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Nature based solutions: il futuro sostenibile delle nostre città è ispirato alla natura

Articolo. E se fosse la natura stessa a dirci come affrontare al meglio le sfide lanciate dal cambiamento climatico? Con le nature based solutions («soluzioni basate sulla natura») possiamo ridisegnare l’intera infrastruttura urbana e prepararci a ciò che ci aspetta

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Il mese di luglio 2023 è stato il più caldo mai registrato in termini di temperatura media globale. Secondo quanto riportano l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Copernicus Climate Change Service, durante i primi 23 giorni del mese la temperatura media globale è stata di 16.95°C. Un dato molto sopra i 16.63°C del luglio 2019, il record fino a oggi.

Durante lo stesso periodo è stata anche superata per diverse volte la soglia dei +1.5°C di aumento della temperatura rispetto all’epoca pre-industriale, il limite che si sono dati i Paesi dell’Onu, entro cui le conseguenze del cambiamento climatico potranno essere in qualche modo gestite. Un trend che potrebbe facilmente riconfermarsi negli anni a venire: secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, siamo già al 66% delle possibilità di raggiungere stabilmente l’aumento di 1.5 gradi entro i prossimi cinque anni.

Nonostante l’estate fosse iniziata con lo strascico di una primavera più piovosa del solito, anche a livello locale abbiamo toccato picchi da record. Lo scorso 23 agosto è stato il giorno più caldo della storia di Milano, con una temperatura media giornaliera di 33 °C, che ha superato il precedente primato di 32.8 °C, registrato l’11 agosto 2003. Lo riporta ARPA Lombardia, che fa notare anche come, guardando alle temperature massime, negli stessi giorni anche il resto della regione abbia registrato temperature da record: 39 °C a Cremona e Pavia, 38 °C a Mantova, Como e Brescia, 37°C a Bergamo e Sondrio, 36 °C a Lecco e 35 °C a Varese.

Fenomeni e dinamiche che dovremmo aspettarci sempre più frequentemente nei prossimi anni. In questo senso, è essenziale adottare un approccio sia di adattamento che di mitigazione. Cosa si intende con questi termini?

Secondo le definizioni date dall’Agenzia europea per l’ambiente, con «adattamento» si intende «anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate per prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare oppure sfruttare le opportunità che possono presentarsi». Insomma, detto in parole povere, prepararsi al peggio. Con «mitigazione», invece, l’Agenzia intende «rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici prevenendo o diminuendo l’emissione di gas a effetto serra (GES) nell’atmosfera» o, per dirla in breve, scegliere di agire e fare qualcosa di concreto.

I fronti su cui intervenire, in questo senso, sono tantissimi, ma uno dei più critici (e, allo stesso tempo, con più potenziale) è l’ambito urbano. Qui, negli ultimi decenni, stanno diventando sempre più popolari le Nature Based Solutions (in breve, NBS), che riconoscono il ruolo che la natura può svolgere per risolvere un’ampia varietà di questioni legate al clima. E non si tratta solo di clima: le NBS, come riporta IPCC, forniscono molteplici benefici ambientali, sociali ed economici, intrecciando la riduzione del rischio di disastri, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, con il ripristino e la protezione della biodiversità e degli ecosistemi.

Le NBS agiscono a loro volta su diversi fronti, che l’Agenzia europea per l’ambiente riassume in: biodiversità, foreste, uso del terreno e della vegetazione, agricoltura, adattamento ai cambiamenti climatici e riduzione del rischio di disastri. Tutto questo ha un effetto secondario, e cioè la possibilità di affrontare sfide sociali più grandi e contribuire al nostro benessere in senso ampio.

Ma cosa sono, in pratica, le NBS e come si applicano all’ambito urbano? Alcuni esempi sono orti e giardini urbani, parchi verdi, siti per impollinatori, corridoi verdi, ripristino delle zone umide, sistemi di drenaggio urbano sostenibile, pareti e tetti verdi. La lista è lunga e ognuna di queste soluzioni meriterebbe un approfondimento a parte: vediamone alcune nel dettaglio.

Tetti verdi: un ombrello naturale contro la calura

A livello locale, in bergamasca, gli esempi di questa soluzione basata sulla natura sono ancora pochi, ma si fanno sempre più strada nella progettazione architettonica e urbanistica. Un tetto verde è un tetto che prevede la messa a dimora di vegetazione sulla copertura di un edificio, con lo scopo di migliorarne le prestazioni e favorire la riduzione dell’impatto ambientale dello stesso. Un tetto verde rispetta tutte le caratteristiche richieste a qualsiasi copertura – strutturali, meccaniche e termiche – ma aggiunge la capacità agronomica e drenante. Il substrato drena l’acqua, raffrescando il tetto in estate e riducendo il soleggiamento.

Ce ne sono di due tipi: estensivo e intensivo. La differenza sta nello spessore del substrato colturale, quindi la quantità di terra predisposta e di conseguenza la tipologia di vegetazione che può essere piantumata.

Un tetto verde estensivo, dal terriccio disposto in spessore ridotto, può ospitare erbe, cespugli o piante molto piccole. Richiede poca manutenzione, non è calpestabile se non per i manutentori ed è ideale per coprire superfici molto estese, come i tetti dei capannoni. Un tetto verde intensivo, invece, con terriccio di spessore maggiore, è calpestabile e può ospitare specie più impegnative, ma richiede assidua manutenzione.

L’effetto di un tetto verde? I valori delle temperature registrati su questo tipo di coperture oscillano fra i 25 e i 30°C, contro le temperature rilevate su materiali artificiali impermeabili che possono arrivare a toccare anche gli 85°C.

Depavimentazione: lasciare respirare il terreno

La nota isola di calore urbana non è una condanna in via definitiva: può essere mitigata, innanzitutto intervenendo sull’impermeabilità del suolo delle città. La depavimentazione , inaugurata negli Stati Uniti e pian piano diffusa anche nel resto del mondo, consiste nel «togliere la superficie impermeabile del suolo per cercare di restituirgli la sua permeabilità».

Il concetto è riconoscere il ruolo fondamentale dei servizi ecosistemici che le aree con suolo, le aree permeabili e le aree con verde offrono. Per esempio, la capacità di lasciare filtrare l’acqua e quindi di ridurre il carico delle acque superficiali che devono essere smaltite, lo stoccaggio dell’anidride carbonica nel suolo, la produzione di sostanze nutrienti da parte degli alberi, che nutrono gli organismi che vivono in simbiosi con loro.

Esempi di interventi di depavimentazione sono: parcheggi realizzati con pavimentazione in materiali permeabili che favoriscano il drenaggio dell’acqua e la copertura erbosa, orti e giardini in sostituzione di zone asfaltate in quartieri abbandonati, aree verdi con piante e alberi a fianco di strade.

Drenaggio urbano sostenibile: il primo inaugurato a Milano

In via Pacini a Milano, in zona Città Studi, le automobili hanno lasciato il posto a un corridoio alberato con siepi. L’opera è stata realizzata dal Comune di Milano insieme a MM Spa su progetto di AMAT in collaborazione con le Direzioni Mobilità e Verde del Comune e si tratta del primo SuDS (Sustainable Drainage System) o sistema di drenaggio sostenibile della città.

Una zona verde è stata riqualificata, creando un’area da attraversare in sicurezza che sia anche un baluardo a protezione della biodiversità cittadina: un percorso pedonale di 200 metri, con 25 panchine, diverse rastrelliere per biciclette e un tavolo con panche. Ora gli attraversamenti pedonali sono più larghi, lo spazio più ampio e gli alberi sono stati messi in sicurezza con la creazione di nuove aiuole lungo il percorso.

I SuDS sono utilizzati in tutto il mondo come sistemi per gestire le acque di pioggia ricadenti in aree urbane, in modo da riequilibrare il bilancio idrologico e ridurre il carico inquinante dei corpi idrici, permettere alle città di comportarsi, letteralmente, come una spugna (su ispirazione del concetto di sponge city sviluppato in Cina) e sfruttare tutti i benefici forniti dai servizi ecosistemici nominati sopra.

La ricerca e lo sviluppo di soluzioni basate sulla natura è sempre in pieno fermento e produce concetti come il 3-30-300 (ovvero progettare le città facendo in modo che ci siano 3 alberi visibili da ogni finestra, il 30% di ogni quartiere coperto da piante e un parco a 300 metri) o l’ungardening (ovvero far crescere nei giardini e sui balconi piante autoctone che possano favorire la presenza di uccelli e impollinatori in città, contribuendo a far crescere la biodiversità urbana). Con un’attenzione particolare anche alle deviazioni di questa filosofia, da correggere sul nascere, come il greenwasting (l’uso scorretto delle risorse per creare aree verdi, che causa uno spreco). Ricerca e applicazione vanno di pari passo, con sperimentazioni in atto in tutto il mondo. Una maggiore consapevolezza è la chiave per favorirne l’implementazione sempre più diffusa anche nelle nostre città: facciamo a chi ne introduce di più?

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