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#workinprogress: di cosa parliamo quando parliamo di alternanza scuola-lavoro

Articolo. Spesso additata come strumento di «sfruttamento dei giovani», l’alternanza scuola-lavoro rappresenta in realtà un’opportunità formativa che permette ai ragazzi di dare un primo assaggio al mondo del lavoro e di mettere a fuoco i propri interessi. Occorre però prendersi cura dell’organizzazione di questi percorsi per evitare che si consumino altre tragedie, come quelle recenti, e per renderli davvero un mezzo utile per lo sviluppo delle competenze trasversali sempre più ricercate nel mondo del lavoro

Lettura 3 min.
Alla Rea di Dalmine gli studenti della scuola Weil di Treviglio per il progetto di alternanza scuola-lavoro

Purtroppo, sentiamo parlare di alternanza scuola-lavoro solamente quando succedono le tragedie. Come l’ultima di qualche settimana fa, che ha visto perdere tragicamente la vita Giuliano De Seta, un giovane studente veneto che è stato travolto da una lastra di acciaio proprio mentre era impegnato in uno di questi percorsi. Sono episodi che sconcertano e che richiamano al fatto che, come ricordato da voci autorevoli, «non è accettabile la morte di un ragazzo chiamato a frequentare un ambiente lavorativo per svolgere una esperienza formativa che lo apra alla vita e non che gliela tolga». Davanti al dramma occorre però non cedere alla tentazione di condannare tout court l’alternanza scuola-lavoro come forma di sfruttamento, oltretutto rischiosa per l’incolumità dei giovani. Se fatti bene e in sicurezza questi percorsi possono infatti rappresentare un ponte di collegamento innovativo tra giovani e lavoro, di cui c’è un disperato bisogno.

A livello normativo, l’alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), è una metodologia didattica istituita dalla Legge n. 53/2003 e disciplinata dal Decreto Legislativo n. 77/2005. Nel 2015 ha suscitato scalpore quando il governo Renzi, con un colpo di reni, ha deciso di renderla obbligatoria in tutti i percorsi di istruzione secondaria superiore, dando indicazione di un preciso quantitativo di ore che deve essere svolto annualmente in questa innovativa modalità didattica (stage aziendale, impresa simulata, attività laboratoriali, ecc.). Nel 2018, anno della nuova ridenominazione in PCTO, il numero di ore è calato ma l’obbligatorietà è stata mantenuta, anche a ragione dell’utilità dell’esperienza nel dare una scossa al canonico modo di “fare scuola” tra i banchi.

L’obiettivo dell’alternanza scuola-lavoro è innanzitutto orientativo: far sì che un giovane studente possa guardarsi intorno, avere un assaggio del mondo del lavoro e possa iniziare a mettere a fuoco quali sono i suoi interessi anche in ambito professionale. Occorre infatti ricordare che il nostro sistema scolastico è sostanzialmente privo di altri mezzi che permettono ai giovani di porre lo sguardo su cosa succede al di fuori delle mura della scuola e su cosa potrebbero andare a fare in futuro. Non meno importante è il fatto che questi percorsi, denominati appunto «per le competenze trasversali e l’orientamento», rappresentino una leva fondamentale per sviluppare quel set di competenze soft , di tipo relazionale e caratteriale, tanto ricercate nel mercato del lavoro odierno. Secondo il World Economic Forum, le più richieste sono la capacità di risolvere problemi, di avere un pensiero analitico e creativo, di essere leader e di esercitare influenza sociale. Tutte competenze che necessitano di un allenamento e di una costante messa alla prova per rafforzarle o per farle emergere nella personalità del giovane.

Vien da sé che questo tipo di capacità non possono essere sviluppate solamente stando dietro un banco di scuola. Per questa ragione i momenti pratici anche in collaborazione con le aziende, rappresentano una occasione d’oro per mettere a frutto le proprie capacità e per sviluppare il fiuto dell’interesse su quale lavoro fare in futuro.

Ad oggi i limiti che presentano questi percorsi sono diversi. Le scuole, soprattutto i licei, sono spesso in difficoltà nel collaborare con le aziende e nel progettare le esperienze in modo tale da far vivere ai propri ragazzi momenti di qualità, ad alto contenuto formativo e in totale sicurezza. Non mancano infatti spiacevoli episodi di attività a bassissimo valore aggiunto (fare fotocopie ecc.) che non rappresentano di certo il modello a cui fare riferimento. A questo proposito, sono poche le imprese che hanno nelle loro corde lo spirito educativo e formativo nei confronti dei ragazzi. Quest’ultimi sono spesso visti come un peso da gestire nelle giornate fitte di impegni e a cui non si sa bene che incarico assegnare.
Non viene invece colto il valore di poter acciuffare un talento per il futuro iniziando già da adesso ad insegnargli le basi del mestiere, anche solo facendogli vedere come funziona una realtà aziendale. Non da ultimo, le famiglie e in certi casi i ragazzi nutrono ancora un senso di diffidenza di fronte a questo tipo di esperienze, che invece potrebbero rappresentare una vera occasione di apprendimento e di crescita.

Eppure non mancano le buone pratiche in tutto il paese, come all’Istituto «Carlo Emilio Gadda» di Fornovo di Taro in Emilia-Romagna dove scuola e imprese hanno dimostrato che è possibile creare un ecosistema virtuoso di scambi tra i due mondi (anche durante il Covid!) rendendo il territorio attrattivo sia per i giovani, che iniziano a conoscere i luoghi in cui potrebbero andare a lavorare in futuro, sia per le aziende che hanno l’opportunità di costruire rapporti con le istituzioni formative per formare le competenze di cui hanno bisogno e per iniziare a mettere gli occhi su futuri talenti.

A livello di sistema, il lavoro da fare sul piano tecnico e sul piano culturale è però ancora molto. Le istituzioni dovrebbero offrire maggiore supporto in modo da rendere le esperienze virtuose di alternanza scuola-lavoro non il lusso di pochi ma un’esperienza da garantire a tutti. Per farlo è necessario intensificare i rapporti tra scuole e aziende soprattutto a livello territoriale, così da creare canali privilegiati di dialogo e collaborazione anche per questo tipo di percorsi.

Oltre a questo, andrebbe supportata l’azione di quelle realtà del privato e del privato sociale che si occupano di educazione nel supportare le scuole e le imprese per progettare percorsi di alternanza scuola-lavoro efficaci e sicuri, cercando al tempo stesso di trasmettere alle aziende il valore di un approccio educativo e formativo dei giovani fin dai primi passi. La politica dovrebbe poi guardare ai giovani e alle famiglie, ai loro dubbi, ai loro timori e alle loro aspettative, cercando di raccontare e spiegare l’importanza di questi percorsi, puntando sulle opportunità di crescita della persona e sulla possibilità di sviluppare quelle competenze trasversali fondamentali per il successo nel lavoro e nella vita.

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