Ayrton Senna non è stato semplicemente un campione di Formula 1. Il fuoriclasse brasiliano, morto a causa di un incidente il 1° maggio 1994 durante il «Gran Premio di San Marino», ha segnato un’epoca nelle corse automobilistiche e ha lasciato soprattutto una traccia profonda in Matteo Orsi, autore del volume «Ayrton. Storie fuori pista». Il libro, edito da Bolis Edizioni e realizzato con la collaborazione di Davide Rigoni, verrà presentato alla biblioteca dello Sport «Nerio Marabini» di Seriate alle 20.30 di lunedì 27 ottobre all’interno di un evento che ripercorrerà la grande amicizia che univa Orsi a Senna. Un rapporto che ha finalmente trovato spazio anche fra le pagine di un libro, quasi a voler fissare sui fogli bianchi i ricordi di un’epoca che non c’è più.
«L’amicizia con Ayrton è nata grazie al lavoro di mio padre Angelo, storico fotografo di Formula 1, che mi ha consentito di conoscerlo e vivere insieme a lui una serie di situazioni anche fuori dal campo. Ogni volta che parlavo a qualcuno di questi aneddoti, c’era sempre qualcuno che mi chiedeva perché non facessi un libro. Scriverlo però non era così facile come raccontarle a voce, in ordine sparso, magari in serate diverse. Serviva un autore che potesse dare una logica al racconto, così ho trovato Davide Rigoni che mi ha fatto questa proposta e sono soddisfatto di aver accettato perché è nato un libro che racconta un Ayrton più intimo ».
Come spesso accade nel mondo dello sport, dietro ai trionfi di un campione c’è un uomo fatto in carne e ossa, con emozioni e timori da affrontare, gioie e dolori che formano la personalità e rende ancor più interessante approfondire la propria storia. Elementi necessari per appassionarsi a una disciplina, guardandola con un altro sguardo rispetto a quello freddo dei risultati. «Io l’ho conosciuto nel 1980 quando avevo tredici anni. Essendo figlio unico, Ayrton è diventato presto una sorta di “fratello maggiore”, tanto che mia mamma, quando ci vedeva seduti in casa sul divano a guardare la televisione, mi diceva “vedi che hai acquisito un fratello più grande” – ricorda Orsi – Ayrton era una persona estremamente dolce, profonda, un vero amico, una persona con cui stare in compagnia e parlare di tutto. Lui stava molto attento al mio rendimento scolastico per dire. Mi rimproverava perché mio padre gli raccontava i miei insuccessi scolastici e lui me li sottolineava».
A differenza di quanto accade oggi, in passato era molto più facile incontrare un pilota di Formula 1 anche in città, senza doversi addentrare per le stradine blindate di Monte Carlo, dove molti risiedono, oppure salire su yatch da mille e una notte. Senna era spesso di casa in Italia, dove aveva iniziato la propria carriera sui kart in Europa, e per questo motivo non era raro vederlo camminare lungo le strade di Bologna. Proprio nella città felsinea, dove è cresciuto Orsi, è avvenuto un curioso episodio avvenuto all’inizio degli anni Ottanta.
«Erano gli anni in cui Ayrton correva per la Lotus, quindi si parla nel periodo che va dal 1985 al 1987, quando abitavo nel centro storico e sotto i portici c’era un macellaio di carne suina che era molto fan di Alain Prost. Con lui avevo fatto una scommessa che, ogni volta che Senna avesse realizzato una pole position, mi avrebbe regalato una bistecca. Lui sosteneva che Ayrton realizzasse soltanto pole position (dopotutto in carriera ne ha ottenute sessantacinque, ndr), ma non aveva la testa per correre a differenza di Prost, che portava a casa le vittorie. Una sera Ayrton passò davanti al suo negozio e il macellaio gli disse “Quando imparerai a correre con il cervello come fa Prost?”. Così Senna rispose: “Se Matteo deve mangiare bistecche, io devo fare pole position”».
Nella memoria di Orsi rimane vivo il ricordo di quel maledetto 1° maggio 1994, quando all’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola Ayrton Senna perse la vita a causa di un guasto alla sua Williams che gli impedì di affrontare la Curva del Tamburello. Una collisione che Matteo ha ancora negli occhi, lui che si trovava sulla Torre Marlboro in attesa di poter parlare nel dopogara con il brasiliano. «Mi trovavo sulla torre della direzione di corsa, quindi ero praticamente lì e ho visto tutto ciò che è successo. Ero arrivato in autodromo per parlare con il mio amico, soprattutto in merito a quanto era successo il giorno prima, quando era morto Roland Ratzenberger. Mi è crollato il mondo addosso, anche perché avevo ventidue anni e mi è venuta a mancare all’improvviso una persona a cui tenevo moltissimo».
A distanza di oltre trent’anni da quel tragico giorno, nessuno è riuscito veramente a prendere l’eredità di Ayrton Senna perché, come rammenta Orsi, nessun pilota ha saputo offrire le stesse emozioni del campione carioca: «Parliamo di epoche molto diverse fra loro, la Formula 1 è completamente cambiata. Probabilmente per carisma e anche per modo di approcciarsi alle persone fuori dalla pista, un po’ lo ricorda Lewis Hamilton, che però non ha gareggiato in quell’epoca. Sono due epoche completamente diverse».
