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Parli del diavolo… e spunta il monte Avaro (con la prima neve)

Articolo. Dal colle della Maddalena un itinerario breve, sicuro e panoramico verso i primi piani innevati. Là dove un grande masso ricorda la leggenda diabolica del Paleni

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Dritti verso l’Avaro

Piove ininterrottamente da tutto il giorno. Le precipitazioni dovrebbero esaurirsi domani in mattinata, lasciando spazio a qualche schiarita. Che fare? La decisione è rimandata all’alba. Nel frattempo allerto Fabrizio, esperto geologo cresciuto sulle lave etnee nonché stimatissimo collega con cui condivido la passione per gli sport all’aria aperta. La mattina si presenta ancora piovosa ma l’istinto suggerisce di fidarsi delle previsioni. In men che non si dica ci ritroviamo sulla statale della valle Brembana. I tergicristalli spazzano l’acqua dai vetri. Il loro movimento oscillatorio richiama quello di lunghe dita che sembrano suggerirci: “no, no, no…”! Fortunatamente a San Giovanni la pioggia smette, le nebbie si diradano e lasciano intravedere, lassù in alto, il bianco immacolato della prima neve.

Un’ondata di euforia attraversa l’abitacolo. Non conoscendo la reale condizione di percorribilità delle strade optiamo per una gita esplorativa che ci consenta di sincerarci della situazione generale e insieme di gioire dell’incanto bianco. Meta della giornata sono i Piani dell’Avaro. Prudenzialmente lasciamo l’auto presso il colle della Maddalena (1231m), un paio di chilometri sopra l’abitato di Cusio. Nonostante la vicinanza al paese non scorgiamo alcun essere umano nei paraggi.

In corrispondenza del colle sorge l’oratorio di S. Maria Maddalena, una graziosissima chiesetta di origine medioevale. L‘antico campanile, solido e proporzionato, la rende una costruzione armonica e ben inserita nell’ambiente. L’interno conserva frammenti di affreschi opera di pittori della valle di Averara (tra cui vale la pena di menzionare i Baschenis) e pregevoli lavori di intaglio e di intarsio della locale bottega dei Rovelli. L’oratorio sorge lungo l‘antica strada per Ornica, il monte Avaro e la Valtellina. I prati dei piani dell’Avaro hanno, da sempre, rappresentato un’ambita zona di pascolo sia per la grande estensione dell’area che per l’ottima qualità del foraggio (soprattutto quello dei pascoli alti). La bella mulattiera che sale ai Piani testimonia il secolare utilizzo di questa importante via di comunicazione. L’insolito nome Avaro è legato ad una curiosa leggenda tramandata nei secoli dalle popolazioni della vallata che merita di essere raccontata.

Il proprietario dei pascoli sopra Cusio, un certo Paleni, era persona nota in paese per la propria taccagneria. Pur essendo benestante, si lamentava sempre della scarsa resa dei suoi pascoli a causa delle numerose pietre sparse un po’ dappertutto che lasciavano alle mucche ben pochi ciuffi d’erba da brucare. La sua avarizia era tale da persuaderlo ad esimersi da ogni forma di contribuzione della vita comunitaria del paese, portandolo addirittura a non recarsi più in chiesa per non essere costretto a versare l’elemosina. In poco tempo il Paleni si ritrovò a vivere privo di ogni legame sociale, nella completa solitudine della propria avarizia. Con il passare degli anni, per analogia con l’indole del suo proprietario, i compaesani presero a chiamare l’alpeggio Monte Avaro. Un’estate in cui la scarsità delle piogge rese il pascolo particolarmente magro, il Paleni, in preda alla disperazione, raccomandò la propria anima al diavolo pur di avere erba rigogliosa per le sue mucche.

Il diavolo, ben presto, si presentò al Paleni che, per nulla intimorito dalla presenza diabolica, non esitò a cercare di raggirarlo. Gli chiese, in cambio della propria anima, di liberare il pascolo da ogni pietra a patto che l’intera operazione si concludesse in una sola notte, prima del suono delle campane all’alba. Il Paleni era convinto che il diavolo non sarebbe riuscito nell’opera e, in cuor suo, confidava nel fatto che il pascolo sarebbe stato almeno in parte dissodato dalle pietre. Non aveva, però, fatto i conti con il potere del diavolo che, quella notte, reclutò tantissimi diavoletti, tutti operosamente impegnati nella raccolta delle pietre. Il Paleni, stupito dalla velocità con cui i diavoletti liberavano il pascolo dalle pietre, venne assalito dal terrore di perdere l’anima così si precipitò in paese per cercare di convincere il parroco a suonare anticipatamente la campana.

Ormai al diavolo rimaneva solo un pietrone da rimuovere, il più grande. Quando ormai il masso era in prossimità di essere sospinto sul bordo della vallata, la campana suonò i primi rintocchi del mattino. Il diavolo fu costretto a rinunciare all’anima del Paleni e costui si ritrovò con i pascoli completamente dissodati. Tuttavia lo spavento fu talmente forte che il Paleni si trasformò in uomo di fede e divenne un benefattore della parrocchia. Ancor oggi, passeggiando per i piani dell’Avaro, vicino al laghetto nei pressi dell’albergo, c’è un enorme macigno in mezzo al prato: è proprio quell’ultimo masso che il diavolo non è riuscito a spostare!

Torniamo alla nostra escursione. Dalla chiesetta della Maddalena seguiamo le indicazioni del sentiero CAI n° 109B che comincia poche centinaia di metri più avanti, all’inizio della strada a pagamento che sale ai Piani dell’Avaro. Fa piuttosto fresco. I pendii sopra di noi lasciano intravedere la prima neve. Saliamo nel bosco mentre qualche timido raggio di sole si intrufola tra gli alberi ad illuminare il nostro cammino. Questo barlume di sole è sufficiente a sciogliere la neve depositata sui rami più alti facendola gocciolare copiosamente sulle nostre teste.

In pochi minuti sbuchiamo nuovamente sulla strada asfaltata che conduce ai Piani. La seguiamo per un brevissimo tratto fino ad un ampio tornante dove la mulattiera riprende a salire nel bosco. Il sedime è ampio e ben conservato a testimonianza della grande importanza che tale strada rivestiva in passato. Risalta nella penombra del bosco il bel colore rossiccio del selciato. Fabrizio ci spiega che si tratta di Verrucano Lombardo, una roccia di tipo sedimentario formatasi prima di 250 milioni di anni fa (ai tempi della Pangea) e derivata dall’erosione di antichissime rocce metamorfiche e magmatiche. Il Verrucano assume la tipica colorazione rossastra in seguito alla forte ossidazione del sedimento. Inconsciamente mi accorgo che il mio cammino è divenuto più delicato, quasi in segno di rispetto verso quelle rocce che hanno vissuto la storia del nostro pianeta.

Continuiamo a salire tra gli abeti e ben presto iniziamo a calpestare la prima neve: nel sottobosco è ancora poca mentre sui rami è già abbondante. Quando usciamo dal bosco, intorno ai 1600m di quota, siamo sopraffatti dalla meraviglia. La neve, immacolata e copiosa, ha ricoperto completamente i pascoli: gli abeti sembrano coni di panna montata rivolti verso il cielo che inizia a colorarsi di azzurro. Il sole si fa largo fra le nuvole accarezzandoci con i suoi raggi. Camminare diviene più faticoso ma il divertimento è tale da far scomparire ogni fatica. Procediamo lungo la dorsale e, dopo aver superato un capano di caccia, raggiungiamo i piani dell’Avaro. Siamo su un pianoro di fronte la partenza della pista da fondo (in questo periodo non è ancora battuta). Decidiamo di seguire la pista per compiere un giro ad anello dei Piani. Tocchiamo una bella baita e puntiamo dritti verso la collina della Croce (1749m), dove culmina l’unico skilift della zona. Nel punto più alto c’è una graziosa cappelletta rivolta verso un piccolo crocifisso che domina la vallata. L’orizzonte è vastissimo e riusciamo a riconoscere tutte le cime delle Orobie Brembane.

Le nuvole, che prima parevano diradarsi, improvvisamente si sono fatte compatte e minacciose. L’aria frizzante ci costringe ad indossare le giacche. In alcuni tratti del crinale il vento deve essersi divertito a giocare con i fiocchi creando, qua e là, grossi accumuli di neve che si rivelano trappole per le nostre gambe facendoci sprofondare fino al bacino! Le risate non mancano anche se il procedere, ormai, è diventato un’impresa. Il vento soffia teso e fastidioso, i piedi sono fradici e infreddoliti e le dita delle mani sempre più rigide. Rimpiangiamo di non avere portato i guanti pesanti e le ciaspole….

Riusciamo a concludere l’anello dei Piani e ci dirigiamo verso l’albergo Monte Avaro per uno spuntino, ma è chiuso! Ci spostiamo verso il vicino centro di valorizzazione dell’alpeggio “al Ciàr”… chiuso pure quello! Scendiamo fiduciosi al Ristorobie … inesorabilmente chiuso! La speranza di consumare un piatto caldo coccolati dal tepore di una stufa è svanita. Torniamo mestamente verso la pista da fondo fino a riprendere il sentiero percorso in salita. Abbassandoci di quota il vento scompare e la neve, meno profonda, consente di camminare senza difficoltà. Ritroviamo la giusta temperatura corporea e con essa il sorriso ricompare sui nostri volti.

In poche decine di minuti siamo nuovamente al colle della Maddalena. Sarà la giornata iniziata con il maltempo o forse il giorno infrasettimanale oppure il periodo poco favorevole al turismo ma, in tutta la mattinata, non abbiamo incontrato anima viva! Confesso che la cosa non ci ha minimamente turbato anzi, ha reso ancora più entusiasmante la escursione.

P.S. I piani dell’Avaro offrono numerose possibilità di escursione in tutte le stagioni. D’inverno è un luogo ideale per divertenti passeggiate a piedi o con le ciaspole, per splendide gite di sci alpinismo o per appaganti scivolate con gli sci da fondo. Numerose famiglie salgono ai Piani con i bambini per dilettarsi in spassose discese con bob e slitte. La quota dell’Avaro (1700m) e i dolci pendii assicurano un buon innevamento per gran parte della stagione invernale. L’ampio panorama, la favorevole esposizione al sole e l’ottima qualità dei punti di ristorazione sono garanzia di giornate pienamente godibili.

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