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Cinque ponti più uno (scomparso) in provincia di Bergamo

Guida. Collegamenti di storiche vie commerciali, tra imperatori e figure misteriose: una guida alle strutture più antiche e suggestive del nostro territorio

Lettura 3 min.

Arterie di comunicazione, viabilità e commercio, elemento d’unione tra territori e centri di potere, carichi di un valore strategico e simbolico che talvolta sfocia nella leggenda o nella storia. Sono i ponti che costellano il territorio di Bergamo, fotografati e discussi, anfiteatri di commercio o di guerre, in pietra e ciottoli.

Partendo dal Serio e poi salendo e scendendo dal Brembo, abbiamo individuato alcuni splendidi ponti capaci di resistere (quasi sempre) allo scorrere dei secoli.

Ponte Marzio di Gorle

Cominciamo dal comune di Gorle, a due passi da Bergamo. Un centro le cui fondamenta risalgono all’Impero Romano, periodo durante il quale venne edificato il Ponte Marzio, che collega Gorle e Scanzorosciate. Un antico ponte militare che fino al XV secolo ebbe il monopolio come via di collegamento tra le sponde del Serio. Al pari di molti suoi simili dunque un punto strategico ambitissimo, complice anche l’accesso a importanti vie di comunicazione.

Ma se l’origine del suo nome pare collegarsi all’imperatore Anco Marzio, fu un altro celebre personaggio a consacrarlo alla leggenda: Giulio Cesare. Secondo alcuni racconti il militare il dittatore e console romano non solo transitò sulla struttura, ma contribuì a edificare nelle sue vicinanze fortilizi per proteggere il ponte.

Il personaggio che troneggia proprio al centro della struttura non è un condottiero romano, bensì la statua di un malinconico San Giovanni Nepomuceno, voluta e spesata da don Giuseppe Grada nel 1766.

Ponte di Attone a Ubiale Clanezzo

Una sola elegante arcata a cavallo sul torrente Imagna, laddove quest’ultimo si tuffa nelle acque del Brembo. Siamo al Ponte di Attone di Ubiale Clanezzo, antichissima via d’accesso all’inespugnabile Valle Brembana.

La cornice che fa da sfondo a questo piccolo gioiello in pietra dell’architettura romana altri non è che un meraviglioso anfiteatro naturalistico. Dove stradicciole in pietra e architetture antiche si perdono tra la vegetazione e il letto del corso d’acqua. L’itinerario pedonale che dai piedi del Castello di Clanezzo permette di raggiungere il ponte si è infatti salvato dall’urbanizzazione e oggi conserva il suo fascino originario.

Anche in questo caso la genesi del suo nome si colloca a metà tra storia e leggenda: sembra infatti che derivi dal conte d’Alemanno Attone Leuco, che fece erigere il ponte nel decimo secolo per sfruttarlo come punto nevralgico d’accesso e via di comunicazione. Una passeggiata attraverso il vecchio porto – alla scoperta della dogana e poi lungo il ponte che balla sospeso sul Brembo – completa la rilassante visita.

Ponte del Cappello in Valle Brembilla

Restiamo in zona per rincarare la nostra dose di bellezza e misteri con il Ponte del Cappello. La piccola struttura a un arco collocata all’imbocco della Valle Brembilla ha origini medievali e un fascino unico. Più defilato rispetto agli altri splendidi (e forse più noti) Ponti di Sedrina, il piccolo ponte non ha nulla da invidiare ai suoi vicini.

Ancora prima della costruzione della via Priula era usato come accesso alla Val Brembana passando da Almenno (area anticamente appartenente al territorio di Lemine). Oggi la fama di questo bel ponte a schiena d’asino si collega a una figura misteriosa che si cela ai suoi piedi: un curioso (e piuttosto inquietante) volto scolpito nella pietra. Come sia arrivato lì e cosa rappresenti resta un mistero. Certo è che gli abitanti locali non hanno esitato nel costruire su questa figura sinistra un repertorio di racconti per impaurire i bambini.

Il Ponte del Cappello nel tempo divenne anche un passaggio nodale della Strada Taverna: un’antica via destinata al commercio e alla transumanza che attraversava il versante orografico sinistro del torrente Brembilla. Oggi percorribile seguendo il sentiero CAI 592.

Ponte Vecchio e Ponte dei Frati a San Giovanni Bianco

Saliamo lungo la Valle Brembana per arrivare al centro di San Giovanni Bianco. Qui troviamo le affascinanti strutture pedonali del Ponte Vecchio e quella del Ponte dei Frati.

Le sorti di questi esemplari si collegano in maniera indissolubile agli sviluppi della Via Mercatorum, l’antica strada medievale dei mercanti che collegava la Val Brembana e la Val Seriana a Bergamo. In particolare il Ponte Vecchio (risalente al XV secolo) accoglieva intorno a sé le principali attività del borgo, grazie alla sua posizione particolarmente centrale. Ed è proprio da qui che passava la via Mercatorum, sostituita nel corso del Cinquecento dalla Strada Priula. Tutt’oggi è possibile ripercorrere un tratto molto suggestivo di questa via partendo dal ponte. Il Ponte Vecchio conserva una sua struttura a due arcate e il fondo in ciottoli e lastroni.

Stesso numero di archi anche per il Ponte dei Frati, nella parte a sud del paese. In questo caso si tratta di una ricostruzione del XVII secolo sulla base di ruderi di una struttura precedente, andata distrutta durante una piena del Brembo. All’ingresso del ponte sulla sponda orografica sinistra, una santella votiva accoglie i viandanti.

Ponte di Lemine tra Almenno San Salvatore e Almè

Oltre ai ponti salvati dallo scorrere del tempo e a quelli ricostruiti su rovine precedenti ci sono anche ponti andati irrimediabilmente perduti.

È questa la triste sorte toccata al Ponte di Lemine (o Ponte della Regina) situato anticamente tra Almenno San Salvatore e Almè, in quello che era il vasto comprensorio di Lemine, a ovest di Bergamo. Delle sue origini si sa pochissimo (secondo i più la datazione dovrebbe aggirarsi intorno al secondo secolo sotto l’imperatore Traiano) e ne restano poche tracce visibili, sebbene in passato dovesse avere un’impostazione a dir poco grandiosa.

Un’ipotesi di come dovesse apparire in passato ci è stata fornita dalle illustrazioni dell’ingegnere Elia Fornoni, alla fine del XIX secolo. Otto gli archi imponenti che attraversavano il fiume Brembo, prima che la terribile alluvione del 1493 ne causasse irrimediabilmente il crollo.

Oggi, possiamo solo soffermarci ad ammirare le rovine maestosamente adagiate sulle sponde, mentre il fiume scorre placido sotto i nostri occhi.