo Alta, dove si potrebbe girare un film d’epoca senza difficoltà, arriviamo a un luogo di culto, completamente nascosto dietro alcuni meravigliosi palazzi. Se non fosse per due grandi statue di angeli, ci passeresti accanto senza accorgerti che sia una Chiesa. Entriamo e Paola mi dice di mettere dell’acqua santa sulla mia fronte. Sono suo ospite e non voglio essere scortese, quindi seguo il suo esempio. Poi Paola mi dice che questa chiesa è molto speciale e che ogni venerdì, dopo il pranzo da sua madre, viene qui a pregare con sua cognata: ”le preghiere qui, vengono ascoltate!”, esclama Paola parlando evidentemente per esperienza. La guardo un po’ sorpreso. Forse è l’occasione per segnalare che vengo da Anversa, in Belgio, dove sono rimasti pochissimi cattolici e non sono uno di quei pochi. Paola continua dicendomi che c’è una storia sulla seconda guerra mondiale che narra che tutte le donne di Bergamo Alta si recarono qui per pregare affinché la città venisse risparmiata dai bombardamenti tedeschi, e miracolosamente, Città Alta è sopravvissuta alle bombe naziste.

La mia attenzione però viene catturata dal dipinto che pende a destra dell’altare. “Questo non è stato fatto dalla mano di un dilettante”. Paola annuisce e mi dice con orgoglio che è un Tiepolo del diciottesimo secolo. “Giuseppe che cerca di tenere in braccio un giocoso Gesù bambino”. Sto zitto per un momento. “Un Tiepolo in questa chiesetta?”, borbotto fra me e me. Avevo letto di recente che un’opera di questo grande maestro Veneziano fu venduta ad un’asta da Christie’s per circa sei milioni di dollari, che coincidenza! Quell’opera d’arte però non era così bella come quella che stavo guardando adesso, impressionante! Paola mi dice che purtroppo, secondo lei, non è adeguatamente protetto. “Puoi toglierlo dal muro come niente”. Dentro di me, sogghignando, penso: “Paola, non darmi delle cattive idee”. Paola sorride. Come se avesse ascoltato il mio pensiero. Quando camminiamo verso l’uscita segue altra acqua santa e penso: “Non si è mai benedetti abbastanza... giusto?”. Usciamo dalla chiesa e ringrazio Paola per il caffè e la scoperta molto interessante. Seguono tre baci cordiali e lei se ne va. Mentre la vedo allontanarsi penso a quanto sia speciale questa città, in cui un ingorgo stradale ti può portare a uno dei grandi tesori d’arte della nostra storia.

Solo a Bergamo.

(illustrazione di Marco Gubellini)

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