Alzi la mano chi, avendo la possibilità di dare una sbirciatina al futuro, si volterebbe dall’altra parte per non vedere nulla. Sapere cosa accadrà a livello tecnologico nei prossimi anni è diventata una necessità, tanto che – accanto al dibattito fra scienziati, filosofi e futurologi, cioè coloro che prospettano i possibili scenari del domani – sono nate associazioni e gruppi di volontari che parlano di futuro. O meglio, di tutti i futuri possibili. Incontrando le scuole, gli appassionati e i semplici curiosi.
Uno dei prossimi appuntamenti sull’onda di questa tendenza sarà a Dalmine, giovedì 24 ottobre alle 20.45 presso la Biblioteca Comunale. Titolo dell’evento “Il futuro non può attendere”, organizzato da Impactscool (qui il link per iscriversi all’evento).
Robotica, genetica, blockchain, stampa 3D e intelligenza artificiale stanno già rivoluzionando l’esistenza di ogni essere umano e lo faranno sempre di più. Gli effetti e le conseguenze sono difficili da immaginare, così un gruppo di esperti del settore si mette a disposizione per spiegare cosa accadrà fra vent’anni – o quantomeno cosa dovrebbe accadere.
Impactscool è una no-profit: aiuta le persone (siano esse studenti, dipendenti d’azienda o comuni cittadini) a imparare a immaginare gli impatti sociali e morali che le tecnologie e i cambiamenti che ne derivano avranno sulle nostre vite.
Nasce alla fine del 2016 a Verona da un’idea di Cristina Pozzi e Andrea Dusi, imprenditori, advisor e angel investor di diverse startup ad alto contenuto tecnologico italiane e internazionali. Fin da subito iniziano a organizzare eventi, conferenze e workshop caratterizzati da un mix inedito di formazione, collaborazione e dibattiti.
A quasi tre anni dalla propria nascita, Impactscool ha formato oltre 19 mila persone (di cui 15 mila studenti e 500 docenti), con più di 330 workshop ed eventi. Dall’inizio del 2018, opera nell’ambito di un protocollo d’intesa siglato con il MIUR, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, mentre a inizio anno il World Economic Forum ha riconosciuto il valore dell’attività di Impactscool, nominando Cristina Pozzi unica italiana tra gli Young Global Leader 2019-2024.
Sono più di sessanta gli ambassador, ovvero i volontari appassionati d’innovazione e di tecnologia che contribuiscono all’organizzazione delle attività e alla diffusione dei contenuti, animando il dibattito all’interno della community.
Tra di loro Luca Tiraboschi, ambassador bergamasco che terrà l’incontro di Dalmine e a cui abbiamo chiesto come si fa a parlare di futuro e soprattutto se dobbiamo preoccuparci.
Con che parole si inizia un incontro dedicato al futuro?
Ci tengo a sottolineare che il livello non è mai tecnico. Nessuno vuole spiegare nel dettaglio come funzionano la blockchain, i computer quantici o l’intelligenza artificiale. Cerchiamo piuttosto di portare le persone a ragionare su ciò che può succedere e a Dalmine faremo un gioco su una possibile notizia arrivata dal futuro.
Su cosa si focalizzerà?
Innanzitutto non possiamo limitarci e dobbiamo parlare di possibili futuri più che di un unico futuro perché il ventaglio è molto ampio. Protagoniste sono le tecnologie emergenti che cambiano la nostra vita ad una velocità mai vista prima: è importante capire cosa vuol dire, quale sarà l’impatto e cosa può succedere. Da qui nasce l’urgenza di parlare del futuro adesso, per saper valutare i rischi ed essere pronti ad ogni possibilità.
Messa in questi termini sembra che ci sia da avere paura.
Molto spesso ci viene chiesto un giudizio sul futuro, ma non è quello lo scopo. Se devo dirlo io sono comunque positivo, ma come volontari di Impactscool abbiamo l’obbligo di fare visualizzare alle persone anche il futuro negativo, mostrando i rischi legati alle nuove tecnologie.
Quindi, immaginando il peggio, cosa può accadere?
Facciamo un esempio legato al mondo del lavoro. Esiste, ed è abbastanza noto, il problema della rivoluzione digitale che porta alla perdita di posti di lavoro. Non solo nell’automazione industriale, ma anche dove l’intelligenza umana ha un ruolo. Per esempio, fra qualche anno parte del lavoro di un avvocato sarà digitalizzato, almeno per tutto ciò che riguarda la costruzione del caso, ora affidato a persone che cercano negli archivi storie giudiziarie simili. Questa attività potrà essere presto sostituita da software di intelligenza artificiale e in questo settore come in altri si andranno a creare i cosiddetti “inutili”, ovvero persone che non sono riuscite a stare al passo di questo cambiamento. Il rischio è che potrebbero essere tanti.
Un esempio di futuro positivo invece qual è?
Io sono affascinato dagli sviluppi in ambito medico. Grazie alle tecnologie faremo dei passi da gigante: ci saranno farmaci precisissimi, strumenti quasi perfetti che miglioreranno le terapie e un mondo di possibilità in più. Dall’altro lato bisogna poi garantire che queste innovazioni siano per tutti e qui torniamo al fatto che la rivoluzione tecnologia influirà tantissimo sulla società.
Ed è sicuro che non sia necessario essere esperti in materia per capire cosa succederà?
È proprio quello il mio impegno. È troppo facile parlare con gli addetti ai lavori: io vado a cercare persone che non ne sanno niente, coloro che non hanno mai sentito parlare di blockchain, IoT e IoA, guida autonoma, intelligenza artificiale, nanotecnologie e biotecnologie. Inneschiamo dibattiti e riflessioni direttamente su questi temi proprio per creare persone più consapevoli. Dobbiamo prepararci a qualcosa che ora è solo relativo ma presto sarà pervasivo.
Anche lei è convinto che dopo questo periodo confuso arriverà il tanto evocato umanesimo tecnologico?
Sarà necessario. Avremo il bisogno di tornare a rimettere l’uomo al centro. Ci dovranno essere grandi contributi da parte delle scienze umanistiche, che possono farci rimanere umani. Nel futuro credo ci saranno bravissimi ingegneri, ma qualcuno dovrà dirgli come restare sul binario dell’umanità.