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Lungo l’antica Via della Lana fino alla cima del Monte Sparavera

Articolo. La neve che tanto desideravamo è arrivata a metà febbraio, ma se ne è andata di gran fretta senza nemmeno il tempo di lasciarci gioire. Poco importa: la vista sul lago d’Endine, il monte Guglielmo e i Pizzi della Val Gandino è talmente bella che viene quasi voglia di fare un volo in parapendio

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Il lago d’Endine dalla cima del Monte Sparavera (Foto Camillo Fumagalli)

Quest’oggi dedichiamo la nostra attenzione al monte Sparavera, docile vetta che domina da un lato il lago d’Endine e dall’altro la val Gandino.

Raggiunto l’abitato di Peia superiamo le case più alte del paese imboccando la strada che conduce alla Forcella di Ranzanico (seguire anche le indicazioni per la Pozza del Lino). La strada è piuttosto stretta e in alcuni tratti ripida, ma ben percorribile. Poco prima del valico, lasciamo l’auto presso il piccolo posteggio organizzato con posti definiti (nei giorni festivi si riempie rapidamente).

Quattro passi e siamo alla Forcella di Ranzanico (958m). Ci troviamo sul percorso della antica Via della Lana, storico tracciato di collegamento tra la val Gandino e la val Cavallina. Gandino e le sue contrade fin dal Medioevo vantavano la produzione e il commercio di lana di ottima qualità; in particolare la lana di Peia era talmente pregiata da meritare l’appellativo identificativo di «lana peina». Nell’arco di alcuni secoli, l’allevamento di pecore, la produzione e il commercio dei panni di lana e di altre fibre tessili divenne attività trainante per tutta la vallata al punto che, nella metà del XVI secolo, si decise l’ampliamento del tracciato preesistente realizzando una grande mulattiera per agevolare il transito delle merci. In tal modo i mercanti potevano più rapidamente raggiungere la val Cavallina, la val Camonica e i mercati del nord Europa.

A custodia della Forcella di Ranzanico si trova una bella tribulina. Imbocchiamo il sentiero che si diparte a fianco della santella (CAI n° 513 dedicato al partigiano Andrea Caslini Rocco) e in pochi minuti di facile ascesa tra boschi e radure raggiungiamo i pascoli della località Poiana, dove spicca un ex roccolo ora divenuto dimora con panorama invidiabile. Qui il sentiero si innesta sulla strada sterrata di servizio delle cascine che percorriamo in direzione nord-est. Appena rientrati nel bosco si raggiunge l’abbeveratoio del Lino (in inverno totalmente privo d’acqua) dove rimaniamo incuriositi dalle indicazioni di recente installazione che conducono alla vicina Pozza del Lino (1080 m).

Non avendo fretta, optiamo per la deviazione. In un attimo, siamo nei pressi della pozza: una piccola sorgente murata che alimenta un modesto acquitrino semi-invaso da erba secca e circondato da una staccionata con alcuni tavoli da pic-nic. All’apparenza, nulla di importante da giustificare una segnaletica che inizia già in paese. Fortuna vuole che una coppia di escursionisti del luogo, di fronte alla nostra perplessità, abbia avuto la benevolenza di descriverci i motivi di tale rilevanza.

Scopriamo così che anticamente l’area della Pozza del Lino, ubicata nelle immediate vicinanze della Via della Lana, oltre che luogo di ristoro dei mercanti, con tutta probabilità, era utilizzata per la coltivazione delle piante utili a produrre le fibre di lino. Anche la lavorazione del lino rientrava nelle produzioni tessili tipiche della valle. Nell’aprile 2020, in piena pandemia, nasce il progetto «Lino Val Gandino», che promuove la reintroduzione della coltura del lino in valle con la semina del primo campo a pochi passi dal convento delle suore Orsoline di Gandino. Il lino qui prodotto e lavorato, oltre che destinato alla realizzazione di tessuti di pregio, è stato selezionato per la realizzazione delle uniche copie certificate della Sacra Sindone.

I nostri mentori ci suggeriscono anche di spingerci fino alla vicina Madonna del Pizzo, luogo molto caro agli abitanti di Peia. Non esitiamo a raggiungerla e ne rimaniamo decisamente colpiti: tre slanciate arcate di cemento sorreggono l’imponente statua dorata di Maria Regina delle Vette e Madre della Vita che a mani aperte e con sguardo amorevole abbraccia tutta la Val Gandino. Se il buongiorno si vede dal mattino l’escursione di oggi riserva sicuramente altre sorprese.

Così torniamo sui nostri passi a riprendere la strada precedentemente abbandonata (sentiero CAI n° 513). Con un percorso pressoché pianeggiante e immerso nel bosco, in breve, sbuchiamo in località Monticelli (1116m) in corrispondenza di una sella, crocevia di numerosi sentieri. Anziché puntare diretti alla cima del monte Sparavera optiamo per un giro ad anello per conoscere meglio le peculiarità della zona.

Il tracciato prosegue in direzione della Malga Lunga percorrendo la carrareccia ora contraddistinta dal sentiero CAI n° 547 che alterna tratti pianeggianti ad alcuni strappetti. Stiamo attraversando a mezza costa i pendii meridionali del monte Sparavera. L’origine di tale nome pare legata a «sparviero», velocissimo rapace molto diffuso nelle zone boscose delle Prealpi (curioso il fatto che la femmina dello sparviero raggiunga dimensioni superiori a quelle del maschio). A conferma di un habitat adatto ai rapaci è anche la località Poiana da noi attraversata all’inizio della gita.

Mentre la vista si apre con scorci suggestivi sul lago d’Endine e più in lontananza, sul lago d’Iseo, siamo accompagnati, in questo tratto di percorso, da alcuni bellissimi roccoli sapientemente conservati e molto panoramici. In mezz’ora, superata la cascina Comunaglia, raggiungiamo una ampia sella contraddistinta da una bella pozza completamente ghiacciata. Saggiata la tenuta del ghiaccio, ci dilettiamo in rocambolesche scivolate ad emulare le gesta memorabili delle pattinatrici azzurre ai recenti giochi olimpici.

I pendii poco esposti al sole conservano ancora un po’ di neve destinata tuttavia a sparire presto. Abbandoniamo la strada che procede in direzione nord est verso la Malga Lunga e ci innalziamo in direzione opposta lungo lo sterrato che in breve conduce alla grande pozza dei Sette Termini (1309m).

Nei pressi delle sue rive riluce, baciato dal sole, un elegante monumento metallico a guisa d’ala piumata per ricordare l’atterraggio con paracadute effettuato dal generale Raffaele Cadorna, conosciuto con il nome di battaglia Valenti, nell’agosto del 1944 per assumere il comando generale del Corpo Volontari della Libertà (CVL) formato da 80 mila combattenti nella Guerra di Liberazione contro il nazi-fascismo, su mandato del governo Bonomi e del comando Alleato.

Dietro il monumento, si intravede la piccola croce bianca del monte Sparavera. Percorriamo i facili pendii finali riuscendo a calpestare anche un po’ di neve. Sfioriamo alcune pozze d’acqua ghiacciata, frutto di recenti opere di recupero del comune di Gandino finalizzate a conservare l’acqua piovana per la fauna selvatica presente in zona. Non solo cervi e cinghiali, ma soprattutto la piccola fauna come macroinvertebrati e anfibi. In particolare, in questa zona ci sono anfibi d’interesse comunitario: ad esempio, il tritone crestato o la bombina variegata.

Siamo in vetta. Il panorama è magnifico! La vista è aerea e sotto di noi ecco apparire, elegantissimo nelle forme e nei colori, il lago d’Endine con tutta la val Cavallina; a Est risalta il monte Guglielmo quasi a specchiarsi nel Sebino, mentre alle nostre spalle i Pizzi della val Gandino fanno da contraltare alle più note cime delle Orobie. Improvvisamente sono colto da un istinto: lanciarsi da quassù con un parapendio dev’essere qualcosa di meraviglioso! …. Non possedendo un parapendio e non avendone mai provata l’ebbrezza il sogno si affievolisce presto. Senza troppo rammarico optiamo per una più classica discesa a piedi. Il sentiero è ben visibile e punta diretto in direzione delle cascine di Monticelli con un occhio sempre rivolto al lago d’Endine. La stagione invernale consente anche divertenti varianti per buttare l’occhio sui casolari senza il timore di rovinare i pascoli ancora assopiti. Giunti a Monticelli, non ci resta che ripercorrere il percorso d’andata fino alla forcella di Ranzanico.

P.S. l’escursione qui descritta pur essendo breve e priva di difficoltà riesce ad offrire panorami entusiasmanti e spunti di notevole interesse. Con la variante Pozza del Lino e Madonna del Pizzo è lunga poco più di 10 km con 500m di dislivello.

P.P.S oltrepassata la Forcella, la strada scende verso il paese di Ranzanico (un cartello sbiadito indica che è vietato il transito al traffico veicolare). Circa mezzo chilometro oltre il valico, sulla destra, vicinissima alla strada e nascosta dagli alberi, si nota una piccola croce su una roccia. Con un po’ di attenzione, seguendo il sentierino che aggira la roccia, si sbuca su un terrazzino che offre un panorama strepitoso sul lago d’Endine.

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