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I nuovi arrivi al Parco Le Cornelle ci ricordano l’importanza della tutela e della salvaguardia

Articolo. Le Tigri dell’Amur, uno Gnu e due piccoli di Cobo Lichi si uniscono agli ospiti del Parco Faunistico, offrendo ai visitatori un’importante lezione sulla tutela del patrimonio faunistico del pianeta. Un universo da scoprire anche per i più piccoli, con ingressi omaggio a Sant’Alessandro

Lettura 4 min.
Tigre dell’Amur

Un chiaro invito alla scoperta. È questo il messaggio del Parco Faunistico Le Cornelle di Valbrembo in queste ultime settimane di agosto. Un’esortazione a cui fa eco un’opera di arricchimento rivolta a grandi e piccini, in un impegno costante che vuole festeggiare la ricchezza faunistica di ogni habitat, seguendo il cammino della divulgazione e salvaguardia delle specie sul pianeta.

Da un lato avremo gli ingressi in regalo per tutti i bambini (fino agli 11 anni) nella giornata di mercoledì 26 agosto. Un’opportunità unica che, oltre a festeggiare Sant’Alessandro e a donare una bella giornata tra le 130 specie del parco, ha l’obiettivo di stimolare la curiosità, avvicinare e sensibilizzare i giovanissimi al mondo animale attraverso l’incontro e approfondimento delle sue infinite varietà.

Dall’altro, ecco che tra le novità di questa stagione c’è anche l’arrivo di new entry dal valore inestimabile: due esemplari femmina di Tigre dell’Amur trasferite dallo zoo di Riga e un maschio di Gnu che andrà a unirsi agli esemplari già presenti nel parco (provenienti da uno zoo italiano e uno olandese).

A questi si aggiungono poi due piccoli di Cobo Lichi, un’antilope africana prossima al pericolo di estinzione, nati alcune settimane fa nella zona della Savana, il cui arrivo ha dato il via al tradizionale contest per scegliere il nome. Dal 24 al 25 agosto il pubblico potrà infatti collegarsi alla pagina Facebook del Parco Faunistico e proporre due nomi (uno maschile e uno femminile) commentando il post dedicato: il vincitore riceverà un biglietto d’ingresso omaggio fruibile durante la stagione di apertura.

Nuovi ospiti la cui importanza non si limita a un mero arricchimento “numerico” delle attrattive presenti a Le Cornelle, ma che va ad inserirsi in un’importante coordinamento europeo volto alla salvaguardia delle diverse specie a rischio d’estinzione e in un’opera educativa su larga scala.

Le Tigri dell’Amur e la loro salvaguardia

Partiamo dai due splendidi esemplari di tigre, non a caso anche detti “Zar della taiga siberiana”. È il Dottor Maurizio Oltolina, direttore Sanitario del Parco, a spiegarci la loro importanza: “Le tigri dell’Amur sono una sottospecie a rischio di estinzione. Gli esemplari che ci sono stati affidati sono animali puri, ovvero non hanno subito incroci: una distinzione fondamentale per la conservazione della specie”.

Il loro arrivo rappresenta così la vocazione e l’obiettivo primari dei giardini zoologici moderni, segnando il distacco definitivo da una vecchia concezione di zoo quale “collezione” di specie a scopo espositivo, a una nuova cultura e attenzione volte alla conservazione e alla ricerca.

Se la maggior parte degli animali in cattività sono nati da incroci intra-specie, le Tigri dell’Amur rientrano così in un complesso processo di conservazione genetica e riproduzione, il cui fine ultimo è la reintroduzione in natura. Affinché ciò avvenga tuttavia “bisogna essere sicuri che l’animale reintrodotto in natura sia uguale a quello originario, poiché un animale ibrido difficilmente sopravvivrà”.

Un processo lungo, reso ancor più complesso dalla presenza di due grandi minacce: la caccia e la rapida riduzione dell’habitat naturale causato dall’azione dell’uomo. Non si tratta dunque unicamente della mancanza di esemplari, come chiarisce Oltolina: “C’è sempre l’idea scorretta che le specie siano minacciate esclusivamente perché non ce ne sono più. In realtà spesso il problema principale è che non ci sono gli spazi dove questi animali possono stare”.

Un’emergenza che ha portato all’inserimento della tigre nel programma EEP (European Endangered species Programme) per tutelare e preservare una specie sana: “Questi programmi sono gestiti da un coordinatore che dispone della lista di tutti gli esemplari della specie nei parchi in Europa. È lui che decide chi può avere gli esemplari, come spostarli e quando farli riprodurre. Una visione più ampia che permette di avere maggiore possibilità di conservazione e che annulla i potenziali ‘egoismi’ dei singoli zoo”.

Così, se osservare un animale ibrido o una specie pura può sembrare la stessa cosa, in realtà “il significato conservazionistico è molto diverso. Alcuni animali sono detenuti da molti anni al parco, magari vengono da un periodo storico in cui questa attenzione era appena nata e hanno un significato solo educativo, non conservativo. Non possono cioè essere inseriti in natura. È un processo lungo e complicato, servono esemplari geneticamente sani e il giusto habitat”.

Inoltre, l’opera di tutela coinvolge i parchi faunistici attraverso un doppio movimento:in-situ per la salvaguardia dell’ambiente e delle specie nei loro habitat naturali, ma anche ex-situ, attraverso la riproduzione negli zoo: “Oltre ad occuparsi della riproduzione ex-situ, il nostro parco dona contributi a diverse realtà e progetti in-situ, nei luoghi d’origine degli animali”.

La collaborazione tra gli zoo, coordinata dall’Associazione europea EAZA (European Association of Zoos and Aquaria), permette così di porre parziale rimedio a una perdita su larga scala, rivolgendosi non solo alle specie esotiche (quali le tigri o il rinoceronte bianco), ma anche a quelle locali. Tra gli esempi più felici di reintroduzione in natura, troviamo infatti anche il bisonte europeo in Polonia e il grifone e l’ibis eremita in Italia.

Speriamo dunque che anche le tigri possano un giorno tornare a popolare il loro habitat naturale.

Lo gnu: un valore scientifico e un monito per il futuro

Più felici le sorti dello Gnu, un maestoso ungulato di grossa taglia (basti pensare che può arrivare a pesare anche 270 kg) che gode ancora oggi di una prolifica rappresentanza in natura.

Nonostante questo, anche il bovide dalle grandi corna ha molto da insegnare al pubblico dei visitatori, secondo quelle funzioni di ricerca e didattica insite nei valori Le Cornelle: “Lo scopo dell’animale in cattività non è di mostrarlo, ma di sensibilizzare alle diverse questioni legate all’ambiente, all’animale e al pianeta. È un aspetto che non è solo un problema di singole specie, ma a una perdita di ambienti selvaggi che riguarda tutti.

Viaggiando dall’inospitale taiga della Russia fino alle sterminate praterie africane, ci troviamo di fronte a due approcci molto diversi (ma non per questo meno validi) alla materia educativa. Come anticipato infatti, per gli Gnu la situazione è molto diversa poiché: “sono specie non a rischio, ben rappresentate in natura, rappresentativi di grandi migrazioni. Hanno un aspetto educativo e di sensibilizzazione importante: un animale che tutti conoscono, un bovide africano diffuso, ma che non va dato per scontato”.

Sempre più infatti assistiamo a un evolversi repentino delle condizioni naturali, al punto che spesso, specie che fino a non troppi decenni fa abbondavano in natura, oggi si trovano nella condizione di essere fortemente minacciate. “Gli spazi per animali selvatici sono sempre meno e popolazioni numerose iniziano a diminuire. Ci sono animali che fino a pochi anni fa non erano a rischio e ora sì e sono tutte cose che sono state già viste in passato: quando gli inglesi arrivarono in nord America c’erano un milione di bisonti. Alla fine del secolo erano rimasti solo 50 animali nel parco dello Yellowstone”.

Lo Gnu diventa così un esempio, uno spunto didattico sulla condizione generale dell’ambiente, ma anche un monito per noi esseri umani: “Nel giro di poco può cambiare radicalmente la situazione. Non diamo per garantito ciò che abbiamo, poiché molte cose ci sembrano scontate domani saranno viste solo nei documentari. La speranza è che la percezione delle cose possa cambiare molto”.

Sito Parco Faunistico Le Cornelle

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