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San Salvatore e San Marco, alla scoperta dei due Miragoli della Val Brembana

Articolo. L’itinerario che vi proponiamo è lungo 11 chilometri con poco più di 600 metri di dislivello. Calcolate tre ore di cammino per scoprire le due frazioni del Comune di Zogno ricche di fascino e di storia

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Miragolo San Marco

Un’escursione breve e divertente (richiede circa tre ore) da confezionare in uno di quei pomeriggi invernali con cieli tersi e luminosi. Ci rechiamo a Somendenna, frazione di Zogno, per andare alla scoperta dei due Miragoli. L’ideale sarebbe partire da Zogno, percorrendo integralmente l’antica mulattiera che collegava il capoluogo brembano con le frazioni Endenna, Somendenna e Miragolo San Marco, per proseguire poi verso la località Passata, il Santuario di Perello e l’altopiano di Selvino. Questa che, nei tempi passati, è stata una importante arteria di collegamento tra la valli Brembana e Seriana, è tuttora un percorso a piedi di notevole importanza per coloro che vogliono recarsi in pellegrinaggio al santuario, uno dei luoghi di culto più conosciuto dai bergamaschi.

Considerato l’orario pomeridiano e le poche ore di luce a disposizione in pieno inverno, scegliamo di partire da Somendenna, accorciando l’itinerario, senza tuttavia rinunciare a percorrere un tratto dell’antica mulattiera. L’origine del nome Endenna è molto controversa: c’è chi va a scomodare gli etruschi nella forma linguistica arcaica (de) Hendena intesa come nome di persona, e chi invece risale ad una radice indoeuropea con suoni quali endh (inferiore) oppure end (acqua, onda). Ciò che risulta certo invece è Somendenna, dove som (derivato da sim) significa cima, pertanto «cima di Endenna».

Lasciamo l’auto lungo il provinciale nel posteggio poco prima della pizzeria La Torre (610m). Pochissimi metri più a valle intercettiamo il sentiero CAI n° 514 con direzione Miragolo S. Marco-Santuario Perello che ricalca il percorso della mulattiera e risale il versante meridionale del pendio. Il tracciato attraversa boschetti di latifoglie e prati ben tenuti, toccando dimore antiche e recenti, la maggior parte delle quali risulta abitata. In molti tratti il sedime appare ancora ampio e curato lasciando intendere l’importanza di questa antica via di comunicazione.

Con pendenze che consentono vivaci chiacchierate raggiungiamo la località Fracia, dove lo storico percorso è stato soppiantato dalla strada provinciale. La percorriamo senza preoccupazioni, essendo il traffico automobilistico assai ridotto e, dopo aver ammirato un meraviglioso roccolo posto sul crinale sopra la strada, raggiungiamo l’abitato di Miragolo san Marco (966m). I l nome Miragolo si deve al latino miraculum inteso nel senso di «luogo dal quale si gode una vista meravigliosa» e guardandosi intorno non si può che confermare questa accezione. C’è anche chi afferma che Miragol sia un nome celtico, derivante da mor, mir, voce che significa “monte”. Il suffisso -agol è un diminutivo. Secondo tale ipotesi significherebbe «piccolo monte». Entrambe le interpretazioni risultano molto attendibili ma personalmente preferisco quella latina, molto più suggestiva.

A rendere illustre Miragolo fu la famiglia Gritti che nel 1650 iniziò a fabbricare orologi a pendolo e a torre chiamati «Opus Miragoli». Queste pendole di altissima precisione avevano il quadrante color oro e arrivarono fino a Venezia e poi nel resto del mondo. Alcuni esemplari sono oggi custoditi presso il Museo della Valle a Zogno.

Transitiamo sotto la chiesa e ci portiamo nel piccolo slargo dove si trova il bar Gritti, l’unico della zona. Mentre ci concediamo un caffè, scambio quattro parole con il titolare: «Se siete diretti alla Passata allora andate a vedere le “peste del Diàol”». Mi faccio spiegare cosa siano. Si tratta di resti fossili di conchiglie bivalve che assomigliano all’impronta dello zoccolo di un bovino. La credenza popolare attribuiva queste strane orme alla presenza del diavolo che avrebbe lasciato le sue “peste” impresse nella roccia. Sono facili da trovare, basta riprendere il sentiero n° 514, proprio di fronte al bar, e scendere verso la valletta sottostante. Poco prima di un ponticello di pietra, si segue sulla destra una staccionata di legno che guida alla roccia con le peste del Diàol . Non esistono cartelloni illustrativi ma non si può sbagliare, le impronte sono sotto i nostri piedi sulla roccia a strapiombo sulla valle Pagana (nome che non pare casuale). Molto particolare la storia nata intorno a queste orme, ennesima testimonianza di quanto spesso sia menzionata la figura del diavolo nelle leggende bergamasche.

Oltrepassato il ponticello (935m) sulla val Pagana, il sentiero diviene ampio e liscio come un biliardo: percorrerlo con le mtb deve essere un divertimento! In breve si raggiunge la Passata (988m), valico di collegamento tra Miragolo e Selvino. Il nome indica chiaramente che la zona è da sempre rinomata per il cospicuo transito di uccelli migratori. Tant’è che per secoli il roccolo della Passata era uno dei più importanti della bergamasca. Dal 1995 il roccolo è stato trasformato in una stazione ornitologica di inanellamento degli uccelli a scopo scientifico, gestito da un gruppo di ricercatori volontari autorizzati dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e della Regione Lombardia: gli uccelli vengono catturati in reti molto fini, poi inanellati, misurati e subito liberati, il tutto senza recare loro alcun danno.

I dati raccolti servono per studiare le strategie di migrazione, nonché lo stato di salute degli uccelli durante i loro spostamenti. Finora sono stati inanellati 136.000 uccelli appartenenti a 115 specie diverse (dati del 31/12/2022). La stazione ornitologica, la più grande d’Italia, funziona da marzo a maggio e da agosto a fine dicembre, a seconda dell’entità della migrazione. Per informazioni e visite guidate consultare il sito dedicato. Vista dal sentiero appare come una torretta circolare di recente realizzazione, ma dell’antica struttura del roccolo non rimane quasi più nulla.

Il territorio di Zogno annovera una quantità di roccoli che non ha eguali sul territorio lombardo: ne sono stati censiti ben 57. Si tratta di spettacolari strutture vegetali che hanno rappresentato un tassello fondamentale della storia della popolazione orobica. Ancora oggi i roccoli, che un tempo erano utilizzati come fonte di approvvigionamento alimentare, costituiscono un’eccellenza di assoluto richiamo, perfettamente inseriti nel paesaggio e ben conservati: torrette mimetizzate dalla vegetazione, carpini disposti a cerchio o semicerchio, gallerie vegetali. La caccia al roccolo con le reti, oggi proibita, è stata praticata nei territori di Bergamo e Brescia fin dal ‘300. Nell’itinerario di oggi ne abbiamo già incontrati alcuni. Alla Passata c’è anche una trattoria che, a giudicare dal numero di auto ancora posteggiate (sono quasi le ore 15), lascia intuire qualcosa di interessante… segnata in agenda!

Dalla Passata ci incamminiamo lungo la strada asfaltata in direzione Nord-est (verso Sambusita) per un centinaio di metri fino ad intercettare, sulla sinistra, il sentiero che va verso Prati dell’acqua-Sambusita alta (cartello indicatore). Il percorso si mantiene nel bosco passando a mezza costa sotto la cima del monte Fop. In questa stagione è piuttosto in ombra pertanto, giunti sul crinale, ci portiamo nei prati decisamente più assolati. Siamo nella conca pascoliva della Ca’ del Colle, contrada di Miragolo San Marco. Qui la tranquillità regna sovrana: dimore rurali sparse nei prati, pascoli curatissimi, capanni di caccia abilmente mimetizzati, e come fondale una splendida vista sull’Alben e i monti della Valserina da un lato, sul Canto Alto e i monti della media valle Brembana dall’altro lato. Di fronte a noi spicca la sommità arrotondata del monte Castello, nostra prossima meta.

Raggiunta Cà del Colle (1007m) risaliamo qualche metro la pista nel prato fino ad intercettare la strada asfaltata nei pressi di un complesso residenziale poco affine all’armonia agreste del luogo. La seguiamo per un breve tratto per imboccare la strada forestale che conduce al monte Castello (indicazioni). Camminiamo nel bosco fino alla cima (1092m) dove, in una bella radura, fa bella mostra di sé la chiesetta degli Alpini di Zogno. Il nome del monte lascerebbe presagire l’esistenza di un antico maniero, strategico per posizione dominante sulle vallate circostanti. Mi aggiro in lungo e in largo alla ricerca di qualche traccia del castello, ma non trovo nulla, peccato! La presenza di alcuni tavoli con panchine e la totale tranquillità lo rendono un luogo ideale per un pic-nic.

Ci portiamo al margine Nord della radura dove parte il sentiero (non segnalato) che segue il crinale settentrionale e conduce alla chiesa di Miragolo San Salvatore. A metà discesa si intercetta il bel sentiero del «giro del monte Castello» (non riportato su alcune app escursionistiche). Gli amici lo seguono a sinistra per rientrare a Miragolo San Marco mentre io scendo rapido per scattare qualche foto. È senza dubbio una delle chiese con la vista più panoramica della bergamasca.

Miragolo San Salvatore è un piccolo borgo di 60 anime che risale alla fine del XVIII secolo, quando fu incluso nel cantone di Zogno, per poi essere unito agli altri villaggi vicini. Questo borgo è diventato famoso da quando nel 2017 le sue strade hanno visto darsi battaglia i corridori del Giro d’Italia. Scattate le foto risalgo al bivio e cammino veloce per raggiungere i compagni, ormai giunti nei pressi della contrada Colomber, un altro angolo di amenità totale. Il sole che volge al tramonto regala splendidi contrasti di luce. Scendiamo quindi alla chiesa di Miragolo San Marco per riconnetterci al sentiero 514, percorso all’andata, che ci guiderà fino all’auto.

P.S. l’itinerario qui descritto è lungo 11km con poco più di 600m di dislivello. Calcolare tre ore di cammino. Chi volesse accorciare il percorso può partire da Miragolo San Marco. In tal caso il percorso diventa una passeggiata alla portata di tutti con 5km di lunghezza e 200m di dislivello positivo.

Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli.

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