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Passeggiando nel Quartiere dell’Ortica, la periferia più colorata di Milano

Guida. Ai margini di Milano Est, l’Ortica è un vero proprio museo a cielo aperto. Tra opere di street art e tanti progetti che intrecciano passato e futuro, il quartiere è il luogo perfetto per un’escursione urbana non convenzionale. E sorprendente

Lettura 5 min.
Un dettaglio del Quartiere dell’Ortica a Milano (Lisa Egman)

«Una volta qui era tutta campagna». Non un banale cliché ma la vera storia del quartiere Ortica. Il suo nome infatti deriva proprio da quelle ortaglie, quei campi coltivati che fin dal Medioevo ne caratterizzavano il paesaggio bagnato dal fiume Lambro. L’Ortica però non è sempre stata una periferia milanese: fino ai primi anni Venti la zona è stata una frazione del comune di Lambrate. La strabordante Milano dell’epoca ha però reso necessaria l’annessione di questa zona ai margini della città con Regio Decreto del 1923.

Nel frattempo, l’Ortica aveva cambiato aspetto. Pur avendo mantenuto la sua anima bucolica, la costruzione di numerose fabbriche e della linea ferroviaria Milano-Treviglio che la attraversa, l’aveva resa una zona fortemente industrializzata, anche se isolata dal resto della città. Oggi, passeggiando tra le vie del quartiere, si percepisce come l’atmosfera del paese agricolo e tranquillo dove si conoscono tutti e quella della periferia industriale pullulante di circoli e organizzazioni operaie si mescolino perfettamente, dando vita a un luogo ben diverso da qualsiasi altra periferia cittadina. Aggiungiamoci poi le opere di street art compartecipata sorte negli ultimi anni ed ecco che i motivi per visitare l’Ortica non mancano proprio. È un angolo di Milano affascinante, che non ti aspetti.

Raggiungo l’Ortica comodamente in auto, senza i problemi di limitazioni o mancanza di parcheggio del centro città. In alternativa, per chi preferisce i mezzi, c’è il comodo tram numero 5 dalla Stazione Centrale. Parcheggio nei pressi del gasometro, verso Forlanini, dall’altra parte della ferrovia rispetto al cuore del quartiere. Il gasometro, costruito intorno agli anni Trenta, ha rischiato di essere demolito nel 2019 a causa di una manutenzione straordinaria necessaria ma troppo onerosa. Al momento è salvo perché il Ministero dei Beni Culturali sta verificando se c’è un vincolo storico effettivo. Speriamo di sì, dato che è uno degli ultimi gasometri rimasti a Milano. Un affascinante scheletro che si staglia contro il cielo.

Nei pressi del gasometro mi fermo a sbirciare una struttura in mezzo ai prati, che sembra essere una via di mezzo tra una vecchia cascina e una chiesetta. Non mi sbagliavo del tutto: la Cascina Sant’Ambrogio era un monastero con tanto di chiesa annessa, fino all’inizio del Novecento, quando lo stabile venne destinato a uso abitativo e l’abside a ghiacciaia.

Le attività agricole che tenevano in vita la Cascina si sono interrotte nel 2000, ma nel 2012 un gruppo di giovani di Milano ha iniziato a sistemare ed aprire anche al pubblico gli spazi, per creare un punto di incontro e allo stesso tempo una società agricola e associazione di promozione sociale, che risponde al nome di CasciNet . Con un agriristoro, un apiario didattico, una foresteria sociale e molto altro, CasciNet ha saputo prendere un pezzetto di storia milanese e proiettarlo nel futuro. Devo dire che questo primo assaggio di una periferia in fermento mi piace molto.

Dopo aver attraversato l’ampia area verde dietro al gasometro, passeggiando tra chi si allena e chi porta a passeggio il cane, supero il Ponte Viola che scavalca la ferrovia e conduce al centro del quartiere. Sulle reti protettive del ponte, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne del 2020, il collettivo Or.Me.Ortica Memoria ha creato un’installazione dedicata. Tante, troppe scarpe da donna dipinte di rosso appese sulle grate, ciascuna corredata dalla sua tragica storia.

Una volta attraversato il Ponte Viola, eccomi nel cuore di Ortica. Sulla sinistra è già visibile il primo dei tanti murales che hanno reso celebre questo quartiere, trasformandolo in un vero e proprio museo a cielo aperto. A rendere possibile tutto ciò è stato ancora una volta Or.Me-Ortica Memoria, progetto di valorizzazione del quartiere. Or.Me ha voluto scrivere la storia del quartiere sui muri, per costruire un museo gratuito e fruibile da tutti, che porti i milanesi a scoprire l’identità culturale della loro città anche fuori dal centro.

Il museo a cielo aperto racconta la Storia e le storie del Novecento, così come l’Ortica le ha vissute. Or.Me-Ortica Memoria ha scelto per questo progetto un partner profondamente radicato nel territorio, che proprio nel quartiere ha il suo laboratorio di progettazione. Si tratta del collettivo di artisti Orticanoodles , che pur avendo ormai fama internazionale è nato in Ortica. Dal primo murale del 2015 a oggi, i muri dell’Ortica hanno cambiato volto e sono diventati un libro aperto a chiunque lo voglia leggere.

La mia opera preferita è quella dedicata agli orti dell’Ortica. Non per la sua instagrammabilità (anche se non posso negarla!) ma perché rappresenta le radici profonde di questa zona. I grandi fiori rossi, rosa e blu dipinti sulla facciata delle abitazioni al civico 12 di Via dell’Ortica narrano degli orti e del passato agricolo del quartiere, ricordando con i papaveri rossi che crescevano spontaneamente ai bordi dei campi i caduti delle guerre del Novecento.

A partire da queste radici profonde, le opere dislocate per l’Ortica parlano di legalità, di lavoro e delle lotte che ne derivano, di donne e uomini che hanno fatto la storia del Novecento, dei movimenti cooperativi di Milano. Leggendo le descrizioni sul sito di Or.Me - Ortica Memoria mentre passeggio con il naso all’insù, scopro storie di antifascismo, di clandestinità, di deportazioni. Scopro la storia della Cooperativa Edificatrice Ortica , nata nel 1953, e i muri della sede dove sono ritratti i soci di una cooperativa storica insieme a Gesù Cristo e Karl Marx. Scopro le vicende di otto donne che a Milano hanno lottato per ottenere diritti e per realizzare i loro sogni, ispirando tante altre persone ancora oggi. Conosco uomini che si sono battuti contro le ingiustizie e l’illegalità, per i diritti dei lavoratori e per la democrazia. Scopro una città intera, il riflesso di una società che cambia, leggendo i muri del quartiere.

Una parte integrante dell’identità culturale dell’Ortica è quella legata alla musica. Non mi ha sorpreso trovare un’opera dedicata alla musica popolare, visto che il quartiere affascinava i cantautori e pullulava di osterie dove gli avventori cantavano volentieri, soprattutto dopo qualche bicchiere di vino. Molti autori della canzone milanese hanno citato l’Ortica, e sono ora rappresentati nel murale coloratissimo del cavalcavia. Tra di loro Ornella Vanoni, Enzo Jannacci – che nel quartiere esercitava la professione di medico (no, non era lui a fare il «palo nella banda dell’Ortiga» come cantava in «Faceva il palo») – Dario Fo, Ivan Della Mea, Giorgio Strehler, Giorgio Gaber e Nanni Svampa.

Mi ha sorpreso invece trovare un’opera dedicata al rap milanese, ma per l’ennesima volta l’Ortica si dimostra un quartiere legato sì al suo passato ma rivolto con decisione verso il futuro. Le nuove generazioni del rap, musica simbolo delle periferie e della cultura popolare, sono dipinte sui muri di Via Corelli. Rkomi, Marracash, Sfera Ebbasta, Ghali, i Club Dogo, i precedenti Articolo 31 ed Emis Killa: tutti loro hanno un legame con Milano, e sono stati riprodotti coloratissimi su fondo bianco, rappresentati con lo stile tipico degli Orticanoodles.

Anche il tema dell’immigrazione è un ponte tra il passato ed il presente dell’Ortica. L’opera «HUMAN-Sulle Or.Me. dei migranti», racconta di chi arrivava negli anni 50 per lavorare qui, ma anche di chi arriva ora al centro per i rimpatri di Via Corelli. Passato e presente si incrociano tra i toni del blu e del rosso, ricordandoci di restare umani, sempre.

Tra un dipinto e l’altro, è giunto il momento di una pausa. E dove, se non alla celebre Balera dell’Ortica ? Le porte della Balera si spalancano su un luogo speciale, una trattoria sincera dall’atmosfera familiare, dove il tempo sembra essersi fermato. Si mangia bene, si balla tanto e naturalmente si gioca a bocce alla bocciofila dei ferrovieri.

Prima di rientrare, dopo aver passeggiato ancora un po’ in lungo e in largo per il quartiere, mi fermo da Impronta Birraia , un locale giovane in stile industrial perfetto per chi vuole provare qualche birra artigianale locale. I tavoli all’aperto sono pieni di gente e il quartiere si anima sempre di più, man mano che il sole cala dietro ai palazzi.

L’Ortica mi ha stupita, non mi aspettavo di certo un luogo così vivo e allo stesso tempo con un’identità storica così interessante proprio ai margini della città. E comunque, anche se il centro di Milano è qualche chilometro più in là, non si perde di vista il Duomo nemmeno da qui. Le sue navate sono dipinte prospetticamente in Via Pitteri, insieme a una grandiosa madonnina che splende sulla parete dell’edificio opposto. Perché anche se a tratti non sembra, anche l’Ortica è Milano, e anche l’Ortica sorge all’ombra della Madonnina.

La visita al quartiere dell’Ortica mi lascia tanti pensieri, tra i quali ce n’è uno ben preciso e ricorrente. Mi chiedo: quanta bellezza ci stiamo perdendo, visitando solo il centro di Milano, e in generale delle città d’arte? E quanto può essere preziosa una deviazione inaspettata, per scovare un piccolo tesoro? Spero che questa gita fuori porta fuori dai soliti circuiti turistici ispiri e alleni tutti noi ad esplorare luoghi inconsueti, nuovi e insospettabilmente interessanti, con occhi sempre più curiosi. Alla ricerca della bellezza.

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