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Il problema irrisolto delle tartarughe palustri

Articolo. Quello delle specie esotiche invasive è una questione che coinvolge anche il nostro territorio, aprendo le porte a una serie di dubbi e soluzioni non sempre efficaci. Tra disinformazione, regole da rispettare e mancanza di strutture adeguate, ecco cosa bisogna sapere

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Se siete qui probabilmente avete una tartaruga d’acqua. Magari comprata quando ancora mancavano regolamentazioni nell’introduzione delle specie esotiche. O forse regalata da conoscenti in tempi non sospetti, trovata da qualche parte lungo il fiume, apparsa dal nulla nel prato della vostra casa di campagna, o vista zampettare nel giardino pubblico della città. Creature che a livello ambientale rappresentano una minaccia, sebbene all’apparenza possano sembrare innocue.

Le tartarughe palustri americane infatti possono essere a tal punto pericolose da rientrare sotto l’etichetta delle specie esotiche invasive e nell’elenco delle 100 tra le specie invasive più dannose, redatto dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Si tratta infatti di un rettile simpatico, ma particolarmente vorace, resistente e estremamente adattabile al nostro clima. Un autentico disastro per la biodiversità. Un animale che è andato via via diffondendosi a causa di abbandoni o evasioni da giardini privati non opportunamente recintati.

Il problema si aggrava di fronte a una dilagante inconsapevolezza in merito a leggi e normative che dovrebbero regolamentare la presenza di questi rettili nel nostro territorio e i rischi a connessi a una custodia poco accorta. Tra problemi, mancanza di strutture e una scarsa diffusione delle informazioni del caso, ecco cosa ho avuto modo di scoprire durante la mia convivenza con le tartarughe.

Un tris di tartarughe

Anni Novanta. Ancora bambina, vinco tre tartarughine alla tradizionale fiera del paese. Seguono anni di vita tranquilla, finché nel gennaio 2018 non viene pubblicato il Decreto Legislativo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE). Il tutto volto al controllo e al divieto di introdurre specie alloctone (cioè che crescono in un territorio diverso da quello d’origine in cui vivono abitualmente) dannose per il nostro ecosistema.

Scopro così che le tre sottospecie della tartaruga palustre americana (ovvero la Trachemys scripta scripta, la Trachemys scripta troostii e la Trachemys scripta elegans) rientrano nella categoria delle specie esotiche invasive ed è previsto l’obbligo di denuncia per il loro possesso.

Decido di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno al Ministero dell’Ambiente, compilando l’apposito modulo riguardo alle tre tartarughe e alla loro detenzione. Tutto risolto, siamo entro i limiti della legalità. Eppure, nonostante una successiva proroga del termine di denuncia nell’agosto 2019, intorno a me continuo a vedere tanta disinformazione.

Piranha d’acquario

Arriviamo così al primo problema: i limiti di denuncia sono scaduti, quindi chi possiede una testuggine non denunciata è sanzionabile.

Una cosa è certa: l’abbandono non è un’opzione. Prima di tutto è illegale, in secondo luogo rischia di causare sofferenze all’animale e in ultima istanza può portare gravi danni all’ambiente e ad altri animali come anfibi, pesci, insetti. Non solo: come riportato nel Piano di controllo e gestione delle specie esotiche a cura del WWF e uscito lo scorso anno, anche in Lombardia la problematicità di Trachemys scripta si riconduce alle interazioni potenzialmente negative con i nuclei di Emys orbicularis, la testuggine palustre europea.

A titolo esemplificativo, ricordo la visita a una conoscente che, dopo aver acquistato una tartarughina in negozio, decise di metterla nell’acquario insieme ai suoi bellissimi pesciolini. Davanti alle mie perplessità in merito al rischio di ritrovarsi l’acquario vuoto, la reazione fu quasi di scherno. “Ma figuriamoci, così piccola cosa potrebbe mai fare?

Il risultato? Una settimana dopo tutti i pesci variopinti erano scomparsi, mangiati dalla testuggine. Unico sopravvissuto: il “pesce pulitore”, che per il trauma probabilmente si era dato a un’opera di totale mimetismo sul fondo dell’acquario.

Che fare dunque? Dagli enti legati al mondo animale informano che al momento non è prevista una proroga del termine per la denuncia, ma ancora non vi è nulla di certo. Chi dovesse possedere un esemplare può in ogni caso cercare di conservare al meglio le sue tartarughe, limitare i danni e restare informato.

Questo tartarughino non s’ha da fare

Va beh, ma se me le regalano al massimo finisce nei guai chi me le ha affidate”. È stata una delle ultime frasi sull’argomento che mi sono sentita rivolgere.

A dire il vero, se si tratta di animali non denunciati il problema persiste. Ma a questo punto emerge anche un altro problema: quello delle nascite. Perché il documento del 2019 a cura del WWF riporta che già nel 2016 è entrato in vigore il Regolamento europeo che prevede il divieto di riproduzione, oltre a quelli di trasporto, acquisto, vendita, scambio e rilascio di esemplari in ambienti liberi.

Dunque il sogno di una deliziosa famiglia di tartarughe è assolutamente proibito e se qualcuno dovesse proporci un tartarughino in regalo i conti sicuramente non tornerebbero. Come riportato nelle Raccomandazioni per la corretta detenzione degli animali da compagnia appartenenti a specie esotiche invasive di rilevanza unionale, la riproduzione va impedita con mezzi idonei. Sistemi che consistono fondamentalmente nella separazione degli esemplari in vasche divise e spazi opportunamente recintati, per impedire una fuga d’amore.

Da questo punto di vista sono piuttosto fortunata: le mie sono tre femmine.

Tartarughe orfane

Ecco qui che arriviamo all’aspetto più controverso: il Ministero dell’Ambiente dichiara che esemplari trovati in libertà devono essere consegnati ad apposite strutture predisposte al ritiro. A tal proposito, era prevista la creazione di centri di raccolta regionali obbligatori, ma allo stato attuale la Lombardia non ne è ancora dotata.

Quindi, se in teoria ogni regione dovrebbe predisporre centri per accogliere gli esemplari trovati in libertà, di fatto le cose sono un po’ più complicate. In alcuni casi (come appunto quello lombardo) si è aperto un vuoto.
Un problema in cui si è imbattuta recentemente una signora, che vivendo vicino a un rigagnolo d’acqua si è ritrovata una Trachemys di 25 cm nel giardino. Ed ecco quindi il paradosso.

Perché se una persona trova una tartaruga ma non ha modo di consegnarla, le soluzioni in fondo sono solo due: lasciarla libera con un perpetuarsi dei danni ambientali, o tenerla con il rischio di sanzioni. Resta dunque un grande dubbio che prima o poi speriamo verrà risolto.

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