93FE310D-CB37-4670-9E7A-E60EDBE81DAD Created with sketchtool.
< Home

Roberta Bruzzone porta gli amori tossici al Lazzaretto

Intervista. La più famosa delle criminologhe televisive presenta alla rassegna estiva di Bergamo «Amami da Morire», spettacolo teatrale che si articola in un viaggio nell’amore malevolo e nei meccanismi della manipolazione

Lettura 2 min.

Roberta Bruzzone sarà a Bergamo domenica 20 luglio alle 21,30, ospite di Lazzaretto Estate 2025, Propone un incontro intitolato «Amami da Morire», un viaggio teatrale all’interno di una relazione tossica.

Criminologa e psicologa forense, è divenuta nota al grande pubblico ai tempi delle indagini sul delitto di Avetrana, nel ruolo di consulente della difesa di Michele Misseri. Si è occupata di altri celebri casi di cronaca nera ed è una presenza televisiva fissa quando si tratta di casi di cronaca nera, sia come ospite sia come conduttrice. Da qualche anno si è data anche al teatro.

Ispirato a dinamiche reali e arricchito da contenuti psicologici e criminologici, «Amami da Morire – Anatomia di una relazione tossica» non è solo uno spettacolo, ma un lavoro di divulgazione che esamina accuratamente i meccanismi della manipolazione.

MM: Perché la scelta di portare gli amori tossici a teatro?

RB: Il teatro è una delle mie forme di comunicazione preferite, il più diretto. Ho iniziato nel 2024, scrivo io i testi e mi affido a me. «Amami da Morire» è l’autopsia di una relazione tossica attraverso esempi pratici, la sintesi di tutte le caratteristiche tipiche che si riscontrano fase per fase. Non viene presentato un singolo caso di cronaca, ma è un viaggio nell’amore malevolo.

MM: Si è data un obbiettivo con questo spettacolo?

RB: Uno solo: raccontare per prevenire; fornire gli strumenti per una maggiore consapevolezza, una sorta di manuale di sopravvivenza affettiva. La forma apparentemente più intrigante dello spettacolo serve a veicolare contenuti ad alto impatto tecnico, per risparmiarsi il rischio di cadere in una relazione sbagliata. L’unico modo è riconoscere rapidamente i manipolatori.

MM: E come fare a riconoscerli?

RB: È un discorso complesso che faremo dal vivo, ma nel loro modo di presentarsi c’è sempre un elemento che li mette al centro della narrazione, o perché unici e speciali o perché vittime di situazioni che vivono solo loro. Si presentano come unici, nel bene o nel male (grandiosità manifesta o passivo-aggressiva). Non sempre c’è un esplicito love bombing (Ndr: letteralmente bombardamento d’amore, cioè estreme manifestazioni di affetto, allo scopo di ottenere un’influenza sulla persona coinvolta), è più un control bombing, un’overdose di controllo, anche se inizialmente più subdolo. Spesso le vittime lo sottovalutano scambiandolo per interesse.

MM: Altri segnali di allarme?

RB: Critiche costanti e svalutazione, manipolazione, mancato riconoscimento e validazione dei bisogni altrui, mancanza di rispetto, dramma e negatività costanti, sentimenti di ansia o tristezza, tentativi di isolamento, il manipolatore vuole allontanarci dalle altre persone importanti della nostra vita, dalle nostre passioni e affetti. Vedremo come funziona la mente del manipolatore.

MM: Il manipolatore è sempre uomo?

RB: No, in questo caso lo spettacolo è pensato in base alla casistica più diffusa dell’uomo manipolatore, ma ci sono dinamiche applicabili a parti inverse.

MM: Ma non è abusato il termine “amore tossico”, “relazione tossica”?

RB: Diciamo che c’è chi usa impropriamente il termine per mascherare le sue problematiche e difficoltà nello stare in relazione: “Non sono io a sbagliare, è l’altro che è manipolatore”, ma la differenza è abissale. Chi ha subito un trauma da abuso narcisistico lo riconosci, è una sindrome assimilabile al disturbo post traumatico da stress.

MM: Crede sia un fenomeno in crescita, e perché?

RB: Sì, e alla base ci sono problematiche genitoriali. I manipolatori sono bambini mai cresciuti che non gestiscono rabbia e frustrazioni. I genitori sono spaventati da questo, ma è loro compito vigilare, controllare, intervenire, dire di no.

MM: Lei è criminologa ma anche psicologa forense, prevale in questo caso di più il secondo aspetto?

RB: Sì, «Amami da morire» è più di area psicologica, un concentrato di quello che io conosco e ho visto applicato a questo tipo di dinamiche, anche attraverso chi viene da me in cura per le dipendenze affettive. È una sorta di viaggio nella consapevolezza. Ci si porta a casa parecchio. È uno spettacolo molto fruibile rivolto anche a preadolescenti, con un taglio divulgativo per fare prevenzione anche nei giovanissimi.